“Questo Governo qui si arresta”

“Questo Governo qui si arresta”

20 Agosto 2019 0 Di a.m.

Esecutivo giallo-verde al capolinea. A calare la pietra tombale sull’esperienza di governo, nata da un accordo parlamentare, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Chi si aspettava toni più concilianti è stato smentito da subito. I toni, pacati ma duri, del capo del Governo, sin da subito, hanno mostrato che non esisteva più spazio per la cosiddetta politica dei due forni. Conte i colpi li ha affondati eccome, inchiodando Salvini alle sue responsabilità di autore della crisi. “Mancato rispetto del contratto di governo sottoscritto che, al punto quattro, prevedeva incontri per dirimere eventuali divergenze”, riferisce Conte nel suo intervento al senato e si capisce subito che sono tagliati i ponti per eventuali retromarce.

Il resto, in estrema sintesi, è in linea con l’incipit del presidente del Consiglio al quale, forse si può solo rimproverare di aver abbandonato il suo “aplomb anglosassone” per rinfacciare: “il ricorso artefatto ai simboli religiosi, il mancato ritiro dei ministri dopo aver annunciato la crisi, oltre che le riunioni irrituali del ministro dell’interno con le parti sociali” – peraltro già a suo tempo bollato come sgarbo istituzionale – ma nell’ultimo caso, evidentemente, si è trattato di un sassolone troppo grande da togliere dalla scarpa. Conte, per la verità, non è stato tenero neanche negli altri passaggi: “La congiuntura sfavorevole espone il paese a gravi rischi; mancanza di cultura di Governo ed istituzionale; il ministro ha coltivato interessi personali e di partiti …i tempi della crisi mostrano opportunismo politico; far votare i cittadini è democrazia, farli votare ogni anno è irresponsabile”.

Quindi le considerazioni che “così facendo (l’imputato è sempre Salvini) sono state oscurate le buone cose fatte (reddito cittadinanza, decreto sicurezza, progetti volti al miglioramento della viabilità, l’avviata riforma fiscale) e, soprattutto dopo le lezioni europee, si è andati alla ricerca di un pretesto per tornare alle urne e la richiesta di più poteri, fatta alle piazze, fa intravvedere pericolose derive autoritarie”.