Quasi sei lustri di…meno peggio

Quasi sei lustri di…meno peggio

7 Giugno 2019 0 Di Antonio Magliulo

Sono circa trent’anni che il Paese va avanti puntando, a livello politico e non solo, su quello che nel comune sentire (voce di popolo) viene visto come il male minore. 

È in atto, ed è sotto gli occhi di tutti, un lento ma inesorabile declino della nazione italica. L’invecchiamento della popolazione, diretta conseguenza della crescita zero, sta compromettendo il sistema contributivo e pensionistico come mai era accaduto in tutta la storia repubblicana. Lo stesso problema si ripercuote direttamente sull’organizzazione dei servizi sanitari.

“Per il quarto anno consecutivo, segnala l’Istat, cala la popolazione in Italia: era di 60 milioni e 391mila al primo gennaio, oltre 90mila in meno sull’anno precedente (-1,5 per mille). I cittadini italiani scendono a 55 milioni e 157mila (-3,3 per mille), mentre aumentano gli stranieri residenti: sono 5 milioni 234mila (+17,4 per mille) e rappresentano l’8,7% della popolazione. Continua il trend negativo della natalità.Le nascite del 2018 sono state 449mila, 9mila in meno rispetto al 2017, quando già si era toccato il minimo. Se si confrontano i dati con dieci anni fa, invece, si contano 128mila nati in meno. Invariato il numero di figli per donna, circa 1,32, mentre continua a crescere l’età media del parto, toccando per la prima volta la soglia dei 32 anni. Un ventennio fa la media era più bassa di circa due anni”.

Di fronte ad una tragedia di questa portata, l’Italia ha risposto con i governi targati Berlusconie con quelli guidati da Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi e, ora, con quello della triarchia Conte-Salvini-Di Maio. Tutti caratterizzati da una debolezza intrinseca che li ha resi incapaci di assumere decisioni radicali, rispetto a problemi che rivestivano e rivestono carattere d’emergenza. Tutti con il minimo comune denominatore dell’essere il meno peggio. C’è solo da chiedersi – rispetto alla disoccupazione che cresce, al prodotto interno lordo che diminuisce, al debito pubblico che sale e ad un sistema assistenziale e sociale messo a durissima prova dai tagli continui alla spesa – meno peggio di che?

Ma invece che appellarsi alla teoria del “minor danno” che, in tutta evidenza, tanto minore non è, si fa proprio peccato mortale a sperare e ad invocare un’inversione di tendenza: magari quella ancorata al concetto, positivo, del meglio possibile?

Al di là delle eccezioni che pure esistono, è utopia sperare che il medico sappia fare il medico, il magistrato il magistrato, il dirigente della pubblica amministrazione il dirigente, il politico il politico…? Basterebbe questo. Perché altrimenti non c’è scampo: il meno peggio, ed in parte già è, diventerà il “troppo peggio”, quello per il quale non c’è mai fine.