Quando l’Amore vince la morte…

Quando l’Amore vince la morte…

18 Novembre 2025 Off Di Bruno Iorio
Nell’era dell’amore-non amore e di “affetti” tragici e tossici, accogliamo con gioia questa “ventata” di sentimenti, espressi un po’ di tempo fa dal compianto Bruno Iorio in una lettera d’amore indirizzata alla  moglie, Annamaria Rufino, che ha voluto condividere con noi questo bellissimo cesto di versi profumati.
Piccolissima,
non ti prego nemmeno di perdonarmi l’elusione del protocollare.
Carissima: non avrei tutto il tempo che mi resta per scusarmi.
Stasera, non squillera’ la solita cornetta. È tempo di pensieri insoliti, di caldi brividi nella testa, è
tempo del bisogno di offrire loro un minuscolo foglio di condensazioni.
Misurarsi con la carta bianca, parlare e rispondere da solo (ma è poi vero?), ascoltare quel di
più che ti accompagna e che non riesci a sentire se non quando è veramente “più tanto” che te
lo ritrovi davanti, un sorriso in una piccola isola di tristezza, una nostalgia che ti seduce e ti
parla, e sei finalmente in grado di capire.
Un viaggio, due sorrisi al borsone, un colpo di telefono, un altro viaggio, con in mano la borsa
ed in più qualche tarlo (sempre il tempo amico-nemico di sempre) e, in fine, una breve,
incredibile esperienza. Una tristezza felice, una vena di malinconia, tra i sorrisi e il ritrovarsi
dopo un anno. E, ora, il coraggio di chiedersi, e veramente, chi sei. A quale mondo appartiene
la dolcezza triste che è la tua inconfondibile caratteristica, quella tristezza che colora un mondo
altero (ma qui sottolineo soprattutto l’alter), i tuoi occhi, quello stile severo eppure carico di
gioia, solo a saper discernere non fili che separano questi due momenti, ma i sotterranei rivoli
che li uniscono, fino a capire che si è dato il “miracolo” di una, ed una sola, fonte.
Non credo nella retorica. E un altro miracolo, quello di stanotte, questa strana leggerezza che
mi fa scrivere, in punta di penna, senza alcool e altra banalità, come più non accadeva da
sempre”. E come hai tu stessa insegnato, il tempo è l’alibi di chi non conosce altra condanna
che la storia. Ma la terra delle sabbie mobili, questa che solum è nostra, conosce impronte
differenti, il piede sottile delle fate, il piede iroso dell’intellettuale, l’assenza dell’impronta del
cavaliere. Sentieri che il tempo, forse come tanto, si preoccupera’ di confondere: ma l’uomo, a
differenza, forse l’unica, dell’animale può scommettere. Anche contro la normativita’ della
ragione, in nome della ragione stessa, per quella parte “sensitiva” che entra in ogni sintesi e la
fa traballare, e che pure rende, essa e solo essa, possibile. E si comprende come si può, a
questo punto, scommettere, da precari (for ever) contro il precario, per qualcosa che resti,
contro la realtà che passa.
E forse questo qualcosa non è il cambiarsi e cambiare pur nel cambiare di tutto ciò che ci
circonda, che è “circostanze”? Il cambiamento come unica possibile continuità, vocazionale, se
mi passi il termine. Una possibilità che si legge nel tuo viso sempre nuovo, nel tuo sorriso triste,
nell’altera gioia che riesce a provare e ad insegnare. Ho capito qualcosa? Non il dialogo tra due
scontatissimi e critici personaggi (e non in cerca d’autore, che’ questo ci sarebbe ad
abundantiam), ma due piccoli mondi che si meravigliano l’uno dell’altro (ed uno ha parecchio da
recuperare) e che nella possibilità permanente di questa esperienza scorgono quella radice che
pur differenziandoli li accomuna. E li unirà, qualunque cosa accada, perché, in verità, non potrà
accadere mai niente.
Ti amo
Bruno