Monsignor Dario Edoardo Viganò: “In mezzo alla tempesta c’è con noi Gesù”

Monsignor Dario Edoardo Viganò: “In mezzo alla tempesta c’è con noi Gesù”

14 Dicembre 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

L’Emergenza Covid-19 impegna la Chiesa di Papa Francesco nel sostegno alle popolazioni afflitte dalla Pandemia, attraverso le Diocesi e le Caritas Diocesane. In tutti i tempi i religiosi, di tutti i culti, hanno sostenuto gli Ultimi, talvolta vicariando le carenze e le negligenze dello Stato. Sentiamo su questo delicato tema Monsignor Dario Edoardo Viganò, Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, Professore Ordinario di Cinema (Settore disciplinare L-ART/06) presso l’Università Telematica Internazionale Uninettuno. Premio Internazionale Bonifacio VIII “Per una Cultura della Pace”, Edizione XVII, titolo di Accademico Onorario (31 marzo 2019).

 

Come ha vissuto e vive Monsignor Viganò la paura per la Pandemia da Covid-19 e le indispensabili restrizioni?

C’è stato un aspetto della Pandemia che credo non sia da sottovalutare. Il Covid-19 è entrato nella retorica pubblica dei media non quando è apparso come problema serio a Wuhan, in Cina, ma quando abbiamo dovuto fare i conti – tragici – con il numero di malati e di morti in Italia. Questo il primo dato: un problema resta spesso un problema di altri quando è lontano da noi, e diventa invece un problema urgente da risolvere quando tocca noi, il nostro Paese, quando minaccia la nostra salute e tutto questo porta a mettere in crisi il sistema economico. Anzi paradossalmente, potremmo dire che la gravità del problema sembra sia proporzionale alla debolezza evidenziata del sistema economico. Dunque, abbiamo imparato che siamo tutti sulla stessa barca e questa battaglia si vince solo insieme, altrimenti non si vince. Da decenni assistiamo all’inflazione semantica per cui si dice che siamo in un “villaggio globale” ma, come ricorda papa Francesco: “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”. Proprio per questo possiamo dire che la pandemia “ha obbligato per forza a pensare gli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni” (Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 33). Personalmente ho vissuto l’esperienza del Covid-19 e confesso che è stato un momento nel quale si riscopre – e si verifica – la vicinanza amica di molti, anche per le piccole cose come la spesa o altre necessità quotidiane. Inoltre, è un tempo nel quale si prende sul serio la propria esistenza e ci cerca di capire il proprio percorso di vita, il senso del proprio agire. Diciamo che dal “male” può nascere un tempo di meditazione e anche di ripensamento della propria vita.

 

L’impegno sociale della Chiesa trova in Papa Francesco un pervicace sostenitore, ma esiste un piano strutturato di sensibilizzazione delle autorità civili dei vari Stati al fine di combattere le diseguaglianze sociali, la povertà implementata dalla Pandemia?

Ogni Stato ha le sue politiche e le proprie organizzazioni dedicate a combattere le disuguaglianze, come pure esistono a livello internazionale organizzazioni in prima linea nella lotta alla povertà, al disagio sociale e oggigiorno al Covid-19. L’impegno sui non pochi fronti dell’emergenza è molto, ma richiamando le parole di papa Francesco, alla nostra società tutta, manca ancora quel deciso cambio di rotta, che abbandoni definitivamente la logica dello scarto, dell’esclusione, della sopraffazione verso l’uomo, la natura e il creato tutto. Il pontificato di papa Francesco ha messo a tema, sin dall’inizio, le sfide del nostro tempo, quelle che costituiscono una “terza guerra mondiale a pezzi”. Il Papa, però, non si limita solo a dare un nome a queste fratture, bensì ci invita a cambiare passo, o meglio a ri-orientare lo sguardo. È quanto si coglie dalla lettura dei suoi testi, come ad esempio le Lettere encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti, come pure dall’attivismo con i giovani attraverso The Economy of Francesco.

 

La buona notizia di Papa Francesco, che regala ai dipendenti del Vaticano cinque confezioni di paracetamolo, anziché il panettone, Le pare un Messaggio di grande risonanza ed eco? Questa strenna natalizia sobria, secondo Lei invita a riflettere sulla priorità del Diritto alla Salute e sulla crisi imperante economico-finanziaria, anche per il crollo del turismo e la chiusura dei Musei Vaticani?

“La grandezza politica – ricordava papa Francesco nella Laudato si’ – si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine” (n. 178). Dove “bene comune” non è da intendersi semplicemente come bene generale. In questo contesto, “il politico è un realizzatore, è un costruttore con grandi obiettivi, con sguardo ampio, realistico e pragmatico” (Fratelli tutti, n. 188). Con i suoi gesti e con il suo insegnamento, giorno dopo giorno, il Papa ci aiuta ad assumere la consapevolezza che ciascuno di noi è custode di un grande tesoro: la vita di Dio. Dunque nel quotidiano noi siamo chiamati a manifestare e a testimoniare la vita di Dio in noi. Così la carità non sarà semplicemente un gesto di solidarietà sociale ma anzitutto racconto e manifestazione del dono della vita divina in noi. Pensiamo a Gesù: tutta la sua esistenza è stata in compagnia con peccatori, storpi e poveri: una presenza che è impossibile scindere dalla sua stessa esperienza storica nelle strade della Galilea e della Giudea. E proprio alla loro presenza, o direttamente a loro, ha manifestato la misericordia e la tenerezza del Padre. E noi tutti siamo chiamati a uscire per le strade del mondo, per incontrare poveri e bisognosi, proprio cose fossimo volontari di un ospedale da campo, uno spazio dove versare balsamo sulle ferite dell’umanità e annunciare il Vangelo della gioia.

 

Che Logos, cioè che senso conferisce a questa Dolente Esperienza comune e condivisa? Anzi il Senso rinvia, rimanda a un Sovrasenso, cosicché in questa anomia l’umano si divinizza e si umanizza il Divino!!! Qual è il Suo pensiero a riguardo? Ritiene che sia un “tempo di scelta e di reimpostare la rotta della vita”?

Tra le molte mi soffermo su due aspetti. Anzitutto abbiamo imparato a spese nostre che “la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia” (Fratelli tutti, numero 177). Questo indica una responsabilità politica che deve imparare creatività e inclusione, ad essere attenta alla persona e, insieme, al bene comune.

Inoltre, la pandemia ci ha ricordato la precarietà della nostra esistenza, che la nostra vita, dall’atto della nascita è un cammino inesorabile verso la morte. E la malattia, e la Pandemia, sono in qualche modo segno anticipato della morte. Siamo esseri fragili, esposti al logoramento del tempo e del male. Tutto questo però insieme alla memoria che siamo creature amate, e molto, di un amore gratuito incommensurabile. Il Signore ci ama così come siamo, anche con le nostre paure e le nostre incertezze.

Dunque davvero un tempo questo per riorganizzare le ascisse e le ordinate della nostra esistenza, personale e sociale, consapevoli delle nostre fragilità e insieme certi che sulla barca in mezzo alla tempesta c’è con noi Gesù. Anche se dorme e non lo sentiamo parlare, lui c’è e questo è sufficiente.