Metalli che “pesano” sul cuore

Metalli che “pesano” sul cuore

7 Maggio 2019 0 Di La Redazione

Insieme agli arcinoti fattori di rischio (cattive abitudini alimentari, sedentarietà, obesità, tabagismo) anche i metalli pesanti fra le cause delle malattie cardiovascolari.

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in tutto il mondo (15 milioni di morti, ovvero il 30% dei decessi totali) è importante quindi conoscere quali sono i fattori coinvolti nella genesi di tali malattie, che oltretutto hanno un notevole impatto in termini di disabilità, risultando responsabili di circa un sesto dei Dalys (Disability Adjusted Life Years, indicatore che misura il carico complessivo di malattia nella popolazione).

Notevole anche l’impatto economico complessivo stimato per l’Unione Europea, pari annualmente a circa 196 miliardi di euro. Gran parte delle malattie del sistema circolatorio è imputabile all’aterosclerosi delle arterie (formazione di placche di grasso che determinano ostruzione al flusso di sangue) che può interessare organi importanti come il cuore, determinando l’infarto del miocardio, o il cervello, determinando l’ictus.

Alla genesi dell’aterosclerosi e quindi delle malattie cardiovascolari, contribuiscono numerose condizioni modificabili: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, fumo di tabacco, sovrappeso o obesità conclamata, sedentarietà, dieta (scarso consumo di frutta e verdura e di pesce, eccessivo contenuto di sale e grassi saturi nei cibi), ma da qualche anno si sta studiando un altro killer silenzioso non modificabile, presente nelle aree ad alto rischio come nella nostra terra dei fuochi, i metalli tossici.

L’esposizione al particolato fine atmosferico, PM 10, già noto come condizione di rischio, determina un aumento di un fenomeno chiamato “inflammaging”, cioè chi è esposto in aree ad alto rischio ambientale ha un rischio cardiovascolare aumentato, solo per il fatto di viverci e respirare, si ritrova ad avere uno stato infiammatorio cronico silente concausa della patologia cardiovascolare. È stato dimostrato, infatti, che è direttamente proporzionale alla quantità di quantità di PM respirato.