“Mai più”… il rapporto medico paziente

“Mai più”… il rapporto medico paziente

1 Novembre 2025 Off Di Corrado Caso

Le altre cose, forse le più importanti, non furono dette ma lasciarono trasparire una diversa complicità per essersi raccontate in maniera inusuale.
Era un viaggio che vide occasionalmente medico e paziente sullo stesso treno, seduti uno di fronte all’altro. Per un lungo tratto lo stesso percorso per una fermata diversa, perché la vita si ferma dove il destino, quel liquido vitale che sfugge a ogni consapevolezza, diventa profezia solo nell’ evidenza e nel fatto compiuto.
“Quale il motivo se non la presa in carico del paziente” disse il medico. Parlava in forma confidenziale, quasi sottovoce, per non disperdere nell’ambiente una scelta personale e, forse, demodé. Perché dubbio e scetticismo hanno sfregiato le certezze e la miglior parte della nostra società. Siamo immersi in un labirinto, dove le diverse opinioni, le fake news, e l’arte della confusione crea percorsi intricati per confondere chi li attraversa.
“Fa più rumore un albero che cade o una foresta che cresce?”.
In questa crescita silenziosa gli operatori sanitari, in tutti i tempi, hanno sacrificato famiglia, affetti, vita sociale e… “vita” per contenere, ancora una volta, l’illusione di una medicina che parla di immortalità ma è sempre in ritardo nel fronteggiare gli agguati della vita.
Come filo, tra mani esperte, passa da parte a parte la cruna dell’ago, così il treno infilò con un lungo respiro l’ultima galleria prima della stazione. Fu un attimo di oscurità. Si erano raccontati con lunghe pause in un paesaggio alterno, una scia colorata davanti ad occhi incuriositi e sonnolenti: case, strade, grandi distese, campi coltivati, un orizzonte di acqua e pietra sotto un cielo plumbeo e inospitale. Medico e paziente avevano eviscerato le molteplici ragioni del loro rapporto. Non avevano trascurato i grossi temi, l’attualità e ricadere su fatti di cronaca e su quanto stava trasformando, in maniera imprevedibile, il rapporto tra genitori e figli.
“Voi conoscete mio figlio, l’avete cresciuto…”. Sembrava che l’interlocutore chiedesse conto di una paternità putativa, diversa ma ugualmente responsabile. Intuiva il rapporto che legava le difficoltà, le aspettative del ragazzo con la fiducia al suo medico. Lo chiedeva come se il medico fosse stato in grado di leggere attraverso malattie e umori, l’eterno gioco della vita e della morte che in maniera radicale sembra ispirare le azioni dei giovani. Così sperava, quella mattina, di trovare una chiave interpretativa alla sua paternità delusa, mai completamente soddisfatta.
Il medico concentrò la richiesta in un dubbio comune, anche lui aveva figli e la consapevolezza che erano tempi diversi. Comprese che, in tanti anni, la reciprocità del rapporto lo aveva trasformato, agli occhi del padre del ragazzo, in un esploratore attento, maturo e disponibile a percorrere un viaggio comune. Ricreò, nella sua immaginazione, il volto del ragazzo, la sottile peluria contrastata da un corpo disarmonico, la natura del transfert che legava medico e paziente.
“Voi conoscete mio figlio, l’avete cresciuto…”.  Questa affermazione risvegliò nel medico i molteplici perché di una scelta professionale.
  Perché la scienza medica è una costola della filosofia. È domanda sul senso della vita.  Integra una possibile risposta È acqua fluente che scaturisce dalla roccia. È la fonte della vita.  Disseta il contadino che raccoglie dalla terra, dall’archetipo della Madre terra, il nutrimento. Nutre l’assetato di tutte le scienze umanistiche. Si nutre di tutti i perché consapevole che esiste un cono d’ombra, un buco cosmico e perdersi nel Nulla:  “il mistero”  . La sua intenzione è quel giovane dal corpo e dal carattere disarmonico. È l’uomo vitruviano al centro del pensiero.  La sua ricerca: ricerca nella ricerca un percorso insonne, mai conclusivo e che non potrà mai concludersi.