Luigi Lavecchia: “È Importante saper reggere anche alle pressioni che ci sono nell’ambiente del calcio”

Luigi Lavecchia: “È Importante saper reggere anche alle pressioni che ci sono nell’ambiente del calcio”

23 Settembre 2023 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?

Quando la Pandemia è scoppiata (inizio 2020) mi trovavo a Cagliari, Asseminello, allenavo la Primavera del Cagliari con Alessandro Agostini.
Non vi nego che avevo paura perché in alcune regioni la mortalità era già alta e il contagio era all’ordine del giorno.
L’anno dopo allenavo a Olbia in C con Max Canzi ed eravamo costantemente controllati con tamponi e prelievi, conoscevo più il Mater di Olbia che casa mia.
Ma erano pratiche che si dovevano eseguire, nel 2021 il Covid non era affatto passato.
Ora, nonostante qualche colpo di coda sono un po’ più tranquillo, le varianti al momento non sembrano essere letali.
Riguardo le misure restrittive, oltre agli orari di allenamento, osservavo tutte le regole emanate dal governo, quindi stavo spesso a casa, leggevo libri e facevo qualche passeggiata lontano dai centri urbani.
Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?
Il calcio delle Prime Squadre credo sia uno dei pochi sport che non si siano fermati e quindi i danni sono stati limitati.
Ben diversa è la crescita calcistica dei ragazzi nei settori giovanili…anni in cui ci si fermava totalmente dall’attività che ora si pagano con centinaia di ore in meno di allenamento e un minor sviluppo tecnico degli atleti giovani.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?

La palla all’età di 2 anni non la tenevo già più in mano, ma tra i piedi… praticamente appena ho iniziato a camminare ho contemporaneamente calciato palloni.
Poi ovviamente George Best, Cruyff, Maradona, Pelé erano fantastici… impossibile non innamorarsi di loro.
Avevo le video cassette dell’Olanda di Van Basten e Gullit, l’Europeo del 1988 e il grande Baggio dei mondiali 1990.
Una passione enorme, un calcio più vero e genuino.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?

La forza di volontà conta tantissimo!
Tanti giocatori avevano qualità tecniche inferiori ad altri…ma la loro abnegazione e propensione al sacrificio era notevole…e ha permesso a molti di calcare palcoscenici di primo livello.
Importante saper reggere anche alle pressioni che ci sono nell’ambiente del calcio e al famoso passaggio (già da piccoli) di abbandono di casa e amici verso città e squadre diverse…non è per niente facile.
Io da una parte ero fortunato, avevo grandi doti tecniche e di forza nelle gambe, dall’altra scarse capacità di recupero, una pessima elasticità muscolare e una gamba molto più corta dell’altra…troppi infortuni e tante operazioni.
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?

I tempi cambiano, il calcio è diverso ma alla fine direi sempre le stesse banali cose:”Vuoi diventare un calciatore vero ?
Devi sacrificarti, lavorare duro, stare un po’ meno al telefono e un po’ più a palleggiare con la pallina da tennis per esempio…o magari usare il tempo libero anche per giocare per strada…come ai nostri tempi…una marea di dribbling, tecnica, coordinazione che ora si vede in pochi giocatori.”
Bravissimo è poi chi riesce anche a divertirsi…perché il calcio quando stai bene è lo sport più bello del mondo!