La Chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili (I parte)

La Chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili (I parte)

19 Aprile 2019 0 Di Gennaro Galano

Costruita nel’500 da un architetto del quale le fonti non ci hanno tramandato il nome, fu abbellita nel corso del’700 con preziosi stucchi e con i dodici altari in marmo.

Sulla vicenda dei crolli e dei rischi statici del complesso degli Incurabili, fortunatamente, non sembra essere calato il sipario: l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sta costringendo le autorità preposte ad intervenire con tempestività, per salvare questo importante sito al tempo stesso ospedale e museo.

Ma per meglio coglierne la bellezza, dopo una prima “puntata” dedicata alla storia del complesso, dobbiamo conoscere con maggiore attenzione proprio la chiesa dove è avvenuto il sacrilego crollo: Santa Maria del Popolo agli Incurabili. Costruita nel’500 da un architetto del quale le fonti non ci hanno tramandato il nome, fu abbellita significativamente nel corso del’700 con preziosi stucchi e con i dodici altari in marmo disposti lungo le pareti.

L’interno si presenta a navata unica, con delle piccole aperture laterali in cui sono posti gli altari, sormontati in passato da dipinti, oggi custoditi presso la Farmacia degli Incurabili, realizzati da Marco Pino, Carlo Sellitto e Francesco De Mura. Sul primo altare a destra, rimane la cornice in marmo in cui era posta la tela di Battistello Caracciolo, raffigurante Il “Cristo Portacroce”, oggi al Museo di Capodimonte. Sulla porta d’ingresso, anticamente, si ammirava una tavola che raffigurava la “Trasfigurazione”, opera di Giovan Francesco Penni, allievo di Raffello: l’opera, attualmente al Museo del Prado, era stata donata a fine’600 dai governatori degli Incurabili al Marchese del Carpio, Viceré di Napoli.

Al suo posto, sempre a fine’600, fu costruita la cantoria, dove si trovava posizionato un organo del ‘700 ornato da angioletti lignei elegantemente scolpiti: oggi questo organo risulta scomparso. A sinistra dell’ingresso, con uno stile elegante vicino ai modi di Cosimo Fanzago, si può ammirare il monumento funebre dedicato a Mario Zuccaro: si tratta di un medico e filosofo, vissuto a cavallo tra ‘500 e ‘600, che lasciò tutto il suo patrimonio al Complesso degli Incurabili.

Proprio dopo il monumento di Mario Zuccaro, vi è l’ingresso della cappella della famiglia Montalto, un vero e proprio scrigno d’opere d’arte: sull’altare spicca una “Madonna col Bambino” dello scultore Geronimo d’Auria (1592), mentre alle pareti si possono ammirare ben sei tele settecentesche, attribuite al pittore Giova Battista Rossi. Si tratta, nell’ordine, di una “Adorazione dei Magi”, di una “Adorazione dei Pastori”, della “Presentazione di Gesù al Tempio”, della “Fuga in Egitto”, e due tele raffiguranti i “Santi Cosma e Damiano”, secondo la tradizione protettori dei medici. Sempre nella cappella Montalto, particolarmente interessanti risultano gli affreschi delle volte e delle lunette, dipinti dallo spagnolo Luigi Rodriguez e il monumento funebre di Ludovico Montalto, scolpito da Andrea Sarti.

L’ultimo altare di sinistra, ormai spoglio, conservava una “Adorazione dei Pastori” di Carlo Sellitto (oggi nella Farmacia), uno dei primi pittori napoletani influenzati da Caravaggio.  Ai lati del maestoso altare maggiore, realizzato in marmi policromi da Dionisio Lazzari tra il 1688 e il 1692 (una delle sue ultime e più belle opere), si trovano i monumenti funebri di Andrea di Capua e del figlio Ferdinando, commissionati a Giovanni da Nola nel 1531 da Maria d’Ayerba, Duchessa di Termoli, nonché una delle figure più importanti nella storia del complesso dopo la fondatrice Maria Longo. Proprio la duchessa, infatti, condusse l’ospedale e ne permise lo sviluppo dopo il ritiro in convento della Longo.

Alle spalle dell’altare maggiore, tra i due sepolcri, riposa la stessa Maria d’Ayerba, i cui resti sono rovinosamente crollati insieme al pavimento all’alba del 24 marzo scorso e poi pietosamente recuperati.
Dopo l’altare e il coro ligneo, sulla sinistra, si accede alla sagrestia che conserva ancora l’arredo originario del Seicento e alcune sculture lignee del secolo successivo provenienti dall’Ospedale di Santa Maria della Pace. Sul soffitto, era un tempo collocata la tela di Giovan Battista Rossi raffigurante Santa Maria del Popolo, oggi custodito nella Quadreria della Farmacia.       Continua ….