Influenza: una storia senza fine…

Influenza: una storia senza fine…

31 Dicembre 2023 Off Di Corrado Caso

Si dice che dalla Nina, la Pinta e la Santa Maria, sbarcò un esercito di Conquistadores, guidati da Cristoforo Colombo, un Ammiraglio che si riprometteva di raggiungere le Indie ma che, “perduto l’orientamento”, si ritrovò in un continente sconosciuto: l’America. Per festeggiare l’avvenimento inatteso, i Conquistatori sterminarono la popolazione dell’America del sud e, non contenti dei risultati conseguiti, decisero di completare la mattanza, impollinando l’apparato respiratorio degli Indios con i virus dell’influenza, una malattia a loro sconosciuta. Per definire la sequenza degli avvenimenti, da giornalista, devo aggiungere che, non soltanto l’influenza, ma moltissime malattie infettive, sconosciute agli aborigeni di quel tempo, si diffusero come un dono di benvenuto portando lutto e distruzione nel nuovo mondo.
Un esempio tra i tanti: la popolazione messicana passò da 30.000.000 a circa 1500.000 sopravvissuti. Vi chiederete, a questo punto, come mai l’influenza abbia causato un disastro di così vaste proporzioni. L’influenza è una malattia capace di grandi performance. I più maturi di noi ricordano i racconti delle grandi pandemie come la “Spagnola” che disseminò lutti e distruzione nel nostro mondo.  Nel caso di Cristoforo, non si trattò di  una pandemia, ma di una normale influenza simile a quella  che, ogni anno e da secoli, ospitiamo nelle nostre case, addirittura, nelle camere dell’intimità e che  ci accompagna, in alcuni mesi dell’anno,  nel nostro quotidiano, nascosta tra le pieghe delle mani che, spesso, non laviamo con assiduità e accuratezza, o che diffondiamo nell’aria con uno starnuto o uno sputo (ahimè!), lanciato contro vento sul marciapiedi della strada, un aerosol per chi segue.
Si parla di influenza dalla notte dei tempi. Le sue radici affondano nel XVI secolo in Francia, dove fu battezzata “il mal del montone” e in Germania, dove divenne il “mal di pollo”.
Oggi, riusciamo a prevenirla, con l’uso dei vaccini, e a contrastarne gli effetti, con l’ausilio di un sistema immunitario allenato nei secoli dalla ripetitività del fenomeno. Per dare un’immagine semplice e, spero, efficace sulla funzione del sistema di difesa immunitario del nostro organismo, farò una similitudine, che ha il difetto della banalità e per palcoscenico un ring. Il pugile, per similitudine, è l’esercito di Cristoforo Colombo che traghettò il virus dell’influenza nelle terre di approdo. Un pugile palestrato che conosceva, per averlo incontrato spesso, caratteristiche, mosse segrete e scorrettezze dell’avversario. Al contrario, il sistema immunitario degli Indios, era paragonabile a una diversa tipologia di pugile: non allenato, senza cintura di protezione e guantoni ma, soprattutto, ignaro della forza e delle caratteristiche tecniche di un avversario a lui del tutto sconosciuto. Un sistema labile, impreparato e facilmente aggredibile!
Per dovere di cronaca dovrei fare dei riferimenti a tante altre cose che accaddero intorno a quell’avvenimento del 1492. Per “par condicio”, gli scambi commerciali, culturali e di malattie non furono a senso unico, perché gli indios, tra zanzare, parassitosi e pestilenze, diedero il benservito a Colombo e ai suoi amici. Si dice, infatti, che qualche distratto, per un momento di piacere, non si accorse che, nel barattare specchietti, ciondoli e cannonate in cambio di oro, argento e pietre preziose, incollò nelle parti nascoste (res pudenda) la sifilide, che, viaggiando da clandestina, giunse in Europa.
La sifilide è malattia di rispetto, di quelle che fanno opinione su chi la contrae. Sarebbe diventata nel tempo la carta di identità di donne e uomini dai facili costumi. Quando accadono certe cose, il popolo dei flagellanti dà la responsabilità dell’accaduto a un castigo di Dio. Altri, dichiarano la propria innocenza e guardano la terra del vicino: i romani, perseguitarono i Cristiani, colpevoli, a loro dire, dell’incendio di Roma, gli Ariani gli Ebrei, il nord del mondo il sud, dopo averlo spolpato facendolo “nero”. Anche in quell’occasione, i Francesi si affrettarono ad attribuire la paternità della malattia ai Napoletani, definendola “mal di Naple”, questi ultimi, ricordandosi che i Francesi erano passati in Italia con Carlo VIII, non in forma indolore o per una gita turistica al Cristo velato o a Capri e Ischia ma seminando violenze e stupri, restituirono la    pariglia, definendolo il “mal Francioso”.
Attenti a quei due …il riferimento è all’ influenza e al covid 19 del quale non parlerò per non appesantire l’atmosfera natalizia ma “ATTENTI A QUEI DUE”.
Un tempo le malattie infettive, come l’influenza, viaggiarono su tre navi o a dorso di mulo per chi se lo poteva permettere, oggi, il processo della globalizzazione se, da un lato, ha (s)pianificato i confini e, attraverso sistemi di comunicazione ultraveloci, le distanze, gli spostamenti di merci, animali e uomini, ha anche, purtroppo, amplificato il rischio di epidemie e pandemie.