Il testamento biologico

Il testamento biologico

2 Aprile 2019 0 Di Daniela Crivello

Oggi, a palazzo Partanna a Napoli, un incontro di alto profilo per discutere su di un tema molto dibattuto e di lettura non agevole, anche per i ritardi attuativi della norma.

 La Campania non sta facendo molto per mettersi in linea con le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat), ad oggi infatti mancano in moltissimi Comuni i registri per i cittadini che desiderano lasciare un “testamento biologico” e l’unico modo è quello di rivolgersi ad un notaio. Chiaramente, sostenendone i costi.

Sono solo alcuni degli aspetti venuti alla luce in occasione del secondo incontro promosso dal Polo di biodiritto M&C Militerni (presieduto da Manuela Militerni), appuntamento che – con il coordinamento scientifico di Aldo Cimmino – ha messo allo stesso tavolo esperti del calibro di Claudio Buccelli (ordinario di Medicina Legale e delle assicurazioni alla Federico II), Stefano Canestrari (ordinario di Diritto Penale all’Università di Bologna), Alessandro De Santis (giudice della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere e autore del libro “Riflessioni etico-giuridiche sulla medicina di fine vita, strumenti di tutela dell’autodeterminazione”), Lucilla Gatt (ordinario di Diritto civile Suor Orsola Benincasa) e l’assessore Alessandra Clemente.
Proprio Buccelli ha sottolineato che la situazione «non è molto evoluta» e che in sostanza alla base delle disposizioni anticipate di trattamento resta un difficile rapporto medico-paziente. «La gente ha fiducia nella medicina e non nei medici – ha detto – il timore è che ci sia un accanimento, questo è uno dei motivi principali che ha alimentato il dibattito sul testamento biologico, prevedendo chiaramente anche limiti alle richieste che i cittadini possono avanzare con le Dat».
Nonostante i ritardi e le difficoltà, sul tema del testamento biologico si è arrivati ormai ad un momento cruciale. Maria Rosaria Cultrera, già consigliere della Corte di Cassazione e presidente vicario della corte d’appello di Napoli, ha spiegato che «sul diritto all’autodeterminazione il Legislatore ha fatto un grande passo con la legge 219. Sino a qualche tempo fa le Dat avevano valore di orientamento per il medico, mentre adesso si parla di vera e prioria alleanza terapeutica». In Campania attorno al tema del testamento biologico ruota quello dell’accanimento terapeutico. Per quanto emerso dal convegno di Napoli esiste infatti la possibilità che in alcuni casi i medici, per paura di ripercussioni medico legali, portino avanti cure inutili ed eccessive. Mentre magari servirebbero solo cure palliative per accompagnare il normale esito di una vita ormai al termine.
Se l’obiettivo del convegno è stato quello di favorire il dibattito e il confronto, non sono mancate anche proposte molto concrete. Su tutte quella di Lucilla Gatt. L’idea lanciata è quella di creare all’interno degli organi giudiziari i Comitati Etici, vale a dire organismi che prevedono la compresenza allo stesso tavolo di docenti universitari, professionisti e medici che possano affiancare il giudice tutelare che – sottolinea Gatt – non può restare, come avviene oggi, solo davanti a questioni enormemente complesse. Questioni che richiedono competenze specifiche nei campi più vari». Certamente una chiave di lettura del problema è nelle considerazioni espresse da Stefano Canestrari. «È imprescindibile – ha detto – quali che siano le scelte del legislatore, fornire ai pazienti tutte le cure palliative praticabili compresa la sedazione profonda continua in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale così da escludere che la richiesta di assistenza al suicidio sia dettata da cause evitabili come quelle dettate da una sofferenza alleviabile».
È evidente come, a differenza di altre materie di studio, il biodiritto non possa mai utilizzare un’unica chiave di lettura e il giurista chiamato ad operare in questo campo deve necessariamente avere, per così dire, l’occhio del civilista, del costituzionalista, del penalista e di tutte le altre discipline giuridiche. Allo stesso tempo i casi concreti ai quali si è chiamati a dare una risposta obbligano ad un confronto con medici, sociologi e persino filosofi. Insomma, una materia liquida e mutevole, che resta però la chiave di lettura di una società in rapido cambiamento.