Giuseppe Fusari, veniamo da un amore e arriviamo all’Amore

Giuseppe Fusari, veniamo da un amore e arriviamo all’Amore

26 Luglio 2025 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

 

 

Dopo aver concluso gli studi teologici Giuseppe Fusari si è laureato in Lettere moderne (indirizzo storico- artistico), ha frequentato la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte e conseguito il Dottorato in Scienze della persona (Storia moderna). Accademico dell’Ateneo di Brescia, insegna Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dal 2009 al 2018 è stato direttore del Museo Diocesano di Brescia e ha collaborato con prestigiose istituzioni culturali come Casa Buonarroti di Firenze, i Musei Vaticani e il Museo di Capodimonte a Napoli. Al suo attivo ha la cura di diverse mostre che spaziano dal Rinascimento all’arte contemporanea e la pubblicazione di saggi e articoli di argomento storico e storico artistico sia in rivista che in volume, tra i quali si ricordano la monografia del pittore veneziano Johann Carl Loth e studi sull’apocalittica dell’inizio del Cinquecento, recentemente apparsi per i tipi di Marcianum Press. Si dedica all’attività artistica, soprattutto all’incisione (in passato ha realizzato dipinti su tavola, dipinti murali e vetrate per edifici religiosi del bresciano e del mantovano) e alla scrittura creativa.

La cura delle anime è di per sé impegnativa ma questo non le ha impedito di occuparsi di cultura ed arte ad alti livelli. Un moderno apostolato attraverso l’arte?

Direi che lo studio della storia dell’arte e il lavoro nel mondo della cultura sono per me un modo privilegiato per esercitare il mio apostolato. Ho lavorato per anni come direttore del Museo Diocesano di Brescia e tutt’ora insegno Storia dell’Arte all’Università Cattolica di Brescia. L’idea di utilizzare l’arte come mezzo per tornare a insegnare la fede è un’idea affascinante: nei secoli passati le immagini erano un modo attraverso il quale le persone potevano ricordare la storia di Cristo e fissare nella memoria le idee fondamentali della fede. Oggi questo diventa ancor più necessario perché le opere d’arte vengono viste solo per il loro valore economico e la loro bellezza e non più per il messaggio che portano, ma questo toglie all’arte antica un pezzo non indifferente del suo messaggio. Evangelizzare con l’arte è ridare la voce a oggetti che sarebbero bellezze mute.

 In una società “isolante” che guarda ai social ed all’apparire diventa sempre più complicato proporre un modello di vita che guarda alla sostanza ed al rapporto con gli altri.

È una delle più grandi tentazioni della nostra società, ed è dettata dal bisogno di immediatezza, di velocità, di avere tutto e subito. Approfondire richiede non solo tempo ma anche sacrificio e soprattutto la disponibilità a incontrare l’altro e a conoscerlo. Diventare amici con un click o essere collegati a tutto il mondo senza doversi muovere da casa porta ad avere un’idea distorta sia del mondo che di se stessi e a sopravvalutare l’elemento visibile, quindi l’immagine. Credo che, tuttavia, ci sia il bisogno di rapporti veri, di incontri veri e mi pare di intuire che, al di là dei grandi fenomeni social, si faccia avanti la necessità di tornare a conoscersi. Spero che questa voglia di ‘stare fuori’ faccia sempre più sentire il bisogno di cercarsi dentro e di riconoscersi più che per l’immagine di sé, per i valori che si imparano e che si condividono.

 La scristianizzazione dell’Occidente e lo svuotamento delle Chiese sono segnali preoccupanti e da non sottovalutare. Cosa sta succedendo? Come mai un messaggio meraviglioso non trova facilità d’ingresso nei cuori della gente?

Il Cristianesimo non è solo una religione ma anche uno stile di vita che nasce dall’interiorizzare il comandamento di Gesù “amatevi come io vi ho amato”. Credo che in questo momento nel quale tutto viene semplificato e relativizzato, muoversi su una strada per la quale non basta dire solo di essere cristiani ma bisogna esserlo, bisogna dimostrarlo con i fatti, è molto impegnativo. Inoltre la poca coerenza di molti cristiani rende difficile la testimonianza vera dei valori che nascono dalla fede in Cristo. Sono due cause che si alimentano l’una con l’altra e danno anche la scusa per allontanarsi, per togliersi da un impegno certo meraviglioso ma che richiede molta coerenza. È necessario, a mio parere, concentrare sempre di più l’attenzione dei cristiani sulla fede in Gesù e sui valori essenziali che Lui ha insegnato, traducendo nel presente il senso del suo amore. San Paolo VI diceva che la nostra epoca non ha bisogno di maestri ma di testimoni: lo diceva a metà degli anni Sessanta del Novecento, ma è oggi ancor più necessario e importante.

 Quanta difficoltà di penetrazione anche nel mondo accademico e della cultura rispetto a valori che non hanno tempo: l’aborto; la pena capitale…

Il mondo della cultura, così come, soprattutto, quello della scienza sentono come necessaria e imprescindibile la loro terzietà dai valori della fede e da valori che sono considerati senza tempo. Credo che sia compito dei cristiani, ciascuno nel suo campo, non arrendersi e dialogare. Credo che non ci si debba arrendere a contrapporsi: il dialogo, inteso come lunga e laboriosa volontà di incontro dell’altro e delle sue posizioni, sia uno strumento necessario, soprattutto oggi per non concedersi (e concedere) scorciatoie specialmente sui valori fondamentali.

 Dilaga su tutti i media la proposizione di una società fondata sul successo economico, indipendentemente dai canali che si percorrono per raggiungerlo.

 Le scorciatoie: sono il risultato di un modo di pensare e un modello di vita che purtroppo può affascinare perché promette quello che il lungo lavoro non sempre fa ottenere. Talvolta si contrabbanda come riscatto il fatto di essersi “arrangiati” per arrivare più in alto possibile. Ma questa è la conseguenza dell’aver dimenticato il fondamento morale dell’esistenza. Con questo intendo che è facile (per qualcuno) arrivare in alto e velocemente; il prezzo è l’azzeramento della dimensione morale dell’altro, del riconoscere all’altro la sua dignità. Ma questo porta con sé anche la perdita del senso di umanità. Si comincia dalle piccole cose, purtroppo.

 Un malcelato senso di formazione “libera” del pensiero ha portato intere generazioni lontano dai valori fondanti della civiltà occidentale.

Io sono un fautore della formazione libera del pensiero quando questo significa che mi metto davanti a ogni opinione e a ogni “filosofia” con l’animo aperto e l’occhio critico. Il rischio è che formazione libera coincida parecchie volte con un insieme raccogliticcio di opinioni che dipendono più dal sentito dire e dall’emozione che dalla riflessione. C’è bisogno di un ritorno alla profondità se si vuole tornare a parlare di valori (anche della civiltà occidentale).

L’Amore non avrà mai fine…

È l’unica e ultima grande certezza che ci viene data dalla fede: paradossalmente quello che sembra l’elemento meno visibile (la fede) è quello la cui ricaduta è la più permanente (l’amore). Ma questo perché noi veniamo da un amore e arriviamo all’Amore. Fuori di metafora: la nostra vita è un cammino che, se va verso la profondità, scopre che l’Amore, cioè Dio, è il motivo fondamentale delle scelte (al di là degli errori e delle fragilità); se rimane in superficie non scoprirà mai quell’amore senza fine. Il rischio è di rimanerci immersi ma di non percepirlo e, secondo la mia visione di uomo di fede, è uno dei più grandi drammi che può provare una società come la nostra.