Genetica, creato il primo embrione umano sintetico

Genetica, creato il primo embrione umano sintetico

19 Giugno 2023 Off Di La Redazione
Sono stati creati i primi embrioni umani sintetici al mondo, ottenuti da cellule staminali, senza utilizzare ovociti e spermatozoi. Le cellule si sono aggregate spontaneamente, formando una struttura molto simile a un embrione umano, ma che non è in grado di completare lo sviluppo né di essere impiantato nell’utero. Utile piuttosto per studiare lo sviluppo embrionale anche dopo i 14 giorni che oggi limitano la ricerca per motivi etici, capire la causa di aborti oggi inspiegabili, sperimentare farmaci e studiare malattie. Il risultato, non ancora pubblicato, è stato annunciato in apertura del convegno della Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali in corso a Boston da Magdalena Zernicka-Goetz, dell’Università britannica di Cambridge e del California Institute of Technology. «Possiamo ottenere modelli simili a embrioni umani riprogrammando cellule staminali embrionali», ha detto la ricercatrice a Boston, secondo quanto riferisce il quotidiano britannico The Guardian.

La chiave è nella parola «modelli»: quelli ottenuti a Cambridge «non sono embrioni umani e nemmeno si originano da cellule staminali prelevate da embrioni umani, ma sono strutture che hanno tessuti simili a quelli degli embrioni umani. Li potremmo definire strutture simili a embrioni, o embrioidi», ha osservato Amadei, che ha lavorato nel gruppo di Zernicka-Goetz a Cambridge e che recentemente è rientrato in Italia, all’Università di Padova. Gli embrioni umani sintetici sono perciò aggregati di cellule staminali, indotte a svilupparsi in modo da poter dialogare fra loro e organizzarsi in modo spontaneo. «Le tecnologie che permettono di ottenere queste cellule sono disponibili da tempo e la novità è nel tipo di organizzazione ottenuta a Cambridge», ha aggiunto Amadei. Il grande vantaggio, secondo il ricercatore, è nel fatto che gli embrioni sintetici sono «laboratori viventi per studiare lo sviluppo degli embrioni umani e il processo con cui si impiantano: su entrambi questi aspetti sappiamo poco per i limiti etici che ci diamo come ricercatori». Grazie agli embrioidi sarebbe possibile, per esempio, capire perché molte gravidanze falliscano, comprendere meglio le malattie genetiche a partire dalle anomalie rilevabili negli embrioni, o ancora sperimentare farmaci per capire se le donne in gravidanza possano assumerli senza rischi per l’embrione. Avere a disposizione questi embrioidi significherebbe avere «una piattaforma sintetica per testare la tossicità di farmaci o per verificarne il meccanismo d’azione con un dettaglio a livello molecolare».
Il grande vantaggio è avere un modello che per la prima volta permette di studiare l’embrione anche dopo i 14 giorni di sviluppo, ha osservato Carlo Alberto Redi, presidente del Comitato etico della Fondazione Veronesi e accademico dei Lincei. «L’intento è riuscire a superare il blocco, legittimo e comprensibile, dei 14 giorni di sviluppo per poter studiare gli embrioni: oltre non è permesso e veniamo a perdere conoscenze importantissime», ha osservato. L’embrione umano sintetico è quindi un modello di un embrione umano che permette per la prima volta di osservare una finestra temporale dello sviluppo embrionale che per motivi etici non è possibile studiare. «Il gruppo di Cambridge è riuscito a coprire questo momento, precisando che non si tratta di embrioni: sono modelli che mimano quel momento di sviluppo che attualmente non possiamo osservare motivi etici e pratici». I ricercatori sperano, quindi, che questi modelli di embrioni facciano luce sulla “scatola nera” dello sviluppo umano, il periodo successivo ai 14 giorni dopo la fecondazione, che è il limite fissato per gli scienziati per far crescere e studiare gli embrioni in laboratorio. Al tempo stesso, la ricerca solleva questioni etiche e legali, molti Paesi – inclusi gli Stati Uniti – non hanno leggi che disciplinano la creazione o il trattamento di embrioni sintetici.