“DiversabilArte”: 15a rassegna artistica sul tema della diversabilità
30 Novembre 2024La Rassegna offre l’opportunità di esplorare l’interconnessione tra spiritualità e riabilitazione recentemente oggetto di studio e ricerca nell’ambito umanistico ed esistenziale. Sono coinvolti in questo approccio i maggiori esperti in varie discipline, cercando di creare un dialogo profondo e significativo sulle dimensioni spirituali dell’essere umano nel contesto dell’assistenza sanitaria. Questo incontro rappresenta un’occasione per approfondire con quali meccanismi la spiritualità e la trascendenza possano influenzare la guarigione, la resilienza e la qualità della vita dei pazienti. Un filo conduttore con gli interventi del dottor Antonio Parisi e dell’amica dott.ssa Elisabetta Roberta Rubertelli, per dire quanto sia importante osservare l’individuo come un essere completo, in cui mente, corpo e anima sono interconnessi.
Lo scopo della vostra Arte è fornirci una comprensione più profonda della dimensione spirituale dell’essere umano e la Rassegna è stata sviluppata per garantire un’esperienza educativa per tutti i fruitori. La spiritualità è forse la dimensione meno nota tra quelle che entrano a far parte della salute; eppure, l’Organizzazione mondiale della sanità già nel 1990 lo pone come “tema che non può essere eluso”.
Ma che cosa si intende con il termine spiritualità? È la dimensione interiore di cui prendersi cura. Possiamo dire che riguarda l’approccio interiore alla vita, un atteggiamento fatto di gentilezza, compassione, perdono, altruismo. In breve, accettare ed essere consapevoli della propria umanità. Nel corso degli anni è stato dimostrato come una giusta dimensione spirituale sia in relazione a minori ospedalizzazioni, migliore gestione della malattia e aderenza al trattamento prescritto, diminuzione della depressione e dei tentativi di suicidio. Sembra che dica una cosa scontata ma la gentilezza, per esempio, è un’esigenza finalizzata a una umanizzazione della medicina, non solo nella relazione tra medico e paziente, ma anche tra il medico e i familiari del malato.
In una società in cui imperversano diete, si avverte una forte “fame d’amore”. Coniugare spiritualità e riabilitazione significa che occorre allenare non solo i muscoli ma il cervello e il cuore alla gratitudine, all’amore, all’amicizia. Il recupero del proprio mondo interiore, trascurato nella società della performance, è un approccio ideale per ogni terapia riabilitativa.
Voi, con la vostra Arte, Paolo con la sua presenza ci indicate un modo possibile: “coltivare il silenzio”. Siamo sovrastati dal rumore che ci impedisce di entrare in ascolto di noi stessi e delle nostre parti più profonde. Per questo è importante fermarsi un momento e ascoltarci, in profondità, fino ai telomeri, i cappucci dei cromosomi considerati dalle neuroscienze come i biomarcatori della longevità.
Vi potrei dire che la dimensione spirituale e la riabilitazione hanno più successo se si frequenta una comunità religiosa, ma qui zapperei nel mio orto, quindi, vi dico che anche i comportamenti pro-sociali, ossia di cura e aiuto rivolto agli altri, sono in relazione all’attivazione di ormoni che contrastano lo stress e gli effetti neurotossici da cortisolo; con, in aggiunta, il rilascio di ossitocina: un neurormone implicato nell’organizzazione delle cure parentali, nei processi di attaccamento e nell’altruismo. La letteratura scientifica su questo tema, conferma che la spiritualità dovrebbe essere integrata nell’assistenza centrata sulla persona.
In altre parole, abbiamo a disposizione una risorsa meravigliosa per il nostro benessere, accessibile a tutti e, fatto importante, gratuita. La rilevanza della cura spirituale nell’ambito della riabilitazione è ormai supportata da risultati eloquenti, il supporto spirituale deve entrare nel lavoro clinico, in particolare in alcune fasi della malattia, quando diventa spesso più forte il bisogno di dare un senso alla vita, alla malattia. Desidero fugare ogni dubbio: l’assistenza spirituale non è assistenza religiosa. Il bisogno di spiritualità è di ogni essere umano e rispondervi non è prerogativa di religiosi e di ministri del culto: devono crescere figure appositamente formate, che non ragionino in termini confessionali e che devono avere le competenze per affrontare queste tematiche. Comer sono vere le parole di K. Gibran: «Se vuoi essere più vicino a Dio, stai più vicino alla gente».
[Aniello Clemente, teologo, giornalista, scrittore]