Diabete, impegno per porre fine allo stigma

Diabete, impegno per porre fine allo stigma

9 Febbraio 2024 Off Di La Redazione

Uno sforzo internazionale punta a porre fine allo stigma e alla discriminazione del diabete in tutte le sue forme, compresa quella vissuta dalle persone affette da questa condizione in ambito clinico. È quanto propone una nuova dichiarazione di consenso pubblicata su “Lancet Diabetes and Endocrinology”. Gli autori fanno parte di un gruppo di 51 membri guidato dalla psicologa della salute Jane Speight, direttrice dell’Australian Center for Behavioral Research in Diabetes (ACBRD), Diabetes Victoria, Melbourne (Australia), ed Elizabeth Holmes-Truscott, anche lei dell’ACBRD. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con la diaTribe Foundation di San Francisco e altri esperti di diabete di tutto il mondo.

Il termine “stigma” verso il diabete si riferisce a «giudizi sociali negativi, stereotipi e pregiudizi sul diabete o su una persona o un gruppo a causa della loro condizione, che si verificano tipicamente nel contesto di uno squilibrio di potere». I dati suggeriscono che circa un adulto su quattro con diabete di tipo 1 o 2 sperimenta qualche aspetto dello stigma verso il diabete, ma alcuni studi indicano una frequenza anche maggiore in specifici sottogruppi.

La dichiarazione ha consolidato e riassunto le prove attuali e ha formulato raccomandazioni per i pazienti, la famiglia e la comunità, i datori di lavoro, le strutture educative, la sanità pubblica, i responsabili politici e i medici, tra gli altri. «Innanzitutto, si tratta di riconoscere lo stigma e la discriminazione del diabete che le persone con diabete stanno vivendo in tutto il mondo, in molti aspetti della loro vita, e consentire loro di essere responsabilizzati dal fatto che non sono soli» commenta Speight.

«Gli operatori sanitari che supportano le persone con diabete devono garantire che la loro pratica sia priva di stigma» consiglia il documento. «La formazione sulle capacità di consultazione senza stigma deve essere implementata precocemente nella formazione clinica e dimostrata attraverso lo sviluppo professionale continuo e l’accreditamento, e gli organismi professionali devono includere la pratica libera dallo stigma nei loro standard professionali». Per i medici in particolare, un tema ricorrente che le persone con diabete riportano è quello di essere incolpati o giudicati per avere il diabete (di tipo 2), le sue complicanze o i comportamenti errati che portano a conseguenze come l’iperglicemia o l’ipoglicemia. Tali problemi possono essere amplificati durante le gravidanze complicate dal diabete. «Un tipo comune di stigma che sentiamo dalle persone con diabete è che gli operatori sanitari non comprendono appieno le complessità della gestione del diabete o la quantità di sforzi necessari per gestirlo» osserva Speight.

La dichiarazione riassume gli studi che dimostrano come alcuni operatori sanitari ritengano che il diabete di tipo 2 sia il risultato di “scelte di vita” e che le persone con diabete di tipo 2 siano meno degne di cure cliniche empatiche rispetto a quelle con diabete di tipo 1. In un sondaggio, uno studente di medicina ha detto: «Io realmente giudico le persone che sviluppano il diabete più tardi nella vita a causa di uno stile di vita inadeguato e di abitudini alimentari scadenti. A mio avviso, questo è una mancanza di preoccupazione per il proprio benessere. In generale, trovo disgusto per l’obesità e coloro che si lasciano ingrassare in modo ridicolo». Forse non sorprende che il documento abbia anche citato prove che tali atteggiamenti si traducono in una mancanza di fiducia dei pazienti nei loro fornitori di cure e in una mancanza di aderenza alle pratiche di gestione del diabete. «Sappiamo che circa il 30% delle persone con diabete non partecipa alle visite mediche. Quando gli studi hanno chiesto perché, uno degli aspetti chiave che sono emersi è che durante i loro appuntamenti si sentono giudicati, e quindi non gradiscono di volersi sottoporre a tale giudizio» afferma Speight. Un approccio migliore, consiglia, è che gli operatori sanitari «siano di supporto e dalla parte della persona con diabete e riconoscano quanto sia difficile la convivenza con la malattia e chiedano loro di cosa hanno bisogno per essere supportati».

La dichiarazione di consenso, in effetti, descrive lo stigma per il diabete come «potenzialmente facilitato da una focalizzazione eccessiva sulla responsabilità personale, senza un’attenzione equilibrata alle barriere e ai fattori facilitatori genetici, ambientali, socioeconomici, psicosociali e comportamentali – né alle disuguaglianze e agli svantaggi sociali che si intersecano e che possono anche essere alla base di tali esiti».

Speight ricorda che uno dei risultati del programma di prevenzione del diabete del 2002 è stata una grande attenzione, nell’ambito della salute pubblica, sulla capacità dell’individuo di prevenire lo sviluppo del diabete di tipo 2. Mentre ciò era ed è ancora visto come un aspetto positivo, si trascura il fatto che in quello studio, anche con un intervento molto intensivo sullo stile di vita, l’incidenza del diabete di tipo 2 è stata ridotta a 2 anni del 58%, un dato ben lontano dal 100%. Studi più recenti sulla remissione del diabete di tipo 2 stanno mostrando risultati simili, aggiunge. «È sicuramente possibile agire in questa direzione, ma la domanda è: quanto sforzo occorre e si tratta puramente di responsabilità dell’individuo? Dobbiamo ‘incolparli’ o cambiare l’ambiente che li circonda per assicurarci che le persone abbiano l’opportunità di essere sane?».

La dichiarazione include un “Impegno per porre fine allo stigma del diabete” che è stato approvato da diverse importanti organizzazioni per il diabete, tra cui l’American Diabetes Association (ADA), l’European Association for the Study of Diabetes (EASD), Diabetes UK, l’International Diabetes Federation (IDF) e la Juvenile Diabetes Research Foundation (JDRF). Tra i firmatari ci sono anche aziende farmaceutiche, produttori di dispositivi e centri medici. Finora, l’impegno è stato preso principalmente da organizzazioni e individui operanti nel campo del diabete, ma gli autori vorrebbero vederlo esteso in modo più ampio a spazi come i luoghi di lavoro, la vendita al dettaglio, l’istruzione, le compagnie aeree e i gruppi medici che non sono specificamente focalizzati sul diabete. «Questa è una delle nostre ambizioni. Abbiamo bisogno che questo tipo di organizzazioni ne siano consapevoli» conclude Speight.

 

 

 

 

Fonte: https://www.doctor33.it/articolo/59621/diabete-impegno-per-porre-fine-allo-stigma-il-documento-internazionale-di-consenso