Davide Tizzano, lo sport è vita

Davide Tizzano, lo sport è vita

19 Febbraio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Il Covid-19 è un virus respiratorio, caratterizzato da una elevata contagiosità, che si diffonde principalmente attraverso il contatto con le goccioline del respiro (droplets), espulse dalle persone contagiate, ad esempio tramite: la saliva, tossendo, starnutendo o anche solo parlando, contatti diretti personali, toccando con le mani contaminate bocca, naso o occhi. I cosiddetti “droplets”, goccioline pesanti, normalmente riescono a percorrere uno spazio non superiore al metro, prima di cadere a terra e questa è la ragione per cui un distanziamento di un metro è considerato sufficiente a prevenire la trasmissione. Occorre, però, considerare l’incidenza di fattori ambientali. Lo spostamento d’aria, causato dall’atleta o il posizionamento in scia, possono facilitare la contaminazione da “droplets” su distanze maggiori rispetto alla misura standardizzata di distanziamento sociale. In queste circostanze, più forte è il vento, maggiore sarà il distanziamento richiesto per garantire le condizioni di sicurezza.

Prime evidenze sono state registrate in merito alla possibilità che esso si possa diffondere anche via aerosol ed, in ragione di quest’ultima circostanza nel rapporto “Imprese Aperte, Lavoratori Protetti” si è ritenuto di far riferimento al distanziamento di circa 2 metri. Nelle Linee-Guida per l’attività sportiva di base e l’attività motoria, in genere – emanate ai sensi del DPCM del 17.05.2020 (articolo 1 lettera f) – questa la definizione del Covid-19 e le modalità di trasmissione. Lo Sport è vita e, sia quello praticato da sportivo che quello seguito da spettatore rappresenta un momento sano e positivo di nutrimento dell’Unità Olistica.

Affrontiamo questa delicata tematica con uno sportivo, di grande valore umano e professionale: Davide Tizzano, Campione Olimpico, Dirigente Sportivo, Direttore del Centro di preparazione olimpica del CONI a Formia.

Come ha vissuto e vive Davide Tizzano, sportivo, marito e padre la paura del Covid-19 e la forzata, indispensabile clausura?

 Purtroppo la pandemia è stata ed è vissuta in maniera globale, ovviamente ognuno ha cercato di interpretarla a modo suo. Ci sono i sepolti vivi, ci sono gli irriducibili, ci sono i negazionisti e ci sono quelli che hanno cercato di fare attenzione e di rispettare le regole basilari del distanziamento intelligente non coercitivo. Io mi sono regolato così, ho la fortuna di avere una villa in campagna in provincia di Caserta che è di mia proprietà ed è la mia prima abitazione. Quindi, in virtù di questo, appena c’è stato il Lockdown dell’8 marzo, ho trasferito la mia famiglia in questa località che è in una zona collinare alle pendici del vulcano di Roccamonfina, a Marzano Appio per l’esattezza. Per la verità, abbiamo vissuto il periodo come una lunga vacanza perché io, in virtù del mio incarico da direttore del Centro olimpico di Formia di proprietà statale avevo l’autorizzazione da parte del prefetto di Latina di poter continuare l’attività lavorativa. Così ho continuato a svolgere la mia attività per cui posso dire che si è trattato di una clausura molto edulcorata e, di conseguenza, la mia famiglia e soprattutto mio figlio Giuseppe di 10 anni ha vissuto la cosa come una vacanza. In effetti non è stato un grosso problema, anche perché io ho continuato a lavorare ed a percepire il mio stipendio da consulente.

Le Linee Guida per l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere, emanate ai sensi del DPCM del 17/05/2020 hanno regolato, a seguito della Pandemia, la possibilità di praticare lo sport agonistico e non. Allo stato attuale quali sono le difficoltà dello sport agonistico?

 In realtà lo sport agonistico è quello che ha risentito di meno dei blocchi relativi alla mobilità e, nonostante la inattività degli impianti sportivi, gli atleti di vertice hanno trovato nei centri di preparazione olimpica un luogo sicuro dove è stata realizzata la cosiddetta bolla. In altre parole, si entra nel Centro con un tampone fatto entro le quarantott’ore e si viene trattati da positivi finché non si ha l’esito del tampone effettuato al momento dell’arrivo. Quindi si parte da una base di accertata negatività che però prende in considerazione anche il viaggio. Molti atleti hanno viaggiato con macchine proprie senza fermarsi senza avere contatto con nessuno ma, una volta arrivati al Centro, anche a questi è stata riapplicata la procedura e quindi sono stati trattati da potenziali positivi. Il che vuol dire che sono stati sistemati in camere singole e senza nessun allenamento. È stato vietato loro l’uso del ristorante (per quanto riguarda centri olimpici che hanno all’interno foresteria ristorante). Infine, nel momento in cui viene fatto il tampone molecolare appena si ha l’esito che conferma la negatività, inizia l’attività ma sempre in assenza di contatti esterni per cui non si esce dal Centro e si hanno contatti soltanto con gli altri elementi della squadra che allora volta risultano negativi. Insomma, lo sport di alto livello, tranne quello che ha necessità di impianti dedicati come il nuoto o lo sci ha subito dei ritardi ma poi si è trovata una soluzione. Faccio un esempio per tutti, impianti dello sci alpino sono stati chiusi per tutti tranne che per gli agonisti quindi le squadre nazionali di tutte le categorie e quindi quegli atleti che potevano dimostrare di avere un allenatore di avere un calendario agonistico da rispettare pertanto per loro gli impianti potevano funzionare, questa è una cosa che non è stata pubblicizzata ma in Abruzzo per esempio a Roccaraso il 30% degli impianti all’aperto per gli agonisti quindi quelli che hanno sofferto di più sono stati gli sport di base I bambini e le bambine che vanno in palestra fare attività devote settimana quelli sono stati molto penalizzati

Cosa pensa Lei dell’impatto del Coronavirus sullo sport? Quali sono le Sue angosce per le giovani generazioni nella proiezione futura?

Mi riaggancio alla domanda di prima dicendo che questa cosa è veramente drammatica. Dobbiamo analizzare un aspetto fondamentale: i bambini sono meno attaccabili dal Covid e lo hanno dimostrato scientificamente. Il problema è dato dalla trasmissibilità della patologia, soprattutto in relazione agli asintomatici. Per cui i bambini possono portare il virus a casa dove possono, ragionevolmente, contagiare genitori o parenti anziani. Questo il vero problema del possibile contagio portato dai più piccoli. Tuttavia non si può impedire ai bambini di avere una vita “normale” solo perché potenziali veicoli del virus. Allora bisogna trovare una soluzione, che consenta al bambino la pratica sportiva, anche perché fare attività fisica regolare è uno dei principali sistemi per rimanere indenni dall’attacco virale. È vero che atleti professionisti sono risultati positivi ma fondamentalmente su di una popolazione campione ampia l’incidenza dell’aggressività del virus è nettamente ridotta in quei soggetti che hanno uno stato di forma fisica ottima o buona, derivante dalla pratica di una regolare attività sportiva e da una sana dieta. Ed invece il fumatore, ad esempio, deve sapere che ha il 50% di possibilità in più di essere aggredito dal virus e di conseguenza se si ammala ha il 50% in meno di possibilità di sopravvivenza. Questo è un dato incontrovertibile. Quindi lo sport fa bene per cui si è fatto un errore madornale a vietarlo, perché chi fa sport difficilmente si ammala.

Ritiene Lei che la Politica abbia focalizzato bene tale tematica o, invece, l’abbia misconosciuta ed ipovalutata?

Sono fortemente critico nei confronti di chi ha dovuto decidere, in quanto completamente ignorante relativamente ai benefici dell’attività sportiva regolare, perché purtroppo abituati a decidere sul parametro delle persone medie. Il che vuol dire che parliamo di una persona che mangia molto, ha un regime di vita molto irregolare e che non presta attenzione all’attività motoria. Ovviamente passiamo da un eccesso all’altro, ci sono persone over 60 che fanno un allenamento al giorno se non di più, poi c’è la stragrande maggioranza delle persone che trascura l’attività motoria – e devo dire che tra la popolazione femminile c’è un’alta incidenza di inattività motoria regolare. Perché non basta andare una volta a settimana a camminare. L’attività motoria regolare, infatti, prevede che ci siano almeno quattro allenamenti a settimana, quindi un giorno si e un giorno no. Per questo la politica ha toppato alla grande e non è l’unica cosa che ha sbagliato.