Carlo Mandola, lo sport l’essenza della competizione e dell’agonismo

Carlo Mandola, lo sport l’essenza della competizione e dell’agonismo

16 Giugno 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Oggi il calcio si gioca a livello professionistico in tutto il mondo. Milioni di persone si recano regolarmente allo stadio per guardare le partite che vengono diffuse anche in televisione, radio o internet. È lo sport mondiale con la maggiore copertura televisiva. Inoltre un grande numero di persone giocano a calcio a livello amatoriale. Secondo un sondaggio della FIFA, pubblicato nel 2001, più di 240 milioni di persone in più di 200 paesi in tutto il mondo giocano regolarmente a calcio.

Il calcio è seguito con grande passione e svolge un importante ruolo di aggregazione sociale in molte comunità e nazioni. R. Kapuscinski ha sostenuto che spesso persone che sono solitamente gentili, modeste o umili cambiano atteggiamento quando guardano partite di calcio, manifestando rabbia e aggressività.[

Anche lo Sport più seguito al mondo ha subito una battuta d’arresto in seguito alla pandemia da Covid-19.

Ne parliamo con un atleta di vaglia

Carlo Mandola ex Calciatore professionista e semiprofessionista dal 1992 al 2005. Allenatore u19 e responsabile settore giovanile dal 2014 al 2018. Vice-allenatore / Tattico professionista dal 2019 al 2021 (Con Fano e Lecco). Articolista su metodologia e principi di gioco per “Il Nuovo Calcio” e “YouCoach.it” dal 2017

Come ha vissuto e vive Carlo Mandola la paura della pandemia ed il disagio legato alle indispensabili misure restrittive?

Quando tutto è iniziato a Febbraio 2020 non davo molto peso alla cosa ed inizialmente l’ho sottovalutata. Poi in men che non si dica mi sono trovato dallo svolgere quotidianamente le mie normali attività al trovarmi in un periodo di chiusure lungo e fastidioso. Visti poi anche i tragici sviluppi ho poi dato molto più peso alla situazione e devo dire che sono diventato molto più attento e scrupoloso per cercare di non essere contagiato, soprattutto per non arrecare danni alla mia famiglia e alla mia squadra. Per quanto riguarda il disagio, aldilà di quello personale di non poter fare cose che prima davamo per scontate, sono molto rammaricato per mia figlia (di 2 anni) che non ha potuto vivere la sua esperienza infantile con la libertà a cui eravamo abituati. Ad esempio a me e mia moglie ci sarebbe piaciuto molto farle frequentare attività formative e ricreative come la musica e la piscina ma ahimè queste chiusure ce lo hanno impedito facendole perdere forse qualcosa di importante per la sua crescita. Un altro pensiero ricade sicuramente sull’economia nazionale e globale: non poter avere una vita normale è brutto per tutti e nel mio quotidiano, spessissimo lontano da casa, momenti come pranzi e cene fuori o caffè e passeggiate erano un grande toccasana. Infine spesso sono a considerare la tragica situazione in cui vertono tutti quei settori a cui è stato impedito di lavorare e a cui spero venga presto data la possibilità di poter tornare alla normalità; sono dei veri eroi ad andare ancora avanti in questo modo e dopo tutto quello che stanno passando.

Quanti danni la pandemia, i lockdown e la confusa gestione politica hanno arrecato al Calcio?

Non mi piace esprimere giudizi sommari soprattutto sulla politica perché spesso non ho tutti i dati possibili per esprimere un parere oggettivo coerente e sensato. Detto questo non so quindi se questa situazione poteva essere gestita meglio o è stato fatto tutto il possibile. Quello che ho visto, inerente il mio campo e cioè quanto riguarda il calcio, soprattutto a livello dilettantistico, il danno economico-sociale-sportivo è incalcolabile… il tipo di calcio a cui eravamo abituati non esiste più da oltre un anno ed è troppo facile dire che in questo caso si poteva fare sicuramente e decisamente meglio per garantire, soprattutto ai ragazzi di tutto il paese, di praticare lo sport che amano. Nei professionisti la cosa è stata diversa perché sostanzialmente ci siamo fermati solo per un paio di mesi, per fortuna sono stati attivati protocolli e misure restrittive importanti che ci hanno permesso di continuare a svolgere il nostro lavoro. Le figure mediche, come la nostra responsabile medica Chiara Airoldi, hanno avuto un ruolo cruciale in questo percorso e se il calcio professionistico ha avuto modo di continuare con questa costanza e sicurezza molto merito va attribuito a loro. Le società hanno avuto sicuramente problemi di carattere economico e logistico e questo nel corso della stagione ha creato più volte problemi anche dal punto di vista sportivo-organizzativo. Infine vorrei ricordare il pubblico… mi limito a dire che questo sport senza pubblico è triste… senza di loro non è la stessa cosa ne per i giocatori ne per noi dello staff tecnico. La mancanza della carica che ti danno i tifosi e l’atmosfera dello stadio in generale quest’anno l’abbiamo sentita in maniera importante.

“Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”. (Pierre de Coubertin) Cosa rappresenta per Lei lo Sport?

Paura, difficoltà e fatica appartengono profondamente allo sport e sono l’essenza della competizione e dell’agonismo, per certi aspetti anche della meritocrazia. Fin da piccolo ho sempre praticato sport, è stato mio padre con il suo essere sportivo ad avermi trasmesso questa grande passione e gliene sono molto grato. E’ un contesto importante della mia vita dove mi è possibile esprimermi e confrontarmi, ti fa stare bene fisicamente e mentalmente ed oltre a questo è il mio lavoro. Lo sport è tra tutti l’aspetto che maggiormente mi ha permesso di crescere, di migliorare, di andare avanti sempre… in tutti i sensi.