Alfonso d’Auria, la pandemia ha portato a galla problemi che avevamo da più di vent’anni in Italia
17 Maggio 2021Dal 26 aprile la cultura e lo spettacolo sono tornati finalmente a “pulsare”, riaprendo i battenti teatri, sale cinematografiche e da concerto. Il Ministro della Cultura Dario Franceschini ha inserito gran parte dei protocolli approvati da associazioni di categoria per cinema, musica, teatri. «In zona gialla gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, live-club e in altri locali o spazi anche all’aperto sono svolti esclusivamente con posti a sedere preassegnati e a condizione che sia assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, sia per il personale. La capienza consentita non può essere superiore al 50 per cento di quella massima autorizzata e il numero massimo di spettatori non può comunque essere superiore a 1.000 per gli spettacoli all’aperto e a 500 per gli spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala». Dal 1 giugno invece sarà possibile assistere ad eventi all’aperto come stadi o palazzetti, ma con pubblico solo al 25% e rispettando le medesime cifre dei cinema: il tutto, sempre e solo in zona gialla, visto che le riaperture del settore spettacolo non sono previste per le zone arancioni o rosse.
Ma quante sale cinematografiche, da concerto e teatri riusciranno a riaprire? La lunga clausura ha messo alle strette moltissimi operatori del settore. Chi pagherà per queste indiscriminate chiusure?
La nostra Testata giornalistica ha sostenuto da mesi la riapertura in sicurezza di questi luoghi di cultura sull’esempio della vicina Spagna. Finalmente le nostre giuste istanze sono state recepite!
Parliamo della crisi del Teatro con un valido attore emergente, Alfonso d’Auria. Il suo esordio da attore a 18 anni. Si diploma all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli, sotto la direzione artistica di Danio Manfredini. Dal 2016 collabora come attore, musicista e performer con vari teatri, festival, gruppi musicali e società di produzione, tra le quali Centro di produzione Galleria Toledo, Napoli Teatro Festival Italia, Quartieri di Vita, Teatro Bellini, Teatro Puccini (FI), Teatri di Pietra Festival, Todi Festival Meeting del Mare Festival. Dal 2016 al 2017 collabora con progetti di Alta Formazione per attori professionisti con l’acting coach Patrizia Hartman, la regista Cristina Pezzoli e l’attore/regista Roberto Latini. Partecipa a numerosi concerti del gruppo musicale Tartaglia Aneuro in qualità di performer tra il 2017/2018. Insieme al musicista Antonio Maiuri, nel 2019 forma il gruppo musicale “Poetica da Combattimento”. Dal 2016 è attore e tecnico audio di Progetto Nichel, un progetto di formazione, residenza e produzione artistica diretto da Pino Carbone.
Come ha vissuto e vive Alfonso d’Auria la paura della pandemia ed il notevole disagio per le indispensabili misure restrittive?
In un primo momento la reazione è stata quella, credo, che hanno avuto tutti, ossia chiudermi in casa e informarmi, per cercare di capire cosa stava accadendo. Dopo un paio di settimane, quando ho realizzato che il problema non era di facile risoluzione e che anzi, si stava spargendo a macchia d’olio in quasi tutto il mondo, ho reagito tenendomi il più impegnato possibile. La mia fortuna è stata quella di abitare in un contesto appena fuori Napoli, al Castagnaro, una collina nei pressi di Pozzuoli. Ho creato un orticello, una cosa che ho sempre voluto fare, ma non ho mai avuto il tempo. Ho scaricato un’applicazione per fare Yoga e allenamento a corpo libero. Mi è sempre piaciuto cucinare, quindi ho perfezionato la mia tecnica culinaria. Con Progetto Nichel, un collettivo artistico con la direzione di Pino Carbone, con cui collaboro da cinque anni, abbiamo lavorato su vari fronti per decodificare, raccontare e analizzare quello che stava accadendo. Una delle cose più interessanti che abbiamo ideato con Progetto Nichel è stata quella di creare “Immaginaria Tournée”, un giro immaginario in tutti in più importanti stabili d’Italia. Tutto questo è nato da un’esigenza, cioè respingere quella sensazione di paura e di angoscia date da un nemico invisibile che pur volendo non si poteva combattere ad armi pari. L’ obiettivo per me è stato sempre mantenere la lucidità senza lasciarmi andare allo sconforto. E ci sono riuscito. Per un artista paradossalmente il primo lock-down è stata un’occasione, colta o mancata, per creare, senza scadenze produttive. Ho provato tante sensazioni; frustrazione, preoccupazione per i miei cari, impotenza dinnanzi a qualcosa che è più grande di te, ma mai una vera e concreta paura. Probabilmente la scelta di non avere la TV in casa e quindi non essere bombardato di costanti e continui aggiornamenti sull’evolversi della pandemia, mi ha fatto avere un rapporto sano con la realtà degli eventi. Con questo voglio dire che ho deciso autonomamente quando informarmi, senza sentirmi sovrastato da una campagna mediatica totalizzante. Ho avuto la necessità di mantenere uno sguardo più libero possibile sul presente.
Quanti danni hanno arrecato al Teatro la pandemia, la clausura forzata e la confusa gestione politica?
La pandemia non ha fatto altro che portare a galla ed esasperare problemi che avevamo da più di vent’anni in Italia. La negligenza del mio settore e la discutibile gestione politica, non comunicando tra loro, hanno portato alla situazione attuale. Il mio pensiero è che, se il nostro lavoro fosse stato realmente tutelato, ora staremmo parlando di cassa integrazione e non di bonus una tantum, staremmo parlando della trasformazione del sistema teatrale così come lo abbiamo conosciuto e non di un’ipotetica riapertura per ritrovare le contraddizioni delle norme anti-Covid, che servono a tenere aperti i teatri con maggiori risorse economiche; bene che vada. La domanda vera è: cos’è la cultura per la gente ai giorni nostri e cosa dobbiamo fare per renderla indispensabile?
Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti. (William Shakespeare). Cosa rappresenta per la Sua vita la recitazione? Aggiungerei poco alla domanda. La recitazione rappresenta la mia vita. Ho pensato molte volte di lasciare e fare altro, perché è un lavoro dove la precarietà è la norma; proprio in quei momenti è sempre successo qualcosa che mi ha tenuto stretto e mi ha incoraggiato a non mollare. Oggi so che non ne posso fare a meno. È vocazione.