Nevrosi e stress… amici di merenda

Nevrosi e stress… amici di merenda

25 Novembre 2023 Off Di Corrado Caso

Il mondo ha la sua nevrosi, il clima la sua, gli uomini comprano la loro nevrosi al mercato   dell’Agenzia delle Entrate e al banco della politica. È il prodotto che devi comprare a prezzi esagerati e ha un sapore sgradevole.
Nevrosi e stress sono da sempre amici di merenda. Il primo è un concetto freudiano e neurologico, il secondo   venne adoperato, inizialmente, nelle scienze fisiche e ingegneristiche. Definiva la tensione alla quale erano sottoposte le strutture di una costruzione per verificarne il punto critico di rottura. Un concetto che trovò un battesimo collettivo nelle costruzioni fatiscenti della Campania e della Basilicata nel terremoto del 1980 che ridusse case e chiese in un ammasso di pietre e provocò circa 3000 morti, 8000 feriti e 280.000 sfollati. Interi paesi persero la loro identità e divennero prefabbricati in cerca di un’anima. Qualche anno prima non si “ruppe” la diga del Vajont, la diga più alta del mondo ma non in armonia con il monte Toc che stressato alzò uno tsunami che distrusse molti paesi e la morte di 2000 persone. Lo stress ingegneristico non può valutare di un’opera complessa e delicata la resistenza del singolo elemento ma la somma di tanti elementi da mettere in sicurezza al cui centro c’è la vita dell’uomo. Leonardo da Vinci contemplò l’uomo vitruviano al centro della creazione. La diga era stata costruita nel punto sbagliato e voluta dall’arroganza e dall’impunità di chi la progettò. Sì arroganza e impunità e da una burocrazia colpevole. Di fronte a una nazione sbigottita e incredula che piangeva i suoi morti e la distruzione di intere comunità e paesi per una logica inversa tra riduzioni di pena e molto altro il   Marchese del Grillo afferma, ancora oggi, per coloro che non avessero capito come gira il mondo “Io sono io e voi non siete un cazzo!”.
Quante storie non ebbero storia, quanto dolore per colpa dell’uomo.
C’è un parallelismo tra uomo e macchina. Come alcuni metalli sono, rispetto ad altri, più o meno resistenti così diversa è la reazione che caratterizza ciascuno di noi di fronte ai fattori nocivi che provengono dall’ambiente circostante o anche creati “per noi da noi stessi”. Stress: un concetto virale, divenuto di uso corrente, utilizzato, a torto o ragione, in diversi modi e in mille circostanze per descrivere una condizione di rischio, di forte preoccupazione o ansia.
Selye lo definì, per le implicazioni patologiche, nel saggio “The stress of life” come conseguenza a un “qualsiasi stimolo o modificazione…  tale da raggiungere il limite della capacità di adattamento dell’organismo, fino a condurre, in determinate circostanze, alla disorganizzazione comportamentale e alla disfunzione somatica che sfocia nel patologico”. 
Di stress è il burn-out dei medici che in uno stato di continue “rotture” scoppiano frammentando in un puzzle di pezzi non più identificabili e ricomponibili tutti i pensieri e le buone motivazioni. Una sindrome che ha lacerato una categoria che, inconsapevole e generosa, ha pagato l’impegno professionale e l’anti Covid con il sacrificio della vita e di quella dei propri familiari.  Tra drastica riduzione del personale, chiusura degli ospedali, mancanza di presidi e dotazione sanitarie, im-meritocrazie, episodi gratuiti di aggressione, denunce di malasanità, condizioni sfavorevoli che hanno motivato un fuggi fuggi generale verso una migliore condizione di lavoro e vita. Siamo membra dello stesso corpo. Parti diverse di una stessa sostanza. Mi chiedo:” scoppierà a cascata il corpo sanitario e i malati o chi , a diverso titolo, si rivolgerà a medici in burn-out?”.
È pur vero che finché c’è vita, c’è stress e, a parte considerazioni genetiche ed esperienze vissute“…nessun evento può essere considerato un agente stressante al di fuori della sua valutazione da parte della persona”. Stando così le cose, permettetemi una riflessione e un augurio scaramantico in tempo di svalutazione “Cento anni di stress “svalutato” a tutti”.