Incontro con l’Abate Michele Petruzzelli: “La preghiera contro il flagello della guerra”

Incontro con l’Abate Michele Petruzzelli: “La preghiera contro il flagello della guerra”

19 Agosto 2023 Off Di Giuseppe Manzo & Antonio Magliulo

L’Abbazia dei Padri Benedettini della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni sorge nella Valle metelliana, a 3 km dalla città di Cava e a poca distanza dalla Costiera Amalfitana. L’Abbazia fu fondata nel 1011 da S. Alferio, nobile salernitano di origine longobarda formatosi a Cluny. Ben presto, sotto il terzo Abate S. Pietro, divenne centro di una fiorente Congregazione, l’ordo Cavensis, che giunse a comprendere circa 400 dipendenze tra chiese, abbazie e Priorati. In tal modo essa estese la sua influenza spirituale e temporale in tutto il Mezzogiorno d’Italia, grazie anche al favore dei principi salernitani che la fecero oggetto della loro benevolenza.  Allo splendore dei primi tre secoli si accompagnò la santità: i primi quattro Abati sono stati riconosciuti Santi dalla Chiesa, Alferio, Leone, Pietro e Costabile; altri otto beati: Simeone, Falcone, Marino, Benincasa, Pietro II, Balsamo, Leonardo e Leone II. Importante l’archivio con circa 15000 pergamene dall’VIII secolo al XIX secolo, e la Biblioteca che raccoglie, tra l’altro, preziosi manoscritti.

Da circa un decennio l’abbazia è retta dal Reverendissimo Michele Petruzzelli, nominato Abate Ordinario da Papa Francesco il 14 dicembre 2013. Il 26 gennaio 2014 ha ricevuto poi la benedizione abbaziale dal Cardinale Crescenzio Sepe, all’epoca, Arcivescovo Metropolita di Napoli.

Ordinato diacono il 5 agosto 1997, presbitero il 5 agosto 1998. Il 5 agosto scorso alla presenza di autorità religiose, civili e militari ha festeggiato il 25mo di ordinazione sacerdotale.

Nato il primo agosto del 1961 a Bari. Prima della nomina ad Abate Ordinario e stato Maestro dei novizi e Priore claustrale dell’abbazia Santa Maria della Scala di Noci (BA). Fa parte a pieno titolo della Conferenza Episcopale Italiana essendo, infatti, Abate Ordinario.

Padre Abate, viviamo tempi oggettivamente difficili: guerre crudelissime; carestie; terremoti; disastri ambientali; pandemie; crimini efferati; mancanza di carità… sembra che le profezie apocalittiche si stiano snodando sotto i nostri occhi…

Siamo costretti a constatare che lo Spirito del male, omicida per sua natura, continua a operare in mezzo a noi con diabolica determinazione e trova uomini che si fanno suoi strumenti di distruzione e di morte. Al di là di qualunque motivazione storica, politica o economica, la guerra è un male in sé, sempre senza giustificazione, e non porta mai frutti buoni, ma lutti e distruzioni.

La barriera più forte contro il flagello della guerra è la preghiera. Papa Francesco, frequentemente, ha invitato credenti e non credenti alla supplica per la pace. Innalziamo preghiere personali e comunitarie a Dio per intercessione della Vergine Maria, Regina della pace. Da poveri peccatori, preghiamo senza stancarci perché l’incendio maligno della guerra si spenga al più presto e non si diffonda ulteriormente tra i popoli dell’Europa.

Oltre all’impegno della preghiera, come vivere dentro questa improvvisa minaccia alla pace e alla serenità della nostra vita personale e sociale?

Certamente non serve farsi prendere dal panico o dalla sfiducia. Vorrei, piuttosto, suggerire di vedere questo drammatico conflitto come un invito a pensare alla vita che stiamo portando avanti. Preghiamo, affinché il Signore illumini le menti e il cuore dei governanti perché capiscano che la guerra è una follia, è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Lo Spirito Santo penetri e porti a ragione le coscienze di coloro che hanno la grave responsabilità di prendere decisioni. Gesù Cristo, Re di giustizia e di pace, tenga accesa in noi la fiamma della speranza perché vinca la pace.

Famiglie disgregate, rilassamento dei costumi e un vivere la sessualità in modo sempre più disinibita.

Rispondo con un mio commento al Vangelo. Alcuni farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova: «è lecito ad un marito ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo», dal momento che Mosè stesso lo permise. Gesù risponde: «Mosè vi ha dato questo permesso di ripudiare le vostre mogli, perché avete il cuore duro, di pietra. Ma all’inizio, quando Dio creò l’uomo e la donna, non era così».

Gesù rimanda quindi i farisei a rileggersi le prime pagine della Bibbia del Libro della genesi: «Il Creatore fin dal principio creò l’uomo e la donna per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una carne sola». Gesù conclude con una frase che rimarrà per sempre una legge della Chiesa: «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

La famiglia è una unità voluta da Dio e quindi l’uomo non si azzardi mai a separare ciò che Dio ha unito; se lo fa, l’uomo si assume tutto il rischio della scelta contro Dio. «Il vero peccato non è trasgredire una norma, ma trasgredire un sogno, il sogno di Dio» (E. Ronchi). L’uomo con il suo egoismo ha rovinato quello che Dio aveva progettato perfetto. Dio ha creato il capolavoro dell’amore, e noi l’abbiamo guastato con l’odio, la separazione, il divorzio.

Benedetto XVI, diceva di modellare le caratteristiche della grande famiglia umana su quelle della famiglia cristiana in riferimento all’amore e alla pace; i cui valori sempre attuali della famiglia quale l’ha voluta il Signore: l’unità, l’indissolubilità del matrimonio, l’obbedienza e la docilità dei figli, il rispetto e l’onore reciproco dei coniugi, la preghiera.

Partendo dal Nord Europa, si sta assistendo ad una progressiva “scristianizzazione” del vecchio continente, prova ne sia lo svuotamento delle chiese, anche nei giorni legati a particolari festività cristiane. Non per “ritornare sul tasto” ma anche in questo caso sembra di sentire gli echi della “grande apostasia”.

I genitori cristiani oggi più che un tempo e in un contesto scristianizzante che attraversa la nostra Europa, sono chiamati a testimoniare, coltivare e trasmettere la fede, oltre che l’amore, come chiedeva più volte San Giovanni Paolo II; i figli sono chiamati a praticare la fede cristiana, per crescere nella vera sapienza. Se riflettiamo, bisogna concludere che le famiglie cristiane soccombono alla mentalità permissiva odierna, poiché hanno la fede debole o nulla, non si curano del culto a Dio. Le nostre famiglie devono essere sorrette e guidate dalla fede; una fede sorretta dalla preghiera. Dobbiamo sempre volere l’amore, con ostinazione; ravvivarlo, quando sta per spegnersi. Trovare ogni giorno motivi nuovi di amore, di comprensione, per non cadere nell’abitudine. Diceva sant’Agostino: «se parli, parla per amore; se taci, taci per amore; se rimproveri, rimproveri per amore; se correggi, correggi per amore. Si vive per amare; si ama per vivere». Nell’amore sta il segreto della vita, nella vita la forza dell’amore.

Lei vive in una realtà particolare e può guardare intorno da un osservatorio particolare. Una sua parola di speranza ai fratelli in Cristo che in questo momento vivono momenti di particolare tribolazione.

Abbiamo bisogno di Luce, di Grazia, di Amore, di relazioni umane e spirituali. Di rimetterci in forma dal punto di vista della fede, per stare bene con l’anima. Per riflettere e pregare. Per rinascere. «La superbia precede la rovina, e lo spirito arrogante precede la caduta» (Pr 16,18), recita il libro biblico dei Proverbi. Parole che ci possono aiutare a comprendere quanto sta accadendo attorno a noi. Abbiamo affrontato un estate rovente, con temperature record. Gli esperti parlano delle conseguenze del cambiamento climatico causato dall’attività umana a partire dalla rivoluzione industriale. L’umanità con i suoi stili di vita ha infranto le leggi della natura e l’armonia del creato. È evidente che la logica dell’espansione senza limiti non può più essere perseguita. Tutti saremo chiamati ad un drastico ridimensionamento del benessere materiale. Tale processo sta subendo un’improvvisa accelerazione a causa della crisi energetica. Siamo pronti ad affrontare il grande cambiamento epocale che si sta profilando? Saremo in grado di abbandonare l’altare adorno di tanti idoli ingannevoli che ci portano alla rovina materiale e spirituale? In questo tempo l’attenzione di tutti è catturata dalla guerra fra Russia e Ucraina. Un conflitto armato che minaccia di estendersi a livello mondiale. È chiaro che noi, comuni cittadini, non possiamo fermare il conflitto in atto. Tuttavia sarebbe sbagliato pensare che siamo tutti semplici spettatori del dramma in corso. In realtà la guerra non è mai il risultato di certe politiche attuate dai governanti. Possiamo dire che le guerre sono sempre il risultato di squilibri che trovano la loro radice nella condizione spirituale dei popoli e dell’umanità intera. Quando l’umanità con il peccato offende Dio, ecco che avvengono i conflitti: le ragioni più profonde di una guerra, sono sempre spirituali e interiori. I moventi più profondi delle inimicizie fra popoli e delle tensioni sociali, sono radicati nell’animo di ogni essere umano, che a sua volta è un campo di battaglia fra bene e male, fra grazia e peccato. San Giacomo apostolo, si domanda: «Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni» (Gc 4, 1-3). I perturbamenti esteriori nascono dalla superbia e dall’egoismo umani. Il Concilio Vaticano II ci ricorda: «In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo … debole e peccatore non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe. Per cui (l’uomo) soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie della società» (Costituzione Gaudium et spes, n. 25).

Dunque abbiamo due lotte o due tipi di guerre. Una si conduce sui campi di battaglia; l’altra, invisibile ma più profonda ed essenziale, si combatte nel cuore di ognuno e di tutti, perché lì si affrontano il bene, la generosità, il perdono, l’onestà, da una parte, e il risentimento, l’odio, la gelosia, la slealtà e le altre passioni umane, dall’altra. L’uomo conosce questa battaglia interiore, conosce questa lotta spirituale e sa che la coscienza parla sempre in favore del bene, della verità, della sincerità piuttosto che del sotterfugio, della bontà e del perdono, invece dell’egoismo e della menzogna, a favore della purezza, piuttosto che della sensualità. Dal combattimento interiore, spirituale, nei cuori di miliardi di persone, chiamate ogni giorno a scegliere fra il bene e il male, dipendono anche le sorti della guerra e della pace tra le nazioni e in tutto il mondo. Dalla prevalenza del bene e dal grado di conversione nella vita di ciascuno, dipendono i destini di interi popoli. Quindi la pace non è solo nelle mani dei potenti della terra, ma è frutto dell’accettazione della Grazia di Dio da parte di ogni uomo. Pertanto se gli uomini continuano ad offendere Dio non smetteranno mai i conflitti armati. Le guerre nascono dall’offesa a Dio che è il peccato, i peccati di tutti e di ciascuno. La pace, dono di Dio, è invece il frutto dello Spirito (Cfr. Gal 5,22), «che Dio dà a coloro che si sottomettono a Lui» (At 5,32).