
Vangelo in salute, la Parola che cura: “Vi lascio la Pace …”
25 Maggio 2025
“Vi lascio la pace”: promessa o prescrizione? Il cristiano moderno sa guarire… o solo evitare il conflitto?
Nel Vangelo della VI Domenica di Pasqua (Gv 14,23-29), Gesù ci regala una delle frasi più disarmanti dell’intero Nuovo Testamento: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi». Non è una benedizione poetica. È una consegna. È una cura. È una terapia. E come ogni medicina, chiede di essere assunta con coraggio, fedeltà e responsabilità.
In un tempo in cui anche le parole si sono ammalate – impoverite dalla ripetizione, svuotate dalla retorica, manipolate dai linguaggi del potere e dell’ideologia – la parola “pace” rischia di diventare la più abusata. Gesù invece la usa con precisione chirurgica. Non sta offrendo una fuga dal mondo, ma un modo nuovo di restarci dentro. La sua pace non è evasione, è resistenza; non è tregua, è trasformazione.
E infatti la colloca dentro un discorso profondo, pieno di legami: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».
Gesù, che si prepara alla sua Pasqua, non promette assenza di sofferenze, ma presenza di senso. Non promette tranquillità, ma stabilità.
Non anestetizza il dolore: lo abita.
Questa è la “pace in salute”. Non quella che viene dall’equilibrio delle forze o dalla convenienza diplomatica, ma quella che nasce dalla comunione con Dio, che si radica nell’ascolto della Parola, che respira dello Spirito.
Siamo spesso tentati di vivere il Vangelo come una garanzia emotiva, un rifugio psicologico, una morale di consolazione. Ma Gesù non ci lascia la sua pace per illuderci: ce la lascia per guarirci. Per renderci operatori di guarigione, artigiani di riconciliazione, testimoni di speranza.
Il cristiano in salute è colui che ha imparato a stare in mezzo al conflitto con lo spirito di chi porta già in sé la pace del Risorto. Non con arroganza, ma con mitezza. Non con paura, ma con libertà.
In questo contesto, torna profetico il primo appello di Papa Leone XIV, a pochi giorni dalla sua elezione: «La pace sia con tutti voi, disarmata e disarmante». In una frase sola, il nuovo Pontefice ha tracciato una diagnosi e una terapia. Disarmare i cuori, prima ancora che le frontiere; disarmare le parole, prima ancora che le armi; disarmare la coscienza da quell’ansia di potere che corrode anche le opere più nobili della Chiesa.
Il riferimento alla “medicina di prossimità spirituale” usato nella sua prima omelia diventa, alla luce del Vangelo di oggi, quasi una sintesi pastorale. Cristo lascia ai suoi discepoli la pace, come se fosse un farmaco da distribuire nel mondo. Ma per poterlo distribuire, bisogna prima riceverlo.
E qui sta la provocazione: nelle nostre comunità, quanta vera pace c’è? Quanta guarigione portiamo con le nostre parole? E quanto invece ci difendiamo, ci giudichiamo, ci chiudiamo? Abbiamo trasformato la fede in una clinica di ascolto… o ancora in un ambulatorio di prescrizioni formali?
Il Vangelo ci parla di un Dio che vuole “abitare in noi”. È una delle immagini più intime e rivoluzionarie del cristianesimo: non una divinità distante, ma un Dio che prende dimora dentro la persona.
Il contrario della solitudine. Il contrario della paura. Il contrario dell’ansia di salvarsi da soli.
Quando Gesù dice: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore», non sta blandendo l’angoscia, ma proponendo una medicina profonda: la fiducia. Una fiducia che nasce dall’amore ricevuto e custodito.
Per questo, ogni volta che la liturgia ci restituisce questa pagina del Vangelo, sentiamo il cuore toccato. Perché ci riconosciamo nei discepoli spaventati, smarriti, ancora incapaci di capire. Ma Gesù non li giudica: li prepara. Li incoraggia. Li rafforza.
E la sua pace diventa lo spazio vitale in cui potranno vivere la missione.
In questa “Domenica di Tuttosanità”, abbiamo l’occasione di riscoprire che la fede, se è viva, guarisce. E che la Parola di Dio, se è ascoltata, trasforma la pace in realtà operativa.
Abbiamo bisogno di una Chiesa che non curi solo i dolori dell’uomo, ma che curi l’uomo dal dolore di vivere senza Dio. Abbiamo bisogno di cristiani che non si limitino a evitare i conflitti, ma che portino dentro i conflitti la voce del Risorto.
Abbiamo bisogno di una pace che sia più forte del turbamento, più solida dell’ansia, più credibile della paura.
E allora sì, il Vangelo diventa salute. Una salute che contagia.
Una Parola che non consola soltanto, ma costruisce. Che non protegge soltanto, ma prepara.
Che non ci tranquillizza… ma ci guarisce.