Vangelo in Salute, la Parola che cura: “Perseverate”
16 Novembre 2025Il Vangelo non promette che andrà tutto bene, ma che nessuna crisi avrà potere su chi rimane saldo.
La XXXIII Domenica del Tempo Ordinario ci accompagna verso il termine dell’anno liturgico e, come sempre avviene nella penultima domenica, la Parola ci conduce sul confine della storia, là dove l’uomo si confronta con ciò che teme di più: l’incertezza del futuro.
Il Vangelo di Luca 21,5-19 è un testo scomodo, spigoloso, realistico fino a ferire.
Gesù non veste il mondo di ottimismo facile: annuncia crolli, persecuzioni, tradimenti, guerre, terremoti.
Eppure proprio questo Vangelo diventa oggi una parola che cura.
Gesù non ci illude, ci prepara.
Non ci spaventa, ci fortifica.
Non ci lascia tremare davanti ai cambiamenti della storia, ma ci insegna che il vero terremoto può avvenire solo dentro un cuore che ha smesso di fidarsi.
“Alcuni parlavano del Tempio, delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano.”
È un’immagine che potremmo fotografare anche oggi: l’uomo che pensa di essere al sicuro perché ha costruito qualcosa di grande.
Il Tempio di Gerusalemme era il simbolo di stabilità, identità, gloria.
Eppure Gesù dice:
“Non resterà pietra su pietra.”
La malattia che Egli smaschera è l’illusione del controllo: l’idea che ciò che è solido oggi lo sarà per sempre.
È una malattia antica, ma estremamente moderna:
la fiducia cieca nelle strutture, il culto dell’efficienza, la sicurezza riposta più nei muri che nel cuore, la convinzione che il mondo non può cambiare.
Gesù non distrugge il Tempio: distrugge la falsa sicurezza che ci rende fragili davanti alla storia.
Ci ricorda che la vita non è garantita dalle pietre, ma dalla fiducia in Dio.
La terapia che Gesù offre è sorprendente.
Non dice: “fuggite”, “difendetevi”, “armatevi”, “urlate”.
Dice una sola parola decisiva: perseverate.
“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.”
È la parola che manca al nostro tempo.
Viviamo nella società dell’istantaneo, dove tutto è liquido, dove i legami sono fragili e le scelte rapide.
La perseveranza invece è l’arte di restare, di custodire, di attendere, di attraversare.
Gesù promette che la storia si farà dura, ma che la forza dei suoi discepoli non dipende dagli eventi, bensì dalla fede.
La vera salute spirituale consiste nel rimanere in piedi anche quando il mondo sembra crollare.
La perseveranza non è testardaggine:
è la fiducia che Dio conduce la storia verso un compimento, anche quando tutto appare caotico.
Questa Domenica di Tuttosanità ci offre una terapia preziosa: liberarci dalla paura del domani.
Molte delle nostre ansie non derivano da ciò che viviamo, ma da ciò che immaginiamo.
Viviamo nel timore di crisi globali, instabilità economiche, tensioni sociali, rivoluzioni culturali.
Molti cristiani si sono ammalati di nostalgia o di pessimismo: o rimpiangono un passato che non tornerà, o temono un futuro che non comprendono.
Il Vangelo non alimenta né la nostalgia né la paura.
Il Vangelo chiama alla fiducia.
Non dice: “Non succederà nulla di male”.
Dice: “Non abbiate paura quando accadrà.”
La fede non elimina i problemi;
la fede dona uno sguardo capace di attraversarli senza smarrirsi.
Questa è la vera salute spirituale: la capacità di non lasciarsi definire dalle crisi, ma di affrontarle con una speranza che non si spegne.
Il Vangelo di oggi parla anche della Chiesa.
Anche lei affronta un tempo di prove: perdita di credibilità, scandali, diminuzione delle vocazioni, confusione culturale.
Eppure questa pagina di Luca è un invito a non leggere la storia con occhi impauriti.
Gesù ha sempre parlato di una Chiesa piccola ma perseverante, povera ma libera, fragile ma fedele.
Non ci ha promesso che la Chiesa sarebbe stata grande;
ci ha promesso che sarebbe stata viva.
Non ci ha promesso numeri;
ci ha promesso lo Spirito.
Non ci ha promesso applausi;
ci ha promesso che la verità resiste a tutto.
La Chiesa non è chiamata a sopravvivere, ma a testimoniare.
Non a difendersi, ma a vivere il Vangelo nella sua essenzialità.
La crisi non è la fine: è una purificazione, una resurrezione che comincia.
Gesù parla di tradimenti, odi, persecuzioni: sono le sofferenze tipiche della fede adulta.
Non sono castighi, ma conseguenze della verità.
E tuttavia pronuncia una frase che dovrebbe essere scolpita nel cuore di ogni credente:
“Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.”
È una promessa di delicatezza e di protezione.
Non dice che non soffriremo, ma che nulla della nostra vita andrà sprecato.
Ogni fedeltà, ogni scelta onesta, ogni gesto di carità ha un peso eterno.
Il male può colpire, ma non possiede l’ultima parola.
Per questo la perseveranza cristiana non è stoicismo, ma fiducia:
la certezza che la storia non si chiude nel caos, ma nelle mani di Dio.
Per riflettere : rimanere saldi significa amare fino alla fine
Il Vangelo della XXXIII Domenica è una chiamata alla fiducia matura.
Gesù ci chiede di non giudicare la nostra vita dai terremoti che vediamo, ma dalla fedeltà che scegliamo.
Ci chiede di non perdere la pace quando il mondo cambia, perché Lui è Signore della storia.
Ci chiede di non cedere allo sconforto, perché ogni tempesta è attraversabile con Lui.
E la frase finale rimane la cura decisiva:
“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.”
Quel “salvare” non significa evitare il dolore, ma entrare nella pienezza della vita, scoprendo che la fedeltà è la più grande forma di libertà.
Perché chi rimane saldo nell’amore, anche quando tutto trema, non è più prigioniero del mondo:
è già nelle mani di Dio.



