Vangelo in Salute: la Parola che Cura
28 Dicembre 2025Le famiglie non perfette salvano il mondo: la santità inizia dove si accetta di ricominciare.
La Festa della Santa Famiglia arriva come una sosta luminosa dentro le giornate natalizie.
Dopo la dolcezza del presepe e il canto degli angeli, il Vangelo ci riporta alla realtà: una famiglia che fugge di notte, braccata dalla violenza di un re (Mt 2,13-15.19-23).
Non c’è nulla di idealizzato in questa scena: nessun idillio domestico, nessun quieto quadretto familiare.
Solo la precarietà, la paura, la fede che resiste.
È paradossale: celebriamo la santità di una famiglia che non ha avuto nulla di “tranquillo”.
E forse è proprio questo il punto.
La Parola ci insegna che la santità non è l’assenza di problemi, ma la capacità di restare uniti e fidarsi di Dio dentro le difficoltà.
Molti di noi crescono con l’idea che una “famiglia santa” sia una famiglia senza conflitti, senza ferite, senza errori.
Ma il Vangelo distrugge questa illusione.
Maria e Giuseppe non vivono una serenità idilliaca: vivono un continuo “alzati e fuggi”.
Devono lasciare tutto, adattarsi, ricominciare.
Eppure, in quella precarietà, Dio è presente.
La malattia che il Vangelo cura oggi è la nostalgia della perfezione, quella che ammala tante relazioni.
È la convinzione che la felicità dipenda dall’assenza di problemi, invece che dalla capacità di attraversarli insieme.
Quante famiglie soffrono non per mancanza d’amore, ma per il peso delle aspettative!
Si sentono inadeguate, difettose, “meno cristiane” solo perché non corrispondono ai modelli ideali.
La Santa Famiglia, invece, è la famiglia imperfetta ma fiduciosa.
Non è un’icona immobile, ma un cantiere di amore in cammino.
E in questo cantiere, la santità è un verbo: ricominciare.
Giuseppe sogna ancora.
Un angelo lo avverte: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto.”
E lui si alza di notte, senza indugi.
Il suo è un amore che non teorizza, ma agisce.
Un amore che obbedisce non per paura, ma per fiducia.
Ogni famiglia, per essere sana, deve imparare questa terapia della fiducia concreta.
Quando la vita cambia direzione, quando i piani saltano, quando il futuro spaventa — il primo passo è fidarsi di Dio che guida anche nel buio.
La fede familiare non è fatta di certezze, ma di passi condivisi.
Maria e Giuseppe non hanno risposte, ma hanno presenza.
Non sanno dove finiranno, ma restano insieme.
E Dio, in quel cammino faticoso, costruisce la storia della salvezza.
In questa Domenica di Tuttosanità, il Vangelo ci invita a guarire dalla rassegnazione spirituale, quella che spegne il coraggio di amare quando la vita non va come previsto.
La fede non elimina i problemi, ma li trasforma in luoghi di grazia.
La famiglia di Nazaret ci mostra che anche le fughe, le fatiche, le incertezze possono diventare parte del progetto di Dio.
Ogni crisi — personale, coniugale, familiare — può diventare un passaggio di guarigione se attraversata con fede e umiltà.
L’amore non è mai statico: o cresce o muore.
E la crescita, spesso, passa attraverso la fatica.
Le famiglie “in salute” non sono quelle che non cadono, ma quelle che si rialzano insieme.
Quelle che sanno chiedere scusa, perdonare, ricominciare.
Quelle che, come Maria e Giuseppe, si lasciano guidare da Dio anche quando la strada non è chiara.
Dopo la fuga, arriva un nuovo sogno: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele.”
Ancora un viaggio, ancora un rischio.
Giuseppe ascolta e obbedisce.
Torna non dove voleva, ma dove Dio lo conduce.
E lì, a Nazaret, nella vita semplice e nascosta, il Figlio di Dio cresce.
La guarigione spirituale più profonda è accettare la normalità come luogo di salvezza.
Non serve vivere esperienze straordinarie per essere santi: basta vivere con amore le giornate ordinarie.
La casa di Nazaret è l’ospedale dell’anima dove Dio cura la fatica del vivere quotidiano con la medicina della fedeltà.
Ogni gesto — un pasto condiviso, una carezza, una preghiera serale — diventa luogo di grazia.
Il Vangelo ci insegna che la famiglia è santa non perché perfetta, ma perché perseverante.
Per riflettere : il miracolo della normalità
La Santa Famiglia è la storia di un amore che non si arrende.
Non ha vissuto miracoli spettacolari, ma la quotidianità come miracolo.
Non ha predicato parole, ma incarnato la Parola.
Il messaggio di questa festa è liberante: la santità non è un lusso per pochi, è la vocazione di chi ama in mezzo alle difficoltà.
Ogni casa può diventare Nazaret se in essa si custodisce la fiducia, la pazienza, la preghiera, il perdono.
La Parola che cura oggi ci dice che la vera salute familiare non consiste nel non avere ferite, ma nel saperle fasciare insieme.
Dio non abita le case perfette, ma le famiglie che accolgono, che lottano, che si amano ancora nonostante tutto.
E così, in questa Domenica di Tuttosanità, possiamo dire con serenità:
La mia famiglia non è perfetta, ma è amata.
E questo basta per chiamarla santa.


