Vangelo in Salute, la Parola che Cura: la predicazione del Battista
7 Dicembre 2025La conversione non è cambiare abitudini, ma guarire lo sguardo.
La seconda domenica di Avvento ci presenta un volto ruvido e autentico: Giovanni il Battista.
È una figura scomoda, che spacca il silenzio del deserto con una parola che brucia: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!” (Mt 3,2).
Mentre la società di oggi tende a edulcorare tutto, Giovanni grida.
Non offre conforto immediato, ma verità; non promette successo, ma libertà.
È la voce che prepara la via del Signore curando una malattia spirituale diffusa: l’anestesia del cuore.
Il Battista non parla nel tempio, ma nel deserto: fuori dai centri di potere religioso, lontano dai luoghi della sicurezza spirituale.
È la scelta di un uomo che ha compreso che Dio non si trova dove tutto è garantito, ma dove l’uomo si riconosce povero.
Il suo grido “Convertitevi” è una diagnosi prima che un comando.
Significa: “Siete vivi, ma dormite. Respirate, ma non amate. Avete tutto, ma avete perso l’essenziale.”
Il peccato non è solo la trasgressione morale: è la perdita della sensibilità interiore, il cuore che non si lascia più toccare dal dolore o dalla bellezza.
Viviamo in un tempo che parla molto di emozioni ma teme la profondità; che esibisce sentimenti ma evita la verità.
E così rischiamo di diventare religiosi abitudinari, credenti che frequentano la fede come un rito, non come una ferita d’amore.
Giovanni grida perché vuole riattivare la circolazione spirituale del popolo: scrostare il cuore, farlo tornare caldo.
Il deserto è la grande clinica del Vangelo.
È il luogo dove si disintossica l’anima dal superfluo, dove il rumore del mondo tace e Dio torna a parlare.
Giovanni non predica ideologie, ma un ritorno alla verità di sé.
“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3): è la terapia che cura la deformazione del cuore.
L’uomo non nasce storto, ma si curva su di sé, si piega sul proprio ego.
La conversione, allora, è il processo di raddrizzare la vita: non con moralismi, ma con amore.
Giovanni non chiede perfezione, ma decisione.
Non chiede sforzi titanici, ma sincerità.
“Fate un frutto degno di conversione” significa: lasciate che il cambiamento interiore diventi visibile, concreto, quotidiano.
La fede non si misura a parole, ma a gesti: relazioni riconciliate, perdoni offerti, scelte oneste, cura degli altri.
Il Vangelo di oggi è un colpo diretto alla spiritualità di facciata.
Quando Giovanni vede venire al Giordano farisei e sadducei — i rappresentanti della religione ufficiale — non li accoglie con diplomazia:
“Razza di vipere! Chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente?”
Non è un insulto, è una scossa.
Li chiama serpenti perché la loro fede è velenosa: fatta di parole, ma senza conversione.
Giovanni smaschera la malattia dell’ipocrisia religiosa, quella che separa la liturgia dalla vita, la devozione dall’etica, la fede dall’amore.
La Domenica di Tuttosanità ci invita a riconoscere che anche noi rischiamo di costruirci un’immagine di cristiani “corretti”, ma con il cuore lontano.
La conversione che guarisce non è cambiare comportamenti esteriori, ma lasciarsi guarire dentro, accettare che Dio metta le mani nella parte ferita della nostra storia.
Dio non vuole santi di superficie, ma cuori veri.
La Parola di oggi è una medicina amara ma necessaria: toglie le maschere per restituirci la salute della verità.
Giovanni parla anche di fuoco e di Spirito: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.”
È l’immagine della trasformazione, non della distruzione.
Il fuoco di Dio non brucia per punire, ma per purificare: toglie il falso per rivelare l’oro.
Ogni conversione è un passaggio attraverso questo fuoco: fa male, ma illumina; spaventa, ma libera.
La vera guarigione non consiste nell’evitare il dolore, ma nel lasciarsi bruciare da un amore più grande del proprio male.
Solo così l’anima ritrova lucidità, forza, pace.
La conversione non è un peso, ma un dono: è Dio che viene a rifare il cuore, a ridargli respiro.
Ogni Avvento è un invito a fare pulizia dentro: non per paura del giudizio, ma per spazio all’amore.
La conversione è una parola terapeutica, non moralistica.
È l’inizio di una salute nuova: quella del cuore libero.
Giovanni non dice “siate perfetti”, ma “siate pronti”.
Il Signore è vicino, e la guarigione non si compra, si accoglie.
L’unica cosa che ci chiede è di non opporre resistenza, di non restare chiusi nella paura, di lasciarci toccare dal suo sguardo.
Il Battista ci invita a entrare in una sorta di “riabilitazione spirituale”: un percorso che ripristina la capacità di amare, di ascoltare, di credere nella novità di Dio.
Solo chi si lascia guarire dalla Parola potrà davvero riconoscere il volto di Cristo quando verrà.
Per riflettere: Dio non riforma, risana
La voce di Giovanni non è un rimprovero, ma una promessa: Dio viene per guarire.
Non per giudicare chi è malato, ma per sanare chi si riconosce bisognoso.
Il deserto in cui Giovanni predica non è un luogo di morte, ma di rinascita.
La conversione, in fondo, è tornare alla vita.
È smettere di fingere di stare bene e lasciarsi curare.
È riconoscere che il cuore si era indurito, ma che può tornare tenero.
È scoprire che Dio non riforma con la legge, ma risana con la misericordia.
Chi ascolta oggi la voce del Battista si accorge che la Parola non giudica, ma guarisce.
Che il deserto non è punizione, ma possibilità.
Che il fuoco di Dio non brucia per distruggere, ma per far risplendere ciò che siamo davvero: figli amati, redenti, guariti.



