
Vangelo in Salute, la Parola che cura: “Simone mi ami tu…”
29 Giugno 2025Quando amare significa guarire e guidare. Ma siamo disposti a farci medicare dal Vangelo?
Nel cuore della solennità dei Santi Pietro e Paolo, padri della Chiesa e testimoni instancabili del Vangelo, ci è donata una Parola che non consola soltanto, ma interroga, provoca, guarisce. Il brano di Giovanni (21,15-19) è un testo profondamente terapeutico, un dialogo tra il Risorto e Pietro che si sviluppa come una visita d’anima, come un confronto clinico tra ferite e futuro.
Gesù, risorto e vivente, non ignora la caduta di Pietro. Non sorvola sul rinnegamento, ma lo trasforma in medicina. “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” È una domanda ripetuta, scandita, insistente. Non per ferire, ma per disinfettare la ferita. È come se Gesù, medico delle anime, riaprisse la piaga per guarirla in profondità. Le tre domande per le tre negazioni: non un conto da pareggiare, ma un amore da restaurare.
Questa scena è la clinica del cuore umano, ed è anche la terapia per la comunità credente. L’amore che Gesù chiede a Pietro non è idealizzato, ma incarnato: “Pasci le mie pecore.” Il mandato non si riceve perché si è perfetti, ma perché si è guariti. L’apostolo è colui che ha sperimentato la propria debolezza, ha pianto amaramente, ed è stato rialzato dal Signore. Solo chi si lascia curare dalla Parola può curare gli altri.
In un’epoca che idolatra l’efficienza, la produttività, l’immagine, questo Vangelo ci ricorda che il Signore costruisce la sua Chiesa non sulla bravura, ma sulla verità del cuore. Pietro non è un leader infallibile, ma un uomo guarito. È questa la vera salute: riconoscersi bisognosi di cura, accogliere l’amore che guarisce, e trasmetterlo con umiltà.
E noi? Siamo ancora capaci di farci guarire dalla Parola? Ci lasciamo interrogare da Cristo o preferiamo un Vangelo sedativo, che non disturba, che non chiede, che non ferisce? Il rischio di un cristianesimo anestetizzato è quello di parlare d’amore senza viverlo, di annunciare una salvezza che non passa più per la croce.
Questa “Domenica di Tuttosanità” non è un’iniziativa sanitaria, ma una provocazione spirituale: c’è una salute dell’anima che ci sfugge, ma che il Vangelo ci promette. È quella che nasce dall’amore ricevuto e restituito, come Pietro. È quella che non ha paura di riconoscere le proprie cadute. È quella che, anche oggi, ci chiede con dolce fermezza: “Mi ami tu?”
Solo una risposta sincera può rimetterci in piedi. E guarirci.