Sindrome dell’ovaio policistico aumenta il rischio di eventi cardiovascolari maggiori

Sindrome dell’ovaio policistico aumenta il rischio di eventi cardiovascolari maggiori

23 Giugno 2022 0 Di La Redazione

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disordine metabolico sostenuto da difetti nella secrezione e nell’azione dell’insulina, che portano a un aumentato rischio di diabete mellito tipo 2 (DM2). «Oltre all’insulinoresistenza, le donne affette da PCOS presentano una serie di fattori di rischio metabolico e vascolare, tra cui obesità centripeta, ipertensione arteriosa e dislipidemia» aggiunge Cecilia Motta, UOC Endocrinologia, Dipartimento Medicina Clinica e Molecolare, AO Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma.
«È stato dimostrato che, in queste pazienti, sono aumentati i marcatori surrogati di rischio cardio-vascolare (CV); tuttavia non è ancora noto se queste alterazioni portino realmente a un maggior numero di eventi CV e, conseguentemente, ad aumentata mortalità». È stato pubblicato di recente uno studio condotto da tre autori, due dei quali fanno capo a “Pharmaintelligence”, azienda con sede a Cardiff di data science nel settore sanitario. Si tratta, descrive Motta, di uno «studio di coorte retrospettivo. Le informazioni sono state estratte da una banca-dati sull’assistenza primaria nel Regno Unito (ClinicalPracticeResearchDatalink-CPRD-Aurum database, data-base di ricerca longitudinale e anonimo derivato da 883 studi di medici di base, collegato ad altre fonti di dati, fra cui l’Hospital EpisodeStatistics, che fornisce dati su ricoveri e accessi negli ambulatori del Sistema Sanitario Nazionale e l’Office for National Statistics, che fornisce dati sulla mortalità)». Questii criteri di inclusione: «pazienti di età ≥ 18 anni, con diagnosi di PCOS posta fra il 1998 e il 2017»; di esclusione: «soggetti che avessero una diagnosi di evento CV prima della data di inizio dello studio» e le caratteristiche del gruppo di controllo: «le pazienti sono state accoppiate con rapporto 1:1 a una serie di donne, abbinate per età e body mass index (BMI)». Obiettivo?«Valutare la differenza nell’incidenza di eventi CV maggiori fra donne con PCOS e controlli fra il 1998 e il 2019: 1) outcome primario: tempo trascorso fino all’eventuale evento CV maggiore (composito di infarto miocardico — IM —, ictus, angina, rivascolarizzazione e mortalità CV); 2) outcome secondari: i singoli eventi CV».
Motta riferisce i risultati. «Sono state incluse 174 660 donne affette da PCOS, abbinate ai controlli. L’età mediana era di 29 anni (range interquartile 24-34) per entrambi i gruppi. Si sono osservate differenze statisticamente significative fra i due gruppi nella prevalenza dei seguenti parametri (risultata maggiore nel gruppo PCOS): obesità grave, ipertensione, pregressa abitudine al fumo, utilizzo di alcool. Al basale, il 3.09% delle PCOS era già affetta da DM2 rispetto all’1.22% dei controlli (P < 0.001); inoltre vi erano più pazienti con anamnesi di IM (0.10% vs 0.05%; P < 0.001)»Il follow-up mediano è stato di 3.83 anni per le pazienti e di 3.0 anni per i controlli. Rispetto all’outcome primario, riprende Motta, «si sono avuti 804 eventi CV nel gruppo PCOS rispetto a 522 eventi nel gruppo di controllo, con rischio relativo (RR) di 1.29 (IC 95% 1.15-1.44, P < 0.001) e adjustedHazard Ratio (HR) di 1.26 (IC 95% 1.13-1.41). Le variabili che presentavano un peso significativo nel modello erano fumo, età, BMI, DM2, pressione sistolica e una misura di povertà (quintile-IMD, Index of Multiple Deprivation). In un’analisi di sensibilità che escludeva eventi incidenti entro 3 mesi dalla data indice, l’HR è rimasto significativo a 1.33 (IC 95% 1.14-1.55); in un’analisi di sensibilità che ha seguito le pazienti sulla base dei dati estrapolati dai data-base di cure secondarie, RR e HR erano entrambi aumentati (1.50, IC 95% 1.37-1.63 e 1.40, IC 95% 1.28-1.53, rispettivamente). Inoltre, nel modello statistico tempo-dipendente, vi era un incremento del rischio dell’1% per ogni kg di peso in più (HR 1.01, IC 95% 1.00-1.01, P < 0.001)». Rispetto all’infarto miocardico, specifica Motta, vi sono stati «221 casi nel gruppo PCOS rispetto a 129 nei controlli, con RR di 1.43 (IC 95% 1.15-1.78, P < 0.001) e adjusted HR di 1.38 (IC 95% 1.11-1.72); anche in questo caso le variabili con peso significativo erano età, fumo, DM2, quintile-IMD e pressione sistolica. Nell’analisi di sensibilità che escludeva gli eventi incidenti entro 3 mesi dalla data indice però l’HR ha perso la significatività, mentre nell’analisi di sensibilità aggiuntiva sui dati delle cure secondarie, RR e HR erano significativamente aumentati (1.69, IC 95% 1.42-2.01 e 1.53, IC 95% 1.29-1.83, rispettivamente)». Passando a esaminare l’ictus – riporta Motta – sono stati registrati «267 casi nel gruppo PCOS rispetto a 209 tra i controlli, con RR non significativo di 1.07 (IC 95% 0.92-1.32, P = 0.49), mantenutosi non significativo anche escludendo gli eventi occorsi nei primi 3 mesi. L’HR non è stato calcolato. Al contrario, nell’analisi di sensibilità aggiuntiva sui dati delle cure secondarie, RR e HR erano significativamente aumentati (1.33, IC 95% 1.16-1.53 e 1.26, IC 95% 1.10-1.45, rispettivamente)». Si sono inoltre avuti 319 casi di angina nel gruppo PCOS rispetto a 161 tra i controlli, con RR 1.65 (IC 95% 1.37-2.00, P < 0.001) e adjusted HR 1.60 (IC 95% 1.32-1.94). L’HR è rimasto significativo nell’analisi di sensibilità che escludeva gli eventi entro 3 mesi (2.01, IC 95% 1.53-2.64), come anche nell’analisi dei pazienti sulla base dei dati delle cure secondarie: RR 1.81 (IC 95% 1.56-2.09) e HR 1.67 (IC 95% 1.44-1.94). In riferimento alla rivascolarizzazione, continua la specialista, «vi sono state sottoposte 102 pazienti nel gruppo PCOS rispetto a 58 tra i controlli, con RR 1.46 (IC 95% 1.06-2.02, P = 0.019) e adjusted HR 1.50 (IC 95% 1.08-2.07). L’HR perdeva la significatività escludendo i casi entro 3 mesi, mentre RR e HR erano significativamente aumentati analizzando solo i dati delle cure secondarie: 1.30 (IC 95% 1.01-1.66) e 1.26 (IC 95% 0.98-1.62), rispettivamente». Infine, i dati di mortalità CV: «68 decessi nel gruppo PCOS rispetto a 63 tra i controlli, con RR non significativo e HR non calcolato. Il RR rimaneva non significativo anche analizzando solo i dati delle cure secondarie».
«In questa ampia analisi retrospettiva il rischio di eventi CV maggiori era significativamente aumentato nelle donne con PCOS rispetto ai controlli. Il rischio è risultato aumentato sia per l’end-point primario composito, sia per infarto, angina e rivascolarizzazione analizzati singolarmente; pertanto, sulla base di questi risultati, la PCOS andrebbe considerata come una patologia ad alto rischio CV» commenta Motta.«Il fatto che al basale le pazienti presentassero un rischio significativamente aumentato di avere già una diagnosi di DM2, IM, ictus e angina, contrasta con i risultati di un altro studio in cui si era confrontata la prevalenza di malattie CV tra 11 035 donne con PCOS e 55 175 controlli di pari età in un sistema integrato di assistenza sanitaria nel nord California (Lo JC, et al. J ClinEndocrinolMetab 2006): nonostante una maggiore frequenza di DM2, ipertensione e dislipidemia nelle donne con PCOS, la prevalenza di malattia CV era uguale fra i due gruppi. Anche studi longitudinali non erano riusciti a confermare un aumento dell’incidenza degli eventi CV in donne con PCOS, probabilmente poiché sotto-dimensionati a causa del basso rischio assoluto di eventi CV in questa popolazione femminile giovane. Gli stessi autori» osserva l’esperta «in un precedente studio eseguito sempre su dati estrapolati dallo stesso data-base di cure primarie, non avevano riscontrato alcuna evidenza di aumentata incidenza di malattie dei grandi vasi in donne con PCOS (Morgan CL, Jenkins-Jones S, Currie CJ, Rees DA. J ClinEndocrinolMetab 2012), ma in tal caso il numero delle pazienti studiate era notevolmente inferiore (n = 21 740), con incidenza grezza di eventi CV bassa, dato che riflette la giovane età media della coorte e il follow-up relativamente limitato. Uno studio danese sempre basato su registri (Glintborg D, et al. CardiovascDiabetol 2018), che aveva coinvolto 18 112 pazienti e 52 769 controlli, aveva invece riscontrato un adjusted HR per evento CV incidente di 1.4 (IC 95% 1.3-1.5) in donne con PCOS rispetto ai controlli, ma, nella definizione di evento CV, erano incluse anche trombosi venosa/polmonare, embolia o prescrizione di farmaci per dislipidemia o ipertensione». Contrariamente alla morbilità, nello studio non è stato riscontrato un aumento del rischio di mortalità CV, rileva Motta. «Sono quindi necessari studi ampi e un più lungo periodo di follow-up per poter trarre conclusioni significative» afferma.
«Gli autori inoltre hanno eseguito un’analisi per valutare se il progressivo incremento ponderale potesse aumentare il rischio di eventi CV: peso, DM2 e “basso stato sociale” sono fattori di rischio significativi, con incremento del rischio dell’1% per ogni kg in più di peso. Le linee guida internazionali sulla PCOS raccomandano di valutare i fattori di rischio CV nella gestione a lungo termine (Teede HJ, et al. ClinEndocrinol 2018). Nonostante i dati di questo studio forniscano prove di un aumento del rischio CV, vale la pena sottolineare che comunque il rischio assoluto rimane basso, pertanto non è del tutto chiaro se e come eseguire uno screening, che sarebbe vantaggioso solo se portasse all’identificazione di fattori di rischio suscettibili di modifiche. In una situazione a basso rischio, uno screening di popolazione potrebbe invece essere costoso, di bassa resa e potenzialmente dannoso per over-diagnosi. Sarebbe quindi necessario uno studio randomizzato di screening e modifica dei fattori di rischio cardio-metabolico in queste pazienti, ma è quasi impossibile da eseguire visto il tempo di follow-up che sarebbe necessario. In assenza di certezze, i medici possono intanto informare le pazienti del loro aumentato rischio cardio-metabolico e consigliare di agire ove possibile sui fattori di rischio modificabili, quali fumo, peso e pressione arteriosa. Punti di forza di questa analisi sono sicuramente l’ampia dimensione del campione, il disegno controllato, l’aggiustamento per BMI e il periodo di follow-up relativamente lungo (per il tipo di popolazione ma non certo per l’outcome che veniva indagato). Bisogna però sottolineare» precisa la specialista «che, trattandosi di un’analisi di registri, vi sono dati mancanti e incompleti ed errori nelle codifiche delle patologie; per esempio, il BMI non era disponibile in un terzo dei casi, fattore che pone dubbi su come i dati siano stati “controllati” per il peso. Gli autori riferiscono di aver ovviato a questo problema non considerando il BMI come variabile continua, ma suddividendo i valori in categorie, includendo anche una categoria “mancante”. Non vi sono dati su circonferenza vita e fianchi, che avrebbero potuto offrire dettagli maggiori sul rischio legato alla diversa distribuzione del grasso nelle donne con PCOS. Non da ultimo, anzi forse aspetto di maggior rilevanza, non sono presenti dati sui diversi fenotipi di PCOS, sulle differenze etniche e sulle donne in menopausa (questi ultimi non avrebbero potuto essere raccolti nella popolazione oggetto di questa indagine, viste le sue caratteristiche anagrafiche)». In conclusione, osserva Motta, «in questo studio si è riscontrata una incidenza più elevata di eventi CV maggiori in donne con PCOS, con un rischio assoluto che rimane comunque relativamente basso, anche dovuto al fatto che la popolazione in analisi è relativamente giovane; rimangono comunque numerose domande e dubbi, che si potranno chiarire solo con studi ampi, con follow-up maggiore e su una popolazione con disponibilità di maggiori informazioni cliniche rispetto a quelle ottenibili da un database».

 

 

 

Fonte:http://www.doctor33.it/cardiologia/sindrome-dellovaio-policistico-aumenta-il-rischio-di-eventi-cardiovascolari-maggiori/?xrtd=TCRCSYAAYXVACLLAYCATSAA