Sanità, Italia divisa in due anche sui fondi per ricerca e cura

“Il finanziamento della Ricerca Corrente avviene annualmente dopo la verifica delle attività scientifiche di ricerca, assistenziali e di collaborazione con altri enti a livello nazionale e internazionale svolte nell’anno precedente attraverso l’utilizzo di parametri competitivi previsti dalla Programmazione triennale degli IRCCS 2022-2024”. Questa, fra le altre, una delle note esplicativa diramata dal Ministero della salute nel presentare i finanziamenti concessi agli istituti di ricerca scientifica a carattere medico.

“Le risorse finanziarie – aggiungono dal Ministero – disponibili per l’anno 2024 per l’attività di ricerca corrente, ammontano complessivamente a euro 179.012.315,95, ripartiti in euro 125.774.053,19 per gli IRCCS di natura Monotematica e euro 53.238.262,76”.

Infine: “Le risorse erogate, sulla base delle performance dei singoli istituti,  sono comprensive di euro 10.086.890,00 assegnate a ciascun IRCCS risultato eleggibile a seguito della partecipazione a progetti congiunti europei nell’ambito di call competitive e di attività bilaterali del Ministero affari esteri e commercio internazionale (MAECI)”.

Nel merito nulla da eccepire, solo due piccole note di commento accompagnate da una rilevazione: la stragrande maggioranza delle strutture ammesse a finanziamento sono concentrate nel Centro-Nord del Paese; i finanziamenti più corposi hanno preso sempre la stessa direzione; all’Istituto oncologico “Pascale di Napoli poco più di 4 milioni, almeno il doppio per almeno due centri del Nord di analogo indirizzo.

Ora, se alla prima osservazione si può, legittimamente per carità, obiettare che si è trattato di scelte “politiche” e di miopia delle classi dirigenti (miopi tutti concentrati al Sud del Paese ndr.) dalla seconda scaturisce un dubbio che ci dovete consentire di sollevare: è così grande la distanza che separa  i centri di ricerca e cura del Nord da quelli del Sud? Perché se è cosi – con tutto il rispetto per strutture ed operatori degli istituti meridionali che si dannano l’anima per assistere, curare e fare ricerca – chiudiamoli ed organizziamo ancora meglio i tristi viaggi della speranza dei malati di cancro che sono nati nel “posto sbagliato”. Almeno questo!

Una provocazione la nostra? Certamente ma, senza dimenticare che, già oggi e senza autonomia differenziata, le aride cifre ci consegnano il ritratto di un Paese diviso in due, anche sul fronte dell’assistenza e della cura. Con buona pace delle tutele costituzionali.