Salvatore Iermano, il teatro resta una delle ultime cose davvero umane che possediamo

Salvatore Iermano, il teatro resta una delle ultime cose davvero umane che possediamo

10 Agosto 2025 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

Doppiaggio, Cinema, Televisione e Teatro, Salvatore Iermano padroneggia sicuro tutte queste espressioni artistiche ma predilige il Teatro, soprattutto quello impegnato.

Nella sua importante esperienza formativa spicca fra tutte il seminario intensivo con Luca Ronconi al Piccolo di Milano. Che effetto le ha fatto confrontarsi con Ronconi in un teatro così ricco di suggestioni?

Credo che nel percorso di ogni artista sia fondamentale avere la fortuna di incrociare la strada dei Grandi Maestri. In questo senso, mi sento davvero fortunato. Prima ancora del Piccolo, sono stati fondamentali gli anni di studio al Conservatorio Teatrale di Roma, diretto dal Maestro Giovanni Battista Diotajuti: un nome forse poco conosciuto ai non addetti ai lavori, ma che ha formato e lanciato tantissimi protagonisti del teatro, del cinema e del doppiaggio. Il Maestro Diotajuti è stato uno degli ultimi custodi della antica tradizione del Teatro all’Italiana, mi ha insegnato praticamente tutto quello che so, e gli sarò per sempre grato. Ho avuto poi il privilegio di essere diretto da Ronconi in occasione di un seminario intensivo, pochi mesi prima la sua morte. Affrontavamo l’opera di diversi autori, ricordo bene il lavoro sulle Operette Morali di Leopardi, le Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, e soprattutto la Venezia salva di Simone Weil.  Avevo chiara la sensazione di ricevere delle lezioni preziosissime, riempii pagine e pagine di appunti, in particolar modo sulla ricerca di aderenza tra suono e senso. Persona profondissima e di grande umanità, mi colpì molto il suo modo di relazionarsi a noi giovani attori: rigoroso ma accogliente, cercava di creare una relazione di ascolto con ognuno di noi. Ci faceva sentire a nostro agio, eppure noi eravamo letteralmente gli ultimi arrivati, mentre lui un mostro sacro. Fu per me un grande esempio di umiltà.

Lei ha fatto teatro, cinema e televisione. Quale di questi linguaggi le è più congeniale?

È molto difficile rispondere a questa domanda: sono tre codici molto diversi, e in ognuno ritrovo elementi di sfida ed altri a me più congeniali. Ammetto però che nel cinema e nella televisione le attese tra un ciak e l’altro possono essere davvero lunghe e snervanti. In quei casi, per esempio, la difficoltà sta nel recuperare in pochissimo tempo tutte le energie fisiche, emotive, mentali e farsi trovare pronti. Mi diverto molto in tutti e tre: un attore deve saper fare tutto, ma se proprio devo scegliere, scelgo il teatro. Cent’anni fa ha avuto inizio l’epoca della riproducibilità tecnica dell’arte. Il teatro, fondato sul rapporto diretto tra l’attore e il pubblico, tra l’attore e i compagni di scena, tra evento scenico e contesto, è per sua natura qualcosa di irriproducibile. Il suo essere, insomma, qui e ora, ci fa pensare a una faccenda vecchia e sconveniente, ma resta una delle ultime cose davvero umane e vitali che possediamo. L’uomo-l’umanità r-esiste solamente se respira questo incontro tra viventi, ne sono sinceramente convinto.

Il suo ritorno in Campania è coinciso con l’inizio della sua collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Ho la fortuna di collaborare con la Professoressa Maria Pia Pagani, docente di Discipline dello Spettacolo, in qualità di consulente nell’ambito del progetto di ricerca PRIN PNRR 2022 Open Air Theatres in Italy. Si tratta di un progetto a cui tengo molto, che unisce rigore scientifico e apertura dell’Ateneo al pubblico. Insieme alla Professoressa abbiamo progettato tantissime iniziative incentrate sul teatro all’aperto: passeggiate letterarie, seminari, workshop, incontri di artisti e maestranze con gli studenti, ma anche attività di outdoor education e uno spettacolo di teatro ecologico, che ho scritto e presentato in anteprima nazionale al Real Orto Botanico, in occasione di Planta 2025. Alcune di queste attività sono state possibili anche grazie alla collaborazione con alcuni dei più importanti teatri non solo napoletani: Mercadante, Galleria Toledo, Sala Assoli, ma anche lo Stabile del Veneto. È un progetto molto prestigioso, e poi mi ha permesso di tornare a casa dopo tanti anni, facendo quello che amo.

Cosa bolle in pentola per quel che attiene ai suoi progetti futuri?

In questi giorni sto lavorando a un dramma storico: “L’ultimo dubbio di Pisacane”, diretto da Paolo Capozzo, con Maurizio Picariello e le musiche di Carlo Maria Todini. Ispirato alla vera storia dello sbarco di Sapri, andrà in scena nella cittadina cilentana il 23 agosto. Mi sto anche preparando per “Il giorno dell’indipendenza”, un monologo intenso, scritto e diretto da Antonio Mocciola. Si tratta della confessione a tinte molto forti di un femminicidio, da un punto di vista inedito ed estremamente particolare. Credo molto in questo progetto, non solo per il valore dei temi che affronta, ma anche perché è particolarmente sfidante anche da un punto di vista attoriale in quanto il protagonista del monologo ha una mente disturbata e il testo richiede il nudo integrale per tutta la durata dello spettacolo. Andrò in scena il 20 e il 21 settembre, al Teatro dei Lazzari Felici di Napoli.

E poi ci sono un altro paio di progetti, tra spettacoli e laboratori, che mi vedranno impegnato nei prossimi mesi tra Napoli, Roma, Avellino e Sorrento… insomma… passerò Ferragosto in mezzo ai copioni.

 Cosa fa per mantenersi in forma? Dieta, attività fisica o entrambe?

Lo confesso, non faccio molta attività fisica. Forse perché sono spesso in giro per lavoro, ma nel tempo libero preferisco restare a casa a guardare un film o leggere. Mi piacciono molto il trekking e la pallacanestro, ma li pratico davvero saltuariamente. Non seguo una dieta specifica: a tavola mi limito a non esagerare con le porzioni. E anche se talvolta me ne dimentico e cedo alla tentazione della gola, il mio reflusso gastrico interviene prontamente a ricordarmelo.