«Quis ut Deus?», il richiamo di San Michele alla fragilità dell’uomo

«Quis ut Deus?», il richiamo di San Michele alla fragilità dell’uomo

28 Settembre 2025 Off Di Aniello Clemente

Nel mondo si sente urgente l’urgenza di riscoprire i valori della fratellanza, della riconciliazione, e giunge quanto mai opportuno poter percorrere sul Monte Faito “il Cammino dell’Angelo”, che ci ricorda la millenaria storia di amicizia dei santi patroni Catello e Antonino, rispettivamente di Castellammare di Stabia e Sorrento. Il pellegrinaggio risale a una tradizione che risale al VI secolo, quando sul “Monte Aureo” (antico nome del Monte Faito) si raccoglievano in preghiera i due amici San Catello e Sant’Antonino; quest’ultimo, scappato dall’abbazia di Montecassino a seguito del saccheggiamento da parte dei longobardi, verso la fine del VI secolo, arrivò a Stabia, dove il vescovo del tempo, Catello, con il quale aveva stretto una profonda amicizia, gli affidò la diocesi, per ritirarsi alla vita contemplativa sul monte Faito; poco dopo le parti si invertirono ed Antonino si trasferì sul monte, vivendo in solitudine in una grotta e cibandosi di erbe. Ben presto anche Catello ritornò sul monte, sia per il desiderio di continuare una vita in meditazione, sia per seguire buona parte della popolazione della zona, che a causa delle incursioni longobarde, aveva deciso di rifugiarsi sulle pendici della montagna. Una notte, San Michele Arcangelo apparve in sogno ai due santi, ordinando loro la costruzione di una cappella in suo onore: in poco tempo, sulla cima più alta dei monti Lattari, ossia Monte Sant’Angelo (conosciuto anche con il nome di “Molare” per la sua forma), fu costruito un primo tempio in legno. Con il passare degli anni il tempio divenne uno dei più importanti d’Europa, meta di numerosi pellegrini, tant’è che si celebrava la messa ogni giorno e nel 1392 era già stato riconosciuto con il titolo di abazia.

L’appuntamento con il principe degli Angeli può essere un’occasione più che propizia in quest’anno giubilare dedicato alla speranza. San Michele ci ricorda: «Quis ut Deus?,”chi è come Dio?”». Secondo la fede cristiana, alla fine dei giorni, san Michele Arcangelo è destinato a squillare la tromba annunciatrice del gran giudizio finale, quando, dopo aver ricapitolato ogni cosa in Cristo, il Regno dei cieli verrà riconsegnato da Gesù Cristo a Dio Padre per l’eternità. La spada che impugna rappresenta la potenza di cambiamento e di liberazione, ma anche la capacità di discernere e di distinguere tra il bene e il male.

Oggi, domenica 28 settembre, alle ore 18,00 l’appuntamento per ammirare il sole che fa capolino dietro le cime del Monte Faito, da un luogo di ineguagliabile bellezza, per godere la bellezza del Creato, sentirsi in pace col mondo intero e partecipare con cuore grato alla celebrazione eucaristica presieduta da Sua Eccellenza Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, che da qui annunciò l’Anno Giubilare concesso da Papa Leone XIV, in occasione del 75° anniversario della consacrazione del Santuario (20 settembre 1950- 2025). Oggi è un giorno speciale perché, per disposizione di papa Leone XIV è possibile vivere la grazia di lucrare l’indulgenza plenaria come si evince dalla locandina.

I sentieri che portano al Santuario saranno percorsi da centinaia di fedeli che ci ricordano il nostro statuto di “Homo peregrinus e homo viator” pellegrini e viandanti in viaggio verso l’Eterno.