Quello che la stampa in Livrea non dice

Quello che la stampa in Livrea non dice

28 Ottobre 2025 Off Di Rosario Salerno

I fatti risalgono al 2009, quando l’allora amministrazione comunale, pubblica  comunicando la legge regionale n.19, la così designata legge piano-casa, che consentiva di realizzare un progetto di housing sociale dando quindi la possibilità ad ogni Comune di individuare un’area dove poterla realizzare.

L’area che venne individuata era classificata come zona C2 con la previsione di realizzare case, e all’epoca venne indicata in zona Via San Martino, con 2 delibere: una del 2010 con cui si identificava la zona secondo la legge 19 e l’altra del 2011 stabilendo che si poteva realizzare un programma di housingsociale realizzando appartamenti e soddisfare così la domanda di casa da parte dei cittadini.

Il Comune di Sant’Agnello decide giustamente di farla realizzare nella zona di via M.B. Gargiulo dove già era previsto un Peep.

La realizzazione del progetto di housing sociale, avrebbe permesso al Comune di Sant’Agnello di non sostenere alcun investimento economico, né tantomeno di fare mutui a carico della collettività, procedendo a redigere un bando pubblico per assegnare case con prezzi contenuti, con un sorteggio pubblico trasparente e una graduatoria pubblica secondo i criteri adottati per le cooperative e cioè con determinati requisiti quali: di essere in maggioranza nuclei familiari di Sant’Agnello con residenza da più anni, di non possedere un’altra proprietà immobiliare e di avere un reddito non alto.

Una cosa importante da dire, rispetto alle tante denunce del WWF, è che l‘ agrumeto alle spalle del futuro complesso edilizio che si sarebbe dovuto costruire (come poi è stato fatto), e’ rimasto tuttora conservato, e successivamente sarebbe dovuto diventare un parco pubblico con la libera fruizione da parte di tutti i cittadini di Sant’Agnello.

Il Comune dà quindi il placet al piano, e si avvia l’iter con una serie di verifiche da parte dell’ ufficio tecnico che stabiliscono che questo progetto è compatibile con la normativa vigente per cui si procede alla sua applicabilità. In una seconda fase compare la SHS che si affianca ai proprietari del terreno.

Il primo progetto risale al 2014 e viene trasmesso alla Sovrintendenza che lo ritiene molto più ampio di quello che poi è stato realizzato e non compatibile col PUT per vincolo ambientale per cui viene bocciato evidenziando che poteva essere preso in considerazione un progetto di minore volumetria e minore impatto ambientale.

Pertanto, viene ripresentato un progetto più ridotto rispetto a quello originario e questa volta la Sovrintendenza l’approva sostenendo che questa versione ridimensionata è compatibile col prg e con il Put.

Fatto ciò, il progetto viene inviato agli organi superiori per i pareri di competenza e la Provincia di Napoli che può dare un parere consultivo fa un’osservazione sostenendo di valutare la compatibilità di questa norma con il PUT perché la legge 19 non è applicabile là dove persistono i vincoli del PUT.

Per maggiore cautela e tutela, viene richiesto un parere all’avvocato convenzionato con il comune il Prof. Pinto, il quale sostiene che in quel momento storico la legge 19 è applicabile al caso ed è possibile applicarla anche nelle zone sottoposte a vincolo del PUT.

Per un’altra legge simile, la 15 che riguarda i sottotetti però era sorto un conflitto innanzi alla Corte Costituzionale per cui l’Avv. Pinto, evidenzia che l’eventuale parere negativo della Corte per l’ altra legge in futuro avrebbe potuto aprire nuovi scenari, ma che in quel momento era pacifica l’applicazione della legge 19 al piano di housing sociale tanto e’ vero che la legge 19 e’ stata dichiarata anticostituzionale solo nel 2021 per cui prima era applicabile.

Seguono altri pareri e nel contempo viene stipulata la convenzione, e successivamente viene effettuato pubblicamente il sorteggio e iniziando l’iter dell’housing nel 2016, dopo il parere dell ufficio tecnico, del legale del Comune e della Sovrintendenza.

Dal 2016 al 2020 in fase di costruzione del complesso edilizio, sorgono i primi problemi con una serie di esposti da parte delle Associazioni Ambientaliste, con una serie di avvocati alle spalle, che sostenevano che la legge 19 non era compatibile con il PUT e l’ opera era illegittima.

In base a questi esposti alla Procura della Repubblica, dispone due deleghe di indagini: nel 2017 e nel 2019, chiedendo ai Carabinieri di acquisire tutti gli atti e le procedure, nominando due consulenti che verificano tutte le procedure istituite, ritenendo la legittimità e le regole applicate, archiviando gli esposti.

La prima domanda sorge spontanea: “La procura, avendo nominati dei propri tecnici, se gli stessi avessero trovato delle incongruenze o illegittimità in atti, o addirittura permessi inevasi o contraddizioni in termini, di certo la costruzione non sarebbe mai stata effettuata, non credete?”

Si sarebbe bloccato tutto senza il coinvolgimento dei cittadini, senza esborsi di denaro.

Improvvisamente si giunge al paradosso legale. La Procura non paga di ciò quanto accaduto con i due consulenti precedenti, nomina un terzo PM, il quale a sua volta nomina un altro consulente, rimettendo tutto in discussione e sequestrando l’intero fabbricato.

SIAMO ALLA FARSA. SIAMO AL TEATRO DELL’OPERA BUFFA.

Nel contempo, il Comune di Sant’Agnello, diede incarico di consulenza, ad un illustre urbanista il Prof. Riano, per verificare la legittimità dell’ opera.

Il suo parere fu che nella seconda versione ridotta quella approvata dalla sovrintendenza non si era usufruito della legge 19 e quindi in deroga al Put e il permesso a costruire era compatibile al prg e al Put.

Pertanto, dal 20 febbraio 2020, inizia l’iter giudiziario con contestazione di abuso edilizio, falso e abuso d’ufficio, escludendo reati frequenti nelle pubbliche amministrazioni come la corruzione o altro, e inizia il calvario delle famiglie che, a pochi giorni dall’inaugurazione, avevano lasciato le loro case non essendone proprietari per trasferirsi nell’housing. Invece si sono ritrovate a vivere dei mesi in situazioni disastrose.

Occorre rimarcare una fase importante in tutto questo discorso e cioè che le persone assegnatarie, da persone perbene, hanno rispettato le decisioni della magistratura e nessuno di loro è entrato nelle case quando erano sottoposte a sequestro.

Iniziano i ricorsi al Tribunale del Riesame, il quale in un primo caso ha dichiarato che il progetto era legittimo determinando di conseguenza il dissequestro dell’immobile, per cui le famiglie che vivevano in situazioni precarie e non avevano altre soluzioni hanno scelto di entrare nelle case confidando nella sentenza del tribunale del Riesame.

Gli assegnatari sono entrati in casa solo dopo la sentenza di un tribunale.

Il calvario non si è concluso, c’è stato un ricorso in Cassazione che ha annullato la sentenza del Tribunale del Riesame con la conseguenza di un secondo sequestro e di un primo ordine di sgombero.

Inizia, quindi, la fase degli incidenti di esecuzione: il primo giudice ha detto che le persone potevano restare nelle loro case fino alla sentenza di terzo grado, ma un nuovo ricorso in Cassazione ha prodotto un nuovo annullamento e il nuovo giudice di esecuzione ha rinviato tutto alla Cassazione e nonostante il procuratore della cassazione ha stabilito che non ci fosse un aggravio del carico urbanistico di fronte alle previsione di piano e la dimostrazione che nonostante gli assegnatari si sono insediati da diversi anni non sono state necessarie nuove opere di urbanizzazione primaria e secondaria e ne’ ci sono stati problemi di viabilità, di scarichi fognari e di rifiuti.

La Corte non entrando nel merito della legittimità dell’opera ma solo sulla possibilità del PM di operare il sequestro preventivo e lo sgombero, ha ritenuto inammissibile il ricorso per cui si attendono le motivazioni della Cassazione si è arrivati alla situazione di oggi.

Si vuole evidenziare che, il processo è ancora al primo grado di giudizio, sono stati sentiti tutti i testi del PM, ma non ancora quelli della difesa.

Seguiranno gli altri gradi di giudizio.

L’aspetto assurdo di questa vicenda è che c’è lo sgombero con un titolo edilizio ancora valido e mai revocato, ancora prima che si giunga al giudizio di primo grado che, anche se fosse negativo, prevede un secondo e un terzo grado di giudizio, per cui si potrebbe verificare la circostanza che le famiglie vengono sgomberate e che queste possano ottenere una sentenza favorevole alla fine del processo.

Poniamo il caso che tutto andasse in malora, che dopo tutti i gradi di giudizio venisse dimostrata l’illegittimità dell’opera, c’è sempre la possibilità che i manufatti vengano acquisiti al patrimonio comunale.

Ed allora, perché sgombrare? PERCHE’ LA PROCURA SI E’ RESA CONTO DI AVER FATTO UNA MAGRA FIGURA.