
Pronto soccorso, cresce il numero di specialisti ma il sistema resta in affanno
24 Giugno 2025In Italia, tra il 2011 e il 2023, i Pronto soccorso attivi sono scesi da 808 a 693, segnando una riduzione del 14% in dodici anni. Una fotografia in chiaroscuro quella scattata oggi dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS), della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, in occasione del Graduation Day per l’anno accademico 2023/2024. Meno strutture disponibili, dunque, ma contemporaneamente un aumento del numero di medici specializzati in Emergenza-Urgenza che lavorano in ogni unità di assistenza: da 3,8 a 6,9 per servizio, quasi un raddoppio. Parallelamente, cala anche il numero degli accessi ai Pronto soccorso, che passa da un tasso di 363 a 311 per mille abitanti nello stesso periodo.
Secondo l’analisi presentata — basata su dati della Ragioneria Generale dello Stato e dell’Annuario Statistico del Servizio sanitario nazionale — il numero complessivo di medici di Emergenza-Urgenza è passato da 3.033 nel 2011 a un picco di 5.217 nel 2018, per poi ridiscendere a 4.748 nel 2023, segnato dall’impatto della pandemia. A livello regionale, il peso degli specialisti varia molto: dal minimo dell’1% in Umbria, fino al 7% in Abruzzo, Calabria e Toscana. “I dati restituiscono uno scenario che sembra contro-intuitivo rispetto a quello che percepiamo quotidianamente, con lunghe attese e Pronto soccorso affollati”, commentano i ricercatori dell’ALTEMS. “Si tratta di un sistema più razionalizzato che depauperato: più personale specializzato e meno accessi, con la disponibilità di più medici a fronte di un minor numero di ingressi”.
Eppure, la situazione sul campo resta complessa. “Il sistema dell’Emergenza-Urgenza, come vediamo ogni giorno, è ancora sotto pressione. Servono risorse e riforme strutturali”, avverte Alessandro Riccardi, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza (SIMEU), sentito dall’ANSA. “Non basta dire che ci sono più specialisti: la realtà è che il fabbisogno reale non è ancora coperto. Ci sono differenze enormi tra regioni e perfino tra ospedali della stessa regione. In molte strutture si ricorre ancora troppo ai medici a gettone”. Secondo Riccardi, i casi di abbandono della professione da parte degli specialisti raccontano di condizioni lavorative difficili: “Non è solo una questione di numeri. Le condizioni nei Pronto soccorso rendono sempre più difficile restare senza il rischio di burnout”. Quanto alla riduzione dei Pronto soccorso, Riccardi invita a non vedere solo il lato negativo: “La chiusura di piccoli presìdi senza ospedale alle spalle non è necessariamente un problema. Anzi, può essere un’opportunità se porta a una razionalizzazione e a una migliore organizzazione del servizio, a patto che il 118 sia davvero efficiente”.