
Uomini, pollo indigesto e intelligenza artificiale
17 Maggio 202513 orizzontale: “danno da pollo”. Il paziente, in sala d’attesa, rifletté a lungo prima di scrivere. Aprì sul cruciverba il ventaglio della fantasia senza raggiungere una conclusione logica. Ricordò che sua madre escogitava cento stratagemmi per somministrargli il pollo nel tunnel della vita: dall’apparecchio che volava al treno che entrava in galleria e si faceva strada tra le tonsille d’Ercole. Le proteine animali erano, a quel tempo, necessarie e naturali. Annuì al suo pensiero e ricordò che aveva adoperato lo stesso metodo con i figli, una generazione per molti versi più dolce perché nutrita con le merendine alla crema e poco incline al pollo. Erano tempi moderni, l’aereo era un missile stratosferico e il treno l’accattivante “Rossa” di Maranello. Ma uguale il movimento di braccio e forchetta, l’identico percorso a mezz’aria disegnato dai suoi genitori. L’unico dubbio era l’identità proteica del pollo che somministrava. Un pollo non più palestrato e abbronzato al Sole mediterraneo ma trattato con ormoni, antibiotici e farine animali per un look liquido, una saponetta sciolta al calore della cottura.
La risposta all’enigma era racchiusa in sette lettere e lui scrisse sette lettere in altrettanti quadratini ma capì che, per questo problema, occorrevano altre soluzioni. Lasciò scivolare il cruciverba tra le mani e proiettò sul muro della immaginazione in rapida successione, paure antiche, notturni medioevali. Saturò i rivoli dell’ansia che gli scorreva lungo le vene del cervello con la certezza che ci sarebbe stata, comunque, una soluzione a un’eventuale pandemia virale da polli. Forse, un bagaglio farmacoterapico, allestito da una équipe di specialisti allenati nell’ intrecciare DNA e RNA in un papocchio ribosomiale con effetti digestivi o un salvagente di farmaci antivirali costosi, trasbordati dalla speculazione in fascia “C” con apposito decreto “Mangia pollo” riservato a coloro che se lo possono permettere.
Il poverino rifuggiva una simile soluzione per un senso di giustizia sociale che attribuiva a tutti il diritto alla vita e all’uso delle risorse disponibili.
“A tutti o a nessuno” pensò ipotizzando che la misura migliore fosse la soppressione di tutti i polli di terra, di mare e dell’aria. Uno stratagemma apocalittico ma necessario non esente dal rischio di un risultato incerto. Se dicono come dicono: il pollo fosse una stazione intermedia di un fenomeno, un incidente viscerale per il virus che triturato e restituito alla luce… evaso e datosi alla macchia avrebbe continuato a moltiplicarsi infettando altre specie animali e l’uomo.
In tutta questa storia c’erano pochi elementi che lo rassicuravano. Come un viandante smarrito interrogò la buona stella ma lo rassicurò lo sputo del camaleonte che digerì gli interrogativi in soluzioni demenziali cambiando colore secondo le convenienze.
Pollo più, pollo meno, tutto scorre nel grande libro di questa avventura che caratterizza il tempo moderno con il pericolo che una sorta di cannibalismo scientifico rimodellerà, in maniera imprevista, la catena genetica dei polli rendendoli animali con intelligenza artificiale.