Medicina, la debàcle della nuova prova di accesso: la pezza-sanatoria peggio del buco

Medicina, la debàcle della nuova prova di accesso: la pezza-sanatoria peggio del buco

21 Dicembre 2025 Off Di Prof. Giovanni Ponti

Quale lezione dal disastro dei test di Medicina?

I giovani, altro che “poveri comunisti inutili”: mancano il pensiero critico e insegnanti adeguatamente formati

del Professore Giovanni Ponti

Il disastro venuto fuori dagli esiti dei test di ingresso a Medicina impone più di una riflessione. Potremmo dire che è stata una sorta di lezione, da cui il Ministro, e con lei il Governo di cui è espressione, gli insegnanti, gli studenti e i genitori, tutti,dovrebbero trarre delle evidenze.

Molto è stato detto sulle parole che la Ministra contestata ha riservato agli studenti. Proprio il più alto esponente della cultura, che dovrebbe tutelare, ispirare e spronare i giovani, li ha insultati,dimenticando che il suo status imporrebbe imparzialità e autorevolezza, non veemenza e aggressività; vista anche la immensa disparità di ruolo e di potere, non c’era bisogno di questa sceneggiata, poiché è legittimo manifestare, è giusto che i giovani, i veri destinatari della nuova riforma dell’accesso a Medicina, possano esprimere le loro opinioni o le proprie lamentele contro la selezione, che essendo una scelta politica, divide naturalmente chi è d’accordo da chi non lo è. Tuttavia, il peggio deve ancora venire, perché se da un lato l’annunciata sanatoria è attesa e auspicabile, per riempire almeno i 20.000 posti messi a disposizione, e che rischierebbero di non essere coperti se si lasciasse l’accesso unicamente agli studenti che hanno superato tutti e tre gli esami previsti, dall’altro si pongono problemi di legittimità e di solidità giuridica circa il cambio delle regole in corso, oltre che di etica, di trasparenza, di parità di trattamento e certezze delle norme.

Detto questo, la lezione dovrebbe essere recepita anche dal mondo della scuola che è chiamata ad interrogarsi su quanto si possa implementare la formazione scientifica degli studenti, e non solo quella scientifica, con quali metodi e attraverso quali stimoli per gli insegnanti, che si trovano spesso a dover fare i burocrati e a gestire classi affollate, e a non disporre di corsi di aggiornamento per l’acquisizione di visioni pedagogiche avanzate, modalità di comunicazione innovative e attenzione alle qualità degli apprendimenti, piuttosto che all’istruzione di massa. Una delle problematicità preminenti riguarda proprio il modo i cui si insegnano le materie e, quindi, la formazione, anche universitaria,degli insegnanti sulla quale non si investe, tanto che parlare di pedagogia della secondaria di secondo grado in Italia appare una cosa da extraterrestri. Necessiterebbe una riforma complessiva che includesse i programmi scolastici, spesso talmente vasti da non consentire approfondimenti, ma unicamente la corsa per completare superficialmente il tutto: servirebbero contenuti selezionati ma più approfonditi che educhino i ragazzi ad indagare, analizzare, vagliare e ragionare.

Il sistema scolastico, a mio parere, è stato devastato anche dall’introduzione delle varie alternanze scuola-lavoro, soprattutto nella versione degli anni scorsi, che hanno distratto e distolto l’attenzione dalla vera missione della scuola, chiamata a formare i giovani studenti a 360 gradi, infondendo il sapere ed il pensiero critico, meno nozioni e più ragionamento. Se rinunciamo a formare menti che sanno pensare e non solo eseguire, rischiamo di impoverire il tessuto democratico e critico di una società”, ha recentemente scritto in una accorata lettera in difesa del liceo classico una neuropsichiatra al direttore del Corriere della sera.

La lezione è anche per gli studenti che essendo educati più a rincorrere le nozioni che il pensiero critico, hanno avuto performance migliori in biologia e chimica, più discorsive e, quindi, adatte a dei test di tipo nozionistico, rispetto alla fisica, che esige una lucida capacità di ragionamento e difficilmente si presta al tipo di test “a completamento”, purtroppo, previsto dai test di ammissione. La lezione agli studenti consiste anche nel messaggio che la preparazione ai test deve assolutamente iniziare molto prima del semestre filtro, già negli ultimi anni delle superiori, con la guida dei docenti e delle materie proposte, ma anche autonomamente e personalmente, approfondendo, e studiando seriamente tutte le materie, e particolarmente quelle fondamentali per il percorso scientifico impegnativo che si desidera intraprendere con la scelta della Facoltà di Medicina. Invece, negli ultimi anni, si ha l’impressione che gli studenti e le relative famiglie scelgono le svariate e plurime “curvature” e potenziamenti vari dei licei con l’intento di risparmiare materie “ostili”, piuttosto che mirare ad un percorso serio e comprensivo delle competenze umanistiche e scientifiche che, richiede sacrificio, impegno e autonomia dei giovani, unici artefici delle loro scelte, che vanno certamente guidati ma non caricati dalle ossessive aspettative genitoriali.

In sintesi, il nuovo test di ingresso mostra molte criticità, e nonostante la sua abolizione e l’ideale iscrizione aperta a tutti, non sarebbero oggi realizzabili, essenzialmente per la mancanza di aule, docenti ed adeguati posti di specializzazione, resta ingiusto e rappresenta un residuale retaggio della mentalità che lo ha generato nei primi decenni del ‘900. Ricordiamo che il sistema di selezione è stato recentemente introdotto con la legge 264 del 1999, per la quale il Consiglio di Stato aveva sollevato la questione di legittimità, risolta da parte della Corte Costituzionale nel 2013, ma precedentemente, fino al 1923, l’accesso alla facoltà medica era possibile solo ai diplomati al liceo classico; nello stesso anno furono estesi i requisiti di ammissione anche ai diplomati del liceo scientifico. Nel 1969 questo sistema fu scardinato e tutti i possessori di un diploma di maturità potevano presentare la domanda di ammissione.

Sarà possibile in futuro finanziare adeguatamente l’università italiana, la costruzione di aule, l’implementazione dei docenti e dei posti in scuole di specializzazioni, per poter ritornare al sacrosanto diritto di tutti di accedere alla formazione medica, affidando al superamento degli esami veri e propri la valutazione della preparazione? Sarebbe auspicabile e sarebbe un modo di onorare l’articolo 3 della nostra costituzione, soprattutto, nel nostro contesto italiano in cui attualmente la carenza di personale medico e infermieristico sono una vera e propria emergenza nazionale.