
Fadoi, Medicina interna: in Italia il 58% di reparti in overbooking
12 Maggio 2025Il 58% dei reparti di Medicina interna opera stabilmente in overbooking, cioè con un tasso di occupazione dei posti letto superiore al 100%. In molti casi, significa letti in corridoio e privacy ridotta a un paravento. Solo lo 0,46% dei reparti utilizza meno della metà dei propri posti. A peggiorare il quadro, l’85,6% delle unità denuncia carenze croniche di personale: una pressione insostenibile per chi deve gestire quotidianamente pazienti complessi e sempre più numerosi. A fotografare questa situazione è la recente indagine della Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, condotta su 216 unità operative in tutta Italia. Una parte importante dei ricoveri, tuttavia, potrebbe essere evitata. Secondo la survey, circa un terzo dei pazienti potrebbe essere assistito altrove, se solo i servizi sanitari territoriali fossero più solidi ed efficaci.
Tra assistenza domiciliare, lungodegenze e medici di base — spesso anch’essi sovraccarichi e insufficienti — si fatica a costruire una rete capace di intercettare e gestire la cronicità prima che diventi un’urgenza ospedaliera. Nel 37% dei reparti analizzati, tra il 21 e il 30% dei ricoveri sarebbe evitabile con una presa in carico territoriale adeguata. Una percentuale che supera il 40% in alcune realtà, soprattutto al Sud. Le cause? Mancanza di strutture intermedie, pochi fondi, carichi burocratici eccessivi e una medicina di base in difficoltà. Ma a pesare è anche la scarsa prevenzione. Bassi livelli di adesione agli screening, stili di vita inadeguati e coperture vaccinali insufficienti, uniti a un finanziamento pubblico tra i più bassi d’Europa per la prevenzione, generano un ulteriore carico ospedaliero. Secondo l’indagine, tra l’11 e il 20% dei ricoveri è legato alla mancata prevenzione nel 35% dei reparti. Ma in quasi il 9% dei casi, questa incidenza supera addirittura il 40%. Un segnale positivo arriva dal fronte delle dimissioni: se la gestione pre-ricovero resta deficitaria, nel post-ricovero si registrano segnali incoraggianti. Il 43,98% dei pazienti esce dall’ospedale con l’attivazione dell’assistenza domiciliare integrata, mentre solo il 7,87% torna a casa senza alcuna presa in carico, né dal territorio né dall’ospedale.
Molte speranze sono riposte nella riforma della sanità territoriale, che dovrebbe entrare a regime entro il giugno 2026 con l’apertura di Case e Ospedali di Comunità, finanziati dal PNRR con 2 miliardi di euro. Si tratta di strutture pensate per intercettare la cronicità, offrire diagnostica di base e supportare le dimissioni protette. Ma la fiducia degli operatori resta cauta: il 72% dei medici crede che potranno ridurre i ricoveri, “ma bisognerà vedere come verranno realizzate”. Tra le preoccupazioni principali, la carenza di personale e l’assenza di un’efficace regia centrale. Nel frattempo, la pressione quotidiana compromette anche un altro pilastro dell’assistenza: la ricerca clinica. Quasi la metà degli internisti (48,6%) dichiara di non avere più tempo per dedicarsi alla ricerca, mentre il 43% riesce a farne meno di quanto vorrebbe. Una perdita grave, non solo per lo sviluppo scientifico, ma anche per la qualità dell’assistenza. “Dove si fa ricerca – sottolinea il presidente Fadoi Francesco Dentali – migliora anche la qualità delle cure”. La causa? Anche qui, una classificazione errata dei reparti di Medicina interna come a “bassa intensità di cura”, che comporta minori risorse e strumenti, a fronte di pazienti spesso in condizioni molto complesse. “In alcuni casi – denuncia Dentali – forniamo livelli di assistenza pre-intensiva, facendo veri e propri miracoli”.
“Comprendo lo scetticismo dei miei colleghi riguardo la possibilità che la riforma della sanità territoriale riesca da un lato a porre un freno ai ricoveri impropri e a favorire le dimissioni in strutture intermedie dei pazienti fragili che oggi occupano impropriamente i posti letto per un totale di oltre due milioni di giornate di degenza evitabili”, afferma a sua volta, citando una precedente indagine della stessa federazione, il Presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto. “Dispiace – conclude il presidente eletto di Fadoi, Andrea Montagnani – osservare come quasi la metà degli internisti non riesca a dedicare neanche un minuto all’attività di ricerca, mentre la quasi totalità degli altri riesce a dedicarvi meno tempo di quanto vorrebbe. Questo significa penalizzare la crescita professionale dei nostri medici ma anche e soprattutto l’attività di ricerca, che proprio per la varietà e complessità dei pazienti trattati ha sempre trovato terreno fertile di sviluppo nei reparti di Medicina interna”.
Fonte: https://www.doctor33.it/articolo/64344/medicina-interna-58-di-reparti-in-overbooking-lindagine-fadoi