Marco Sito, da noi si vive di calcio

Marco Sito, da noi si vive di calcio

24 Maggio 2025 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone

Marco Sito, allenatore esordienti Juve Stabia con alle spalle una carriera calcistica prevalentemente in serie D, è un docente di Scienze Motorie e sempre alla ricerca di strategie educative atte a migliorare le prestazioni dei suoi allievi calciatori.

Lei è stato calciatore a tutto tondo ed è allenatore a tutto tondo. Quale delle due attività ha trovato più difficile nella gestione?

Senza dubbio alcuno l’allenatore. È un mondo completamente diverso dal calciatore, cambia completamente il tipo di responsabilità. Non sei più tu responsabile di te stesso, gestito in ogni aspetto da uno staff tecnico, atletico e quant’altro, bensì sei tu responsabile di un intero gruppo di giocatori non soltanto da un punto di vista tecnico, fisico, organizzativo ma principalmente da un punto di vista psicologico. Curare e gestire un gruppo di giocatori, adulti o ragazzi che siano, ognuno dei quali con una propria anima e una propria componente emotiva, è probabilmente l’aspetto più delicato e forse anche più bello del ruolo dell’allenatore.

Per chi ama lo Sport crescere nelle nostre terre significa, senza nulla togliere alle altre discipline, sostanzialmente praticare il calcio. Come e quando si è avvicinato a questo Sport che vanta milioni e milioni di appassionati in tutto il mondo?

Credo che il calcio sia parte integrante della nostra cultura, tipica occidentale e meridionale ancor di più, non si può scindere il calcio dal nostro contesto socio culturale. Come dico sempre, il calcio per il nostro contesto è l’unica vera forma di democrazia più riuscita e autentica che ci sia, in cui tutti possono dire tutto e tutti diventano i più grandi allenatori e presidenti dopo ogni partita che si vede in televisione. Credo che in ogni posto nel mondo ci sia una devozione per un determinato sport, in quanto è l’unico ambito in cui si sente davvero di appartenere a qualcosa, mobilita i sentimenti umani, rientra nella cultura che appartiene ad un popolo. Tutto ciò per noi è il calcio. A Napoli possiamo vincere in ogni tipo di sport, pallavolo, basket, rugby, ma questi successi non avrebbero l’impatto che potrebbe portare una Coppa Italia vinta dal Napoli. Qui si vive di calcio. Situazione opposta in Cina, tanto per fare un esempio. Nel corso degli ultimi anni, infatti, si è visto come il Governo, abbia speso cifre enormi al fine di diffondere il calcio in Oriente, investendo non soltanto nelle leghe ma anche nelle scuole. Tuttavia, la scarsa affluenza negli stadi, i bambini che sono risultati poco attratti da questo sport, hanno spinto il Governo ad allentare la presa e accettare che il calcio non può essere parte integrante della cultura orientale. Il DNA di un popolo non cambierà mai. Tornando alla domanda, io, come tanti bambini, grazie anche alla passione trasmessa da mio padre, fin da piccolo non ho desiderato altro che un pallone. Sono sempre stato fortemente attratto dal pallone e ad ogni cosa che conducesse ad un campo di calcio, un legame direi genetico molto più forte di me. Ho sempre vissuto con l’unico pensiero del calcio, in ogni momento della giornata. Ancora oggi, con il tempo che passa, nel bene o nel male, è uno dei pensieri fissi che accompagna i miei giorni, in modalità diverse dati i ruoli ricoperti.

Il regime alimentare non è un ingrediente secondario per chi pratica Sport a livello agonistico. Lei come si regola e cosa consiglia ai giovani allievi?

Questo è un tema decisamente particolare e delicato, specialmente in ambito giovanile. È necessario innanzitutto distinguere le diverse fasce d’età, ognuna di queste richiede una particolare attenzione anche nel modo in cui viene proposto un determinato comportamento alimentare. In questo ambito, purtroppo una delle cose più gravi è trovare soggetti non qualificati che propongono programmi alimentari casuali, senza alcuna competenza e conoscenza della materia, al fine di raggiungere risultati trascurando la storia clinica e l’età dell’atleta. Da istruttore e allenatore, anche in base ai miei studi da laureato in scienze motorie, non ho la presunzione e soprattutto non sono qualificato per proporre un programma alimentare. Tuttavia ho la responsabilità di rendere consapevole l’atleta di quanto sia cruciale gestire il proprio regime alimentare, far prendere coscienza che le capacità di un atleta dipendono tantissimo dallo stile di vita che si assume. Per la categoria di ragazzi, con cui ho a che fare, parliamo di ragazzi di 11, 12 anni, ritengo sia necessario essere molto attenti a come viene proposto di avere un determinato regime alimentare corretto e sano.

Vietare non appartiene al mio modo di essere allenatore, si creerebbe il rischio di far vivere il rapporto col cibo in maniera traumatica ed invece bisogna rendere protagonista l’atleta anche nelle sue scelte alimentari, ovviamente su indicazioni date da esperti competenti della materia. Noi siamo ciò che mangiamo, l’essere umano è un essere abitudinario, si adatta a tutte le situazioni che si vivono, per cui, specialmente per un atleta, curare la prestazione sportiva vuol dire curare innanzitutto il proprio stile di vita. Per questo è necessario conoscere se stessi ed il proprio corpo, conoscere i principi base di quelli che sono i componenti nutrienti che costituiscono un pasto e rendere il rapporto col cibo un qualcosa che deve essere sempre un piacere, ma consapevoli dei limiti e consapevoli di ciò che davvero si mangia.

Praticare lo Sport a lei non è bastato per cui ha intrapreso studi mirati a completare con la teoria quello che già viveva nella pratica quotidiana. L’esperienza di studi cosa le ha portato e cosa le consente di trasferire agli altri?

Mi aggancio alla domanda precedente, studiare ti permette di vedere il mondo da molte più angolazioni, ti permette di tenere la mente elastica e al contempo ti permette di avere basi scientifiche su cui fondare le proprie certezze e competenze per trasmetterle a chi ci segue. La mia metodologia d’istruttore si basa sugli studi effettuati e al contempo mi ha permesso di creare solide basi scientifiche e mi ha permesso di sviluppare principi sui quali stabilire le mie sedute di lavoro. Per me non è accettabile vedere che esistono istruttori, in qualsiasi sport, senza alcuna base di studi, basandosi su qualcosa che si è visto magari sui social o in tv e proporla ai propri allievi, senza essere minimamente consapevoli di quale fine si voglia raggiungere. E soprattutto senza avere la minima idea del perché si propone una determinata cosa. Mi auguro di non perdere mai la curiosità e la volontà di migliorarmi come istruttore e come persona, studiare e non fermarsi ritengo sia condizione necessaria per fare ciò che faccio, non posso pretendere un miglioramento dal mio atleta se prima non lo pretendo da me stesso. Ho avuto l’immensa fortuna di avere una famiglia che, alla base di tutto, ha sempre messo lo studio. Non smetterò mai di ringraziarli per questo in quanto lo studio mi ha permesso e mi permette di essere per lo meno una persona con una mente aperta e che si pone tante domande, forse anche troppo, tanto da essere fin troppo esigente con me stesso.

Sport e Calcio ma ci sono anche altre cose nella vita. Quali altri interessi coltiva?

Fin troppe passioni, a volte sento di essere in crisi perché vorrei seguire tutto ciò che amo ma fare tutto è estremamente complicato. Non seguo solo il calcio, sono appassionato di formula 1 e dello sport in generale, mi piace correre e fare palestra, amo la musica (senza avrei difficoltà ad affrontare le giornate) ascolto i vinili in quanto apprezzo tutto ciò che è vintage e collezionismo. Ho una forte passione per il cinema, adoro leggere, dai classici ai romanzi attuali. Da qualche anno mi sono appassionato alle mostre artistiche, specialmente all’arte prima del 900. Amo profondamente viaggiare anche se mi riesce poco, amo camminare in natura, nel verde, vicino al mare, per cui posso dire che difficilmente mi annoio durante le giornate.