Manovra, Gimbe: rischio di nuovo definanziamento strutturale nonostante l’aumento del Fondo 2026
4 Novembre 2025La sanità pubblica italiana rischia di perdere terreno, nonostante i numeri in apparenza raccontino una crescita. È quanto denuncia la Fondazione Gimbe nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera sulla manovra 2026, dove sono stati presentati i dati aggiornati sul Fondo sanitario nazionale. Secondo il presidente Nino Cartabellotta, negli ultimi quattro anni la sanità avrebbe già perso l’equivalente di un’intera legge di bilancio. In parallelo, avverte, i cittadini stanno pagando un prezzo sempre più alto in termini di liste d’attesa interminabili, aumento della spesa privata e diseguaglianze crescenti nell’accesso alle cure. «A fronte di miliardi sbandierati in valore assoluto, la sanità pubblica ha progressivamente perso risorse», evidenzia Cartabellotta, lanciando un monito chiaro: il Servizio sanitario nazionale rischia un nuovo definanziamento strutturale.
Il 2026 sarà, secondo Gimbe, un anno eccezionale dal punto di vista delle risorse, con un incremento del Fondo sanitario nazionale di 6,6 miliardi di euro rispetto al 2025. Ma sarà un picco isolato: nel biennio successivo la crescita si ridurrà drasticamente, fino a tornare sotto la soglia considerata sufficiente a sostenere i bisogni del sistema. In rapporto al Pil, la spesa sanitaria aumenterà lievemente dal 6,04% del 2025 al 6,16% nel 2026, ma subito dopo inizierà a scendere, fino a raggiungere il 5,93% nel 2028, un nuovo minimo storico. Guardando al periodo 2023-2026, la Fondazione stima un gap cumulato di 17,5 miliardi di euro rispetto a quanto si sarebbe ottenuto mantenendo stabile la quota di finanziamento al livello del 2022. A pesare, inoltre, è il fatto che oltre 430 milioni delle risorse annunciate derivano in realtà da fondi di manovre precedenti: un artificio contabile che contribuisce a creare, secondo Gimbe, un quadro di falsa abbondanza. Cartabellotta mette in guardia anche dalle conseguenze strutturali di questa politica di sottofinanziamento: la progressiva fuga e demotivazione degli operatori sanitari, la difficoltà crescente nell’accesso alle terapie innovative e alle tecnologie, il peso sempre più gravoso delle cure a carico delle famiglie, il peggioramento delle differenze tra territori forti e territori fragili. «La realtà è che alla sanità pubblica non viene destinato quello che serve, ma solo ciò che avanza», afferma con forza.
Da qui la richiesta di un cambio di rotta immediato, con una chiara definizione degli importi effettivi del Fondo sanitario nazionale per ciascun anno e un rifinanziamento strutturale che permetta di invertire un trend iniziato oltre dieci anni fa e oggi più pericoloso che mai. «Il tempo di rimboccarsi le maniche è quasi scaduto», avverte Cartabellotta. «Senza un vero potenziamento del Servizio sanitario nazionale, sostenuto da risorse adeguate e riforme coraggiose, non resterà che assistere impotenti al suo declino. Un declino che – conclude – non riguarderebbe solo il diritto costituzionale alla tutela della salute, ma la stessa coesione sociale e la tenuta democratica del Paese».



					
							
					
							
					
							