
“L’Italia s’è desta” ma è invecchiata tanto, troppo
21 Maggio 2025Sigot: la Nazione invecchia sempre più. Gli over 80 dal 1995 al 2010 sono passati da 7 a 12,5 milioni e saranno 51 milioni nel 2050.
Qualità della vita e malatie in terza età rappresentano la sfida sanitaria e sociale della getriatria. Oggi, infatti, si vive più a lungo e meglio rispetto al passato. Ma l’allungamento della vita non sempre è accompagnato da buone condizioni di salute. In particolare, si assiste a un incremento del numero di tumori in età avanzata, con il paradosso per cui proprio questa fascia d’età non è coinvolta nella sperimentazione delle terapie e spesso resta fuori dai trattamenti o dalle terapie più appropriate.
L’onco-geriatria sarà uno dei temi al centro del 39° Congresso SIGOT che si tiene a Modena dal 21 al 23 maggio. Presidenti del Congresso sono il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT Nazionale, Direttore Unità Operativa Complessa di Geriatria e del Dipartimenti Internistico dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Roma; Andrea Fabbo, Direttore sanitario ASL Asti, già direttore socio-sanitario AUSL Modena e direttore UOC Geriatria Territoriale AUSL Modena; il Prof. Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus.
L’INCIDENZA DEI TUMORI CRESCE CON L’ETÀ – L’Italia assiste a un progressivo invecchiamento della popolazione: dal 1995 al 2010 il numero di individui con più di 80 anni è passato da 6,7 milioni a 12,5 milioni, e si prevede che raggiungerà 51 milioni nel 2050. Questa trasformazione demografica si riflette in un forte aumento dei nuovi casi di tumore in età avanzata. In Italia sono stati stimati circa 400mila nuovi casi di tumore nel 2024 (dati AIOM/AIRC). Secondo i dati AIRTUM, l’incidenza passa da circa 750 casi per 100mila abitanti nella fascia 55–59 anni a 2.200 casi per 100mila nella fascia 80–84 anni, triplicando il rischio con l’avanzare dell’età (dati AIRTUM). Il 20% delle neoplasie viene diagnosticato dopo gli 80 anni; il 70% delle persone con un tumore ha più di 70 anni (dati AIOM/AIRTUM).
MA GLI ANZIANI SONO SOTTORAPPRESENTATI NEI TRIAL CLINICI – Nonostante rappresentino circa il 42% della popolazione oncologica, nei trial registrati dalla FDA solo il 24% dei partecipanti ha più di 70 anni, e meno del 10% è coinvolto nei trial NCI. In Italia, i pazienti che ricevono farmaci oncologici nella pratica clinica reale (attraverso i registri AIFA) sono in media più anziani di 5,3 anni rispetto a quelli coinvolti nei trial clinici. Inoltre, la percentuale di over 65 è più alta del 17,2%.
“L’assenza di dati sui più anziani limita la validità delle evidenze – sottolinea il Prof. Lorenzo Palleschi – I medici devono spesso basarsi su protocolli non tarati sulle comorbidità e sulla fragilità tipiche dell’età avanzata. Serve dunque un maggior coinvolgimento degli anziani nella sperimentazione delle terapie. Esperienze pur limitate dimostrano che quando si vanno a sperimentare degli interventi farmacologici, chirurgici o radioterapici si possono ottenere risultati importanti sia per la sopravvivenza che per la qualità della vita anche in età avanzata e molto avanzata. Nella persona anziana, inoltre, la terapia va personalizzata in base al profilo individuale del paziente: per questo le Linee Guida delle società oncologiche suggeriscono di utilizzare nei pazienti anziani con tumori solidi una Valutazione Multidimensionale e l’intervento geriatrico, che permettono di ridurre significativamente i possibili effetti tossici della terapia, migliorano l’aderenza al trattamento, la qualità della vita e la sopravvivenza”.
LA SFIDA DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO – La ricerca scientifica ha evidenziato come sia necessario integrare lo studio dei cosiddetti “marcatori biologici dell’invecchiamento” con fattori di tipo sociale che includono come il basso livello socioeconomico, gli eventi avversi della vita, gli stati psicologici negativi (stress, depressione), comportamenti scorretti (cattiva alimentazione, alcool, tabagismo, sedentarietà).
“L’invecchiamento è un processo che parte dall’infanzia e che si caratterizza per comportamenti virtuosi che prevengono la disabilità, sia cognitiva che fisica, arrestando o ritardando la fragilità che ne è alla base – commenta Andrea Fabbo – Per prevenire la disabilità si identificano azioni come l’esercizio fisico, l’intervento nutrizionale, la stimolazione cognitiva, il controllo dei fattori di rischio, il contrasto alla solitudine. Queste politiche di invecchiamento attivo che promuovono attività fisica regolare, alimentazione equilibrata, screening possono anche ridurre il rischio di sviluppare molte neoplasie e rallentarne la progressione”.