
L’Italia raccoglie le nostre identità
3 Maggio 2025Un cielo smerigliato rifletteva, quella notte, nell’acqua del torrente uno sventolio di minuscole lucciole selvatiche e umide. C’era una città nascosta, la città delle Trecase che si animava sotto l’arco dell’unico ponte che legava le due parti del paese ma relegava la profonda indifferenza degli uni verso gli altri, del nord verso il sud, a una ragione geografica, una divisione di sponde.
Il ponte aveva ceduto la naturale forza. Aveva il dorso curvo di un animale preistorico invecchiato e dalla pelle rugosa. Cadevano dal ponte come fiocchi di neve sporca, piccoli aghi. Cadevano lentamente cullati dal vento sul greto del torrente. Erano parte di una pietra friabile consumata da progetti minacciosi e dalla completa indifferenza dei benpensanti che dormivano di notte con la bocca aperta e il fiato pesante,
A mezzanotte, lo scemo del paese parlava con la sua ombra. Diceva che sarebbe rimasto senza casa perché il ponte era la sua casa, la casa di quelli che, come lui, erano senza casa. Come un oscuro collezionista, ascoltava, nelle notti volutamente insonni, perché abitate da denti di lupo che s’accendevano d’improvviso, illuminando di luce sinistra la sua oscurità, e gli assalivano il petto svenandolo …ascoltava il lamento della pietra. Lui solo lui possedeva la misura per calcolare il movimento delle due sponde che si distanziavano, rifiutando una convivenza ipocrita. Il rapporto tra la gente si era deteriorato nel tempo, consegnando il paese all’arroganza dei tromboni. Allora, dopo aver raccolto i pensieri nelle pieghe dei vestiti sfilacciati, iniziò a raccontare, trasformando la voce in una vibrazione leggera e continua come un lamento, la storia delle Trecase, piccoli ciottoli, bianchi e levigati dall’acqua, semplicemente, raccontava l’Italia che raccoglie per intera la mia identità di medico di famiglia.