L’Amsi scrive al ministro della salute

L’Amsi scrive al ministro della salute

9 Agosto 2025 Off Di La Redazione

Caro Prof. Orazio Schillaci, medico, collega, rettore,

sono convinto che lei abbia la preparazione necessaria per affrontare le profonde criticità che affliggono la nostra sanità. Tuttavia, la storia politica recente ha dimostrato che non sempre chi è medico riesce a interpretare nel modo giusto il difficile ruolo di ministro della Salute e vale anche per gli altri professioni e ministeri. Lei, invece, sta dimostrando, dall’inizio del suo incarico, coraggio, ascolto, capacità strategica e una concreta volontà di cambiamento. Alcuni temi importanti sono stati affrontati, alcuni primi risultati sono arrivati. Ma molti nodi rimangono irrisolti.

Parlo della grave carenza di personale, dell’abolizione dell’obbligo di cittadinanza per accedere alle professioni sanitarie, delle aggressioni al personale medico, della medicina difensiva, della mancata approvazione dello scudo penale, del fallimento del sistema dei gettonisti (non dovevamo arrivare ad essere dipendenti da loro come lo siamo oggi!) e della fragilità della sanità territoriale, soprattutto nella medicina generale.

Nonostante la delusione vissuta negli ultimi anni – in particolare nel periodo pandemico – medici e infermieri di origine straniera sono sempre rimasti disponibili a svolgere al meglio il loro compito e sono rimasti al loro posto, come dimostrano le statistiche AMSI, anche di fronte all’ostracismo di alcuni ordini professionali e sigle sindacali, che criticano l’applicazione dell’articolo 13 del Decreto Cura Italia, senza avanzare proposte e soluzioni concrete e nemmeno spendere parole di apprezzamento nei confronti degli stessi professionisti. Non penso affatto che tutti non parlano bene la lingua italiana!!! Non penso che tutti non hanno titoli qualificati e validi !!! E’ molto grave generalizzare senza dare informazione precisi e corretti. 

Eppure, lei ha dimostrato apertura e volontà di confronto. Vuole trovare soluzioni, non solo per gestire l’emergenza, ma anche per programmare riforme strutturali. È in questa direzione che le nostre associazioni vogliono continuare a collaborare.

Un’Italia che investe ancora troppo poco nella sua sanità

L’Italia continua a investire nella sanità pubblica meno della gran parte dei Paesi europei. Secondo i dati OCSE 2024, siamo agli ultimi posti in Europa per quota di spesa sanitaria pubblica sul PIL. A ciò si somma il problema annoso delle retribuzioni: medici, infermieri e professionisti sanitari italiani e stranieri ricevono stipendi inferiori anche del 40% rispetto alla media UE.

Una crisi strutturale, non emergenziale

Da oltre 25 anni AMSI denuncia che quella in corso non è una crisi temporanea, ma un’emergenza strutturale. Ogni anno l’Italia perde 6.000 infermieri e 4.000 medici che scelgono di lavorare all’estero. Nonostante ciò, migliaia di professionisti sanitari di origine straniera rimangono in Italia, cercando lavoro e stabilizzazione attraverso l’impegno di AMSI e Uniti per Unire (circa l’80% si rivolge a noi e può contare da anni sul nostro supporto e non accetta mediatori o altri figuri che possono sfruttarli), ma affrontando barriere burocratiche, culturali e normative ancora troppo forti. 

Sempre il 75% del totale dei professionisti stranieri, però, questo dovrebbe saperlo signor Ministro, non lavora nel pubblico e una ragione ci deve essere se accade questo. E non possiamo ignorarlo, per tanto solo il 25% rimanente lavora nel privato. 

Lo scudo penale non può più attendere

Siamo fortemente preoccupati per il rinvio della legge delega sulle professioni sanitarie, in particolare per l’assenza dello scudo penale. L’Italia è oggi uno dei pochissimi Paesi in Europa – insieme alla sola Polonia – a non prevedere una tutela reale per i medici. La medicina difensiva, così, ha assunto proporzioni gravi, compromettendo la serenità di chi lavora e aumentando i costi per il sistema pubblico.

Una risorsa ancora poco compresa

I professionisti sanitari di origine straniera sono centrali nel nostro SSN. 

In Italia secondo i nostri dati Amsi oggi operano 118.600 Professionisti sanitari di origine straniera, di cui

Medici: 47.620

Infermieri: 43.600 

Odontoiatri: 7.930 

Fisioterapisti: 7.810 

Farmacisti: 7.670 

Psicologi: 4.270 

Ma come detto circa il 75% non lavora nel pubblico. Non per mancanza di volontà, ma per ostacoli normativi, disuguaglianze nei riconoscimenti, accessi limitati ai concorsi, discriminazioni silenziose. Servono politiche di integrazione vere e inclusive.

Riflessioni doverose

E’ evidente, caro Ministro che, di fronte alla grave carenza di personale e alla crescente mobilità dei professionisti sanitari verso l’estero, nonché alla non proficua valorizzazione dei professionisti stranieri che lavorano nel nostro Paese, riteniamo urgente avviare una riflessione complessiva che possa tradursi in azioni concrete.

Occorre innanzitutto valutare il livello di investimento che l’Italia destina alla sanità. Alcuni Paesi, verso i quali molti medici italiani e stranieri si stanno trasferendo, investono oltre il 10% del PIL nel settore, dotandosi così di strutture sanitarie all’avanguardia. A questi investimenti si affiancano tecnologie moderne, telemedicina, innovazioni e programmi di aggiornamento professionale continuo e gratuito.

Sul piano organizzativo, è fondamentale promuovere il rispetto reciproco e la collaborazione interprofessionale tra tutte le figure sanitarie, evitando contrapposizioni e ricordando che la diagnosi e la cura restano di competenza del medico. Parallelamente, è necessario difendere e valorizzare i professionisti della sanità italiani di origine straniera, come facciamo ogni giorno anche a livello internazionale.

L’Italia deve inoltre puntare a internazionalizzare le proprie strutture sanitarie, aprendosi al mercato estero dei pazienti, come già avviene in Francia e in Inghilterra. Oggi la maggior parte dei pazienti provenienti dai Paesi del Golfo e da altre aree sceglie queste destinazioni, nonostante il nostro Paese possa vantare eccellenze riconosciute a livello mondiale. Per invertire questa tendenza, è indispensabile promuovere le buone pratiche, la ricerca, la formazione e l’informazione, oltre a far conoscere all’estero le nostre migliori competenze.

Inoltre, proponiamo di aprire realmente il “Mercato delle esperienze”, favorendo l’acquisizione di competenze all’estero da parte dei giovani professionisti e creando le condizioni per un loro sicuro rientro in Italia. Ciò significa anche agevolare chi lavora nel pubblico e desidera fare un’esperienza internazionale, consentendo che questo avvenga senza penalizzazioni, ad esempio garantendo il mantenimento del diritto alle ferie.

Le nostre proposte per lei Ministro da non ignorare riguardano formazione, inserimento, stabilizzazione

Oltre 3.500 servizi sanitari sono stati garantiti, solo tra gennaio e luglio 2025, grazie al contributo dei professionisti AMSI sia nel pubblico che nel privato in particolare in Lombardia, Veneto, Sicilia, Lazio, Calabria, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Le nostre proposte al Governo sono chiare:

• Semplificare e velocizzare il riconoscimento dei titoli esteri per professionisti regolari già in Italia

• Stabilizzare infermieri e medici stranieri con contratti pubblici

• Creare un fondo per l’inserimento interculturale nella sanità, con tutoraggio professionale

• Avviare un programma nazionale contro la medicina difensiva e le aggressioni con formazione legale dedicata

• Introdurre lo scudo penale e distinguere chiaramente i contratti pubblici dalle forme cooperative

• Prevedere l’accesso ai percorsi ECM per tutti i professionisti, compresi quelli in fase di regolarizzazione

• Valorizzare la figura dell’esperto per i medici italiani e di origine straniera che esercitano in una branca specialistica da almeno 5 anni in Italia con documentazione idonea, come già fatto in altri Paesi europei

Un appello alla dignità della professione

La dignità del lavoro sanitario non è una parola vuota, è un principio da difendere con riforme concrete. Lavorare nella sanità pubblica non deve essere una vocazione al sacrificio. I nostri giovani – italiani e stranieri – vanno coinvolti, formati, sostenuti. È necessario ripensare l’accesso alle specializzazioni, favorire l’interdisciplinarità, fermare la fuga all’estero.

AMSI da 25 anni in prima linea

L’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) propone di abolire l’obbligo della cittadinanza per la partecipazione ai concorsi pubblici destinati ai professionisti della sanità di origine straniera, così da ampliare il bacino di candidati e rispondere più rapidamente alle esigenze del sistema sanitario.

Si propone inoltre di introdurre specifiche agevolazioni per i professionisti che accettano di esercitare in aree difficili da raggiungere o particolarmente isolate, come zone montane e isole, garantendo incentivi economici, logistici e formativi.

Un ulteriore punto riguarda il rafforzamento della collaborazione tra albi professionali, Regioni, Ministero della Salute, AMSI, UMEM e Uniti per Unire, al fine di programmare l’ingresso dei professionisti della sanità in base al reale fabbisogno annuale. Questa modalità, già proposta dall’AMSI nel 2002, permetterebbe una pianificazione mirata, riducendo squilibri territoriali e carenze croniche di personale.

Le nostre statistiche da tenere bene a mente (dati AMSI aggiornati al 31 luglio 2025)

• Aggressioni al personale sanitario: oltre 2300 episodi nei primi sei mesi del 2025, oltre 160mila aggressioni nel 2024, tra denunce e sommerso, con al primo posto gli infermieri. 

• Fuga all’estero: circa 10.000 professionisti sanitari italiani ogni anno, di cui 6.000 infermieri e 4.000 medici

• Dimissioni volontarie dal pubblico: 20mila infermieri e 7mila medici si sono dimessi nel 2024 dal sistema sanitario pubblico scegliendo la libera professione o il privato.

• Carenza di personale sanitario: oltre 40.000 medici e 65.000 infermieri sono mancanti oggi su scala nazionale ed entro il 2030 diventeranno 65.000 medici e 100.000 infermieri mancanti all’appello 

• Formazione ECM: circa il 67% dei professionisti stranieri ha pieno accesso ai programmi formativi

• Medicina difensiva: 1 medico su 3 dichiara di prescrivere o agire secondo logiche di protezione legale, non clinica

Servono eventi formativi, congressi, tavoli di lavoro di alta qualità, ma senza mai minacciare i professionisti con provvedimenti disciplinari o esclusioni.