
Il grande mistero della sofferenza
6 Settembre 2025La notte insonne di Angelo fu una terribile scalata con i rampini aggrappati sulla parete rocciosa di un alto monte, la cui sommità era nascosta da una nube chiaro-scura, inaccessibile al suo occhio. Forse in quella nuvola misteriosa credette si nascondesse il trono di Dio. Il Dio di Mosè, del decalogo, della vita e della morte, il Dio di tutte le cose visibili e invisibili.
Nella sua mente di ottantenne si addossarono gli interrogativi di una vita vissuta. Una eterna inquietudine lo aveva sempre accompagnato al passo con i suoi studi e con studiosi più inquieti di lui. Quella notte parlò a sé stesso, ancora una volta, parlò della sofferenza. Nel dormiveglia comprese che stava scalando il suo pensiero ossessivo: la montagna dei perché. Il tentativo di comprendere il perché della sofferenza, trovare il metodo, la via breve per regolarne l’intensità, le stagioni, l’estensione, il possesso, la significazione. La significazione…Angelo era un medico e nonostante l’età e i luoghi comuni si sentiva medicus in aeternum. Proiettava tutto il suo interesse etico-sociale, filantropico e caritativo sulla solitudine del morente. Perché la premorienza è l’epilogo di una condizione umana, un ultimo sospiro in una lacrima solitaria che lentamente è ferma a metà guancia. Quel sospiro, la lacrima, l’eredità “muta-sull’istante” sono il mosaico che raccoglie la storia, il pensiero, gli avvenimenti, tutto ciò che è stato ed è l’ultimo atto senza memoria. È il viandante che raccoglie le sue cose per un nuovo viaggio in un mondo parallelo non dato al vivente.
La malattia apre a una lettura conclusiva e matura dell’esistenza, risveglia paure antiche, la memoria di un tempo breve, le attese per quello futuro.
“Il non soffrire” disse a fior di labbra parlando con un interlocutore assente “esula dall’essere sé stesso, perché sono programmato con la mia sofferenza e in questa contraddizione, tra la vita che si perfeziona nel divenire della morte, è la mia compiutezza, la mia identità”. La contingenza della maggiore o minore intensità non è la sostanza su un tempo finito del quale la malattia è l’obbligatorietà, il destino di ogni cosa creata. Perché la vita …così è la vita e della vita l’epilogo, quella notte, era la cima, l’occhio occulto della montagna che avrebbe potuto dare certezza ai suoi interrogativi.