Febbre del Nilo, ISS: siamo in linea con i casi dello scorso anno

Febbre del Nilo, ISS: siamo in linea con i casi dello scorso anno

23 Luglio 2025 Off Di La Redazione

Il numero di casi, secondo quanto riferisce l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), non è allarmante e finora in linea con quello registrato lo scorso anno, ma è certo che l’attenzione sulla diffusione del virus West Nile si sia alzata dopo il decesso avvenuto nel comune di Fondi, in provincia di Latina, di una donna di 82 anni.

L’aggiornamento viene dal sistema di sorveglianza coordinato dal ministero della Salute e supportato, per la parte umana, dall’Istituto Superiore di Sanità: al 20 luglio, risultano dieci i casi confermati di infezione nell’uomo in Italia dall’inizio dell’anno. Sette dei dieci casi sono stati segnalati dalla Regione Lazio, tutti nella provincia di Latina.

Dei sette casi segnalati dalla Regione, sei si sono manifestati nella forma neuro-invasiva e un caso con sintomi solo febbrili. Quattro casi sono in persone di sesso maschile e i restanti tre di sesso femminile. L’età mediana è di 72 anni (range: 63-86).

Il confronto con l’estate scorsa

L’Iss rende noto che lo scorso anno sono stati 460 i casi segnalati al sistema di sorveglianza, di cui 272 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva. Inoltre sono stati registrati 20 decessi mentre il bollettino del 24 luglio 2024 riportava 13 casi confermati, senza decessi.

Cambiamento profondo della geografia delle malattie infettive

Gli esperti della Società italiana di medicina ambientale (Sima) ricordano che “negli ultimi anni, in Italia come nel resto d’Europa, stiamo assistendo ad un cambiamento profondo e silenzioso nella geografia delle malattie infettive, un’evoluzione che non ha il fragore di una pandemia globale, ma che si insinua nelle pieghe del nostro vivere quotidiano”.

Tra il 2006 e il 2023 “l’Italia – sottolinea la Sima – ha registrato oltre 1.500 casi di Dengue e più di 140 di Chikungunya importati, ma il dato che impone una riflessione urgente è quello dei casi autoctoni: quasi 500 persone hanno contratto queste malattie sul territorio nazionale. A trasmettere i virus è la zanzara tigre, Aedes albopictus, una specie invasiva ormai diffusa stabilmente in tutta la Penisola, favorita dall’aumento delle temperature medie, dagli inverni miti e da estati sempre più lunghe. Le aree maggiormente a rischio sono le zone costiere e le periferie urbane, dove la combinazione di alta densità abitativa e microambienti umidi, come tombini, sottovasi, bidoni, crea l’habitat ideale per la proliferazione delle zanzare”.

Rischio aumentato per colpa del cambiamento climatico

L’innalzamento delle temperature globali, unito alla maggiore frequenza di eventi estremi come piogge improvvise, alluvioni, siccità alternate a umidità persistente, sta modificando il raggio d’azione di vettori come zanzare, zecche, flebotomi, rimarca la Sima. Il rapporto ‘Climate Change 2022’ dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) segnala come il rischio di trasmissione arbovirale di Dengue, Chikungunya, Zika e febbre gialla sia aumentato del 30% a livello globale solo nell’ultimo decennio. In Europa i casi autoctoni di Dengue sono cresciuti del 600% tra il 2010 e il 2022, passando da 10 episodi noti nel 2010 a oltre 70 nel 2022. Una curva che, se non contrastata, è destinata a salire.

Attenzioni necessarie per fare prevenzione

La prevenzione passa per gesti quotidiani come eliminare ristagni d’acqua, svuotare i sottovasi, usare zanzariere e repellenti specie al crepuscolo. Cosa possiamo fare, concretamente, per proteggere la salute pubblica senza cedere al panico? “Innanzitutto, serve una sorveglianza entomologica e virologica costante, soprattutto nei mesi caldi, da maggio a ottobre. La prevenzione passa anche per gesti quotidiani: eliminare i ristagni d’acqua nei cortili, svuotare i sottovasi, coprire i bidoni, utilizzare zanzariere e repellenti, specie al crepuscolo”, elenca il presidente Sima, Alessandro Miani.

“A livello sistemico, invece – aggiunge – è indispensabile integrare la salute umana, animale e ambientale secondo l’approccio One Health, riconosciuto dall’Oms come la via più efficace per affrontare le sfide sanitarie emergenti. Interventi urbanistici mirati, regolamentazione dell’uso di pesticidi, miglioramento del drenaggio urbano, ma anche screening per i viaggiatori provenienti da zone endemiche: tutto contribuisce a costruire una resilienza diffusa”.