
Farmaci, l’impatto per l’Europa del taglio ai prezzi negli Usa
15 Maggio 2025Dopo la firma dell’Executive Order 14192 da parte del presidente Trump, che impone un drastico taglio ai prezzi dei farmaci acquistati dallo Stato americano, si moltiplicano le analisi sulle conseguenze globali della misura. Per capire come questo provvedimento possa influenzare il mercato europeo, Sanità33 ha intervistato Luca Pani, già direttore generale di AIFA, oggi professore ordinario di Farmacologia all’Università di Modena e Reggio Emilia e Professor of Clinical Psychiatry all’Università di Miami. Nell’intervista, Pani spiega logica, meccanismi e possibili effetti dell’ordine esecutivo, evidenziando in particolare i rischi per i sistemi sanitari europei.
Il Presidente Trump ha appena firmato l’Executive Order 14192: qual è la logica di fondo?
L’ordine impone che Medicare, Medicaid e tutti gli acquisti federali non paghino più di quanto già pagato dal Paese OCSE più economico per lo stesso farmaco, replicando un modello di Most-Favoured Nation che potrebbe tagliare fino al 90% alcuni listini statunitensi.
Quali sono i meccanismi operativi previsti dall’ordine?
Il Segretario HHS ha 30 giorni per negoziare riduzioni dirette; in assenza di accordo, dal 1° gennaio 2026 scatterà un prezzo amministrato. Parallelamente, FDA e FTC accelerano l’approvazione di generici, biosimilari e l’importazione parallela per aumentare la concorrenza.
Quanto pesa economicamente la spesa farmaceutica USA e quale risparmio si attende?
Nel 2024 la spesa netta ha raggiunto 805,9 miliardi $, crescendo del 10% anno su anno; HHS stima un risparmio di circa 215 miliardi $ in dieci anni se l’ordine sarà pienamente applicato.
Perché l’industria farmaceutica minaccia ricorsi?
Le aziende, tramite PhRMA, denunciano violazioni del Takings Clause e dei limiti di delega al potere esecutivo: un ricorso analogo bloccò già il MFN Rule nel 2020. Ciò genera forte incertezza sull’effettivo avvio della misura.
Quale impatto potremmo vedere sui prezzi europei?
Per compensare la perdita di margini negli Stati Uniti, i produttori potrebbero dover aumentare i listini europei del 15-25 % sui brand principali; in alternativa, ritarderanno i lanci in UE. Oggi i prezzi medi europei sono già il 64% più bassi di quelli USA.
Alcuni Paesi sono più esposti di altri?
Sì, alcuni Paesi europei sono più vulnerabili di altri agli effetti di questa misura. La Germania, ad esempio, ha recentemente riformato il sistema AMNOG, riducendo da 12 a 6 mesi il periodo in cui un nuovo farmaco può essere venduto a prezzo libero: questo limita significativamente la capacità di assorbire eventuali aumenti di listino. In Francia, il tetto di crescita della spesa sanitaria ONDAM fissato al 2,8% rende probabili ulteriori meccanismi di recupero finanziario, come i claw-back. In Italia, invece, il sistema di pay-back sul farmaco ospedaliero — attualmente al 9,75% — riduce ulteriormente i margini per le aziende. Anche Paesi come il Regno Unito e la Spagna potrebbero reagire irrigidendo le valutazioni di HTA, cioè i criteri per l’ammissione al rimborso, nel tentativo di contenere la spesa complessiva.
Che cosa temono le associazioni industriali europee?
EFPIA ha già avvertito la Commissione circa un “rischio di esodo” di investimenti verso gli Stati Uniti: un sondaggio interno indica fino a €100 miliardi di R&S in gioco.
Esistono stime quantitative sugli scenari 2026-2030?
Sì, esistono stime quantitative sugli scenari che potrebbero delinearsi tra il 2026 e il 2030 a seguito dell’implementazione dell’ordine esecutivo. Nel caso in cui la misura venga applicata integralmente, si prevede una riduzione del 34% dei ricavi negli Stati Uniti, parzialmente compensata da un aumento del 18% in Europa. Il bilancio complessivo, in questo scenario, sarebbe una perdita globale intorno all’8%. Se invece si dovesse arrivare a una soluzione negoziata tra governo e industria, l’impatto sarebbe più contenuto: -15% negli USA e +9% in Europa, con una perdita globale stimata intorno al 2%. Infine, se l’ordine venisse bloccato a livello giudiziario, come già accaduto in passato, non si prevedono effetti economici rilevanti. Queste proiezioni si basano su una combinazione di dati forniti da OECD, IQVIA e simulazioni interne che prendono in considerazione i venti principali farmaci per fatturato.
Quali contromisure dovrebbe mettere in campo l’Unione Europea?
L’Unione Europea dovrebbe muoversi con decisione per evitare di subire passivamente gli effetti delle politiche statunitensi. Innanzitutto, è fondamentale accelerare la riforma della legislazione farmaceutica, puntando su un rafforzamento del negoziato congiunto a livello UE, in modo da aumentare il potere contrattuale dei singoli Paesi. Un’altra misura chiave sarebbe rendere vincolanti, entro 90 giorni dal parere dell’EMA, le valutazioni europee di HTA, così da armonizzare e velocizzare l’accesso ai farmaci innovativi. Inoltre, bisognerebbe stimolare con più forza la concorrenza dei biosimilari, introducendo uno switch automatico dopo sei mesi di presenza sul mercato. Infine, serve una strategia strutturata per sostenere la ricerca: questo potrebbe avvenire sia attraverso incentivi fiscali mirati in aree di particolare bisogno terapeutico, sia con la creazione di un fondo europeo per la ricerca e lo sviluppo sul modello del BARDA americano, con una dotazione minima di 10 miliardi di euro all’anno.
In sintesi, qual è il rischio per i sistemi sanitari europei?
Se l’UE non reagirà in modo coordinato, parte del “dividendo politico” statunitense verrà pagato dai bilanci pubblici europei, con ritardi d’accesso e possibile contrazione dell’innovazione nel continente. Una risposta proattiva congiunta è l’unica via per evitare che la “cura” americana abbia un “effetto collaterale” europeo.