Don Cosimo Schena, il Vangelo nell’era del social

Don Cosimo Schena, il Vangelo nell’era del social

13 Luglio 2025 Off Di Marco Magliulo & Pasquale Maria Sansone
Sacerdote per vocazione ma artista dalla cultura poliedrica don Cosimo utilizza il sapere e i social come strumenti di diffusione del messaggio evangelico.
 Filosofo, scrittore, teologo, psicologo, poeta… ma qual è l’anima più intima di don Cosimo Schena?
L’anima più intima di ciò che sono è quella del sacerdote.
Tutto il resto – la filosofia, la psicologia, la scrittura – sono strumenti, vie che ho percorso per comprendere meglio l’essere umano e annunciare Dio con più efficacia.
Ma al centro resta la vocazione: essere prete in questo tempo, vivere il Vangelo in mezzo alla gente, servendo con la testa, ma soprattutto con il cuore.
Amo ascoltare, accompagnare, sostenere. Credo che il sacerdote oggi debba stare con le persone, nel concreto della loro quotidianità, con discrezione ma anche con presenza vera.
Se c’è un centro in tutto ciò che faccio, è questo: stare accanto a chi è in cammino.
Il Vangelo, l’Annuncio nell’era digitale.
Oggi il Vangelo va annunciato anche attraverso i social.
Non è un’alternativa alla Chiesa, ma una nuova frontiera missionaria.
Ci sono milioni di persone che sui social cercano conforto, senso, ascolto.
Io ho scelto di esserci, non per diventare visibile, ma per rendere visibile Dio, anche lì dove spesso non lo si cerca.
Uso il digitale per creare legami, per far arrivare un messaggio semplice, diretto, accessibile a tutti.
La mia è una missione che nasce da un’urgenza: non lasciare solo nessuno, nemmeno online.
La bellezza delle piccole cose ci richiama la poetica delle piccole cose di Giovanni Pascoli. Sente di avere qualcosa in comune con il poeta di San Mauro di Romagna?
Amo profondamente la scrittura di Pascoli e il suo modo di sentire il mondo.
C’è in lui una delicatezza, una verità nel descrivere la fragilità e l’incanto delle cose semplici che mi commuove ogni volta.
Vorrei avere qualcosa in comune con lui, ma non so se ne sono degno.
Posso dire che, nel mio piccolo, cerco di raccontare la vita vera, quella che spesso non finisce sui giornali, ma che costruisce silenziosamente il senso dell’esistere.
Scrivo per dare voce a chi non ne ha, per ridare valore alle emozioni che il mondo scarta.
E come lui, credo che nella debolezza si nasconda una forza che può cambiare tutto
Sempre a proposito di bellezza, lei ha parlato di bellezza nell’ordinario e nello straordinario. Può approfondire questa tematica?
La bellezza vera è quella che non ha bisogno di apparire, ma che si manifesta nella realtà più semplice.
La trovo negli occhi stanchi di chi continua a credere, nella madre che si prende cura del figlio senza essere vista, nel sacerdote che prega per la sua gente in silenzio.
Certo, ci sono momenti straordinari, eventi che ci toccano in profondità e che ci cambiano.
Ma la sfida più grande è riconoscere Dio nelle piccole cose, in ciò che sembra ripetitivo, banale, quotidiano.
Io cerco di raccontare anche questo: che non serve una grande scena per incontrare il Signore, spesso basta uno sguardo sincero o un gesto fatto con amore.
Quanto è difficile oggi essere portatori della Buona Novella?
È difficile, sì.
Non tanto perché il Vangelo sia meno attuale, ma perché il cuore delle persone oggi è spesso chiuso, ferito, stanco.
Viviamo in un tempo dove tutto viene messo in discussione, anche ciò che dovrebbe essere fondamento.
Eppure, proprio per questo, sento ancora più urgente il compito di annunciare il Vangelo.
Portare la Buona Novella oggi significa avere il coraggio di essere credibili, non perfetti, ma autentici.
Significa stare accanto alla gente senza giudicare, parlare di Dio con le parole giuste, ma soprattutto con la vita.
Non è facile, ma io credo che quando il messaggio parte dal cuore e arriva al cuore, nulla è davvero impossibile.
È una fatica che vale la pena di vivere, ogni giorno.
Papa Francesco ha lasciato un grande vuoto ma, a quanto pare, anche Leone XIV sta entrando nel cuore dei fedeli cattolici.
Papa Francesco ha segnato un’epoca.
Con il suo stile, la sua umanità, la sua capacità di parlare al mondo intero, ha lasciato un’impronta profonda.
Il vuoto che ha lasciato non è solo affettivo, ma anche spirituale: ci ha insegnato a guardare gli ultimi, a pensare una Chiesa povera, a camminare insieme.
Ora Leone XIV raccoglie un’eredità importante, e lo sta facendo con personalità e con coraggio.
Sta parlando al cuore della Chiesa, ma anche al cuore della gente, e questo è un segnale forte.
Vedo in lui una fedeltà al Vangelo unita a un desiderio sincero di ascolto, e questa è una combinazione preziosa per il nostro tempo.
Ogni Papa è unico, ma la missione è una: guidarci verso Cristo.
E finché questo resta al centro, anche il popolo di Dio saprà riconoscere la voce del Pastore.

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