
Certificati medici a pagamento, per la Cassazione è istigazione alla corruzione
14 Luglio 2025Chiedere denaro per un certificato medico dovuto gratuitamente configura il reato di istigazione alla corruzione, anche se la somma richiesta è modesta e la condotta occasionale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19409/2025, confermando la condanna a carico di un medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale.
Il caso riguardava due episodi in cui il professionista aveva chiesto ai pazienti un compenso di 30 euro per rilasciare certificati di astensione dal lavoro. La difesa aveva sostenuto che le richieste fossero state fatte in tono scherzoso, che nessuno si fosse formalmente lamentato, e che il comportamento fosse isolato e privo di reali conseguenze.
La Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso, chiarendo che la natura illecita della condotta non dipende né dall’importo richiesto né dal tono informale della conversazione. Conta, invece, l’idoneità dell’atto a ottenere un vantaggio personale in cambio di una prestazione dovuta per legge.
Secondo la Suprema Corte, l’episodicità del fatto non esclude il reato. Basta un solo episodio per integrare l’art. 322, comma 3, c.p., se il medico – in quanto pubblico ufficiale – viola i doveri di correttezza, imparzialità e gratuità della prestazione sanitaria. Le somme richieste, anche se contenute, non devono essere irrisorie al punto da risultare ininfluenti. Nel caso in esame, 30 euro sono stati ritenuti sufficienti a rendere concreta la finalità illecita.
Esclusa anche l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. (tenuità del fatto): per la Cassazione, le condotte del medico rivelano una «tendenza a violare sistematicamente i doveri di ufficio» e non possono essere considerate occasionali o prive di offensività. La sentenza ribadisce che l’offerta di denaro per ottenere un atto dovuto rappresenta un abuso della funzione pubblica, anche in assenza di danno patrimoniale diretto.
Il pronunciamento si inserisce in un orientamento giurisprudenziale sempre più severo verso le condotte che mettono a rischio l’integrità del rapporto di fiducia tra cittadino e SSN. Per i medici convenzionati, rappresenta un richiamo alla rigorosa osservanza dei doveri deontologici e contrattuali nella gestione delle certificazioni.