
Acido bempedoico, un’alternativa efficace alle statine nei pazienti con diabete
19 Giugno 2025Sebbene la terapia con statine rappresenti ad oggi il trattamento di prima linea per la riduzione del colesterolo LDL (LDL-C) e del rischio cardio-vascolare (CV) nei pazienti con diabete (DM), diversi studi hanno dimostrato che si associa a un aumento dose-dipendente dei livelli di HbA1c e del rischio di insorgenza di DM (Sattar N, et al. Lancet 2010;
Preiss D, et al. JAMA 2011). «L’acido bempedoico (BEMP) agisce sull’enzima ATP-citrato liasi, un enzima chiave nella sintesi del colesterolo e, riducendo la sintesi epatica di colesterolo, aumenta l’espressione del recettore-LDL e la clearance di LDL-C (Pinkosky SL, et al. Nat Commun 2016)», spiegano Micol Lodi, Alberto Carpenito e gli esperti della Commissione AME (Associazione Medici Endocrinologi) Lipidologia e Metabolismo, coordinata da Anna Nelva.
«L’efficacia e la sicurezza di BEMP nel ridurre i livelli di LDL-C è stata dimostrata dai primi 4 studi della serie CLEAR (Cholesterol Lowering via Bempedoic Acid, an ACL-Inhibiting Regimen). Il quinto, lo studio CLEAR OUTCOMES pubblicato nell’aprile 2023, ha confermato sia la capacità di BEMP di ridurre gli eventi CV che il profilo di sicurezza: entrambi non si sono discostati da quanto emerso negli studi di registrazione». (Nissen SE, et al. N Engl J Med 2023).
Efficacia e sicurezza dell’acido bempedoico nei pazienti con diabete mellito
«Una recente sotto-analisi pre-specificata dello studio CLEAR OUTCOMES (Ray KK, et al. Lancet Diabetes Endocrinol 2024) [1] si è posta i seguenti obiettivi: valutare nei pazienti con DM il beneficio CV di BEMP e valutare nei pazienti senza DM in terapia con BEMP il rischio di insorgenza di DM e l’andamento di HbA1c», riferiscono Lodi, Carpenito e colleghi.
«I 13970 pazienti arruolati nello studio CLEAR OUTCOMES sono stati suddivisi in 3 categorie sulla base dello stato glicemico: con DM (terapia con ipoglicemizzanti in pazienti con storia nota di DM o pazienti senza storia nota ma che allo screening iniziale rispondevano ai criteri delle linee guida ADA per la diagnosi), con pre-DM (HbA1c compresa tra 5.7% e 6.4% o almeno una misurazione di glicemia a digiuno tra 100 e 126 mg/dL) e normoglicemici». Gli esperti riportano che «i valori basali di BMI, trigliceridi, HbA1c erano più alti nei pazienti con DM rispetto ai normoglicemici, con relazione inversa per quanto riguarda i livelli di HDL-C».
«L’outcome di laboratorio pre-specificato era la variazione di glicemia a digiuno a 6 mesi e di HbA1c a 12 mesi nei pazienti senza DM al basale», osservano gli specialisti. «L’insorgenza di DM in questi pazienti è stata valutata da una commissione a parte, tenendo conto della sotto-categoria (normoglicemici o con pre-DM)».
«Nel gruppo placebo, con il peggiorare del profilo metabolico, si è osservato un aumento progressivo dell’incidenza dell’end-point primario MACE-4 (morte per cause CV, infarto – IMA – non fatale, ictus non fatale, rivascolarizzazione coronarica)», proseguono Lodi, Carpenito e colleghi. «L’outcome pre-specificato è risultato: 11.9% nei normoglicemici, 12.6% con pre-DM e 14.2% nei pazienti con DM».
«Una relazione simile è stata osservata per l’end-point secondario MACE-3 (morte per cause CV, IMA non fatale, ictus non fatale), con un’incidenza del 7.4% nei pazienti normoglicemici, dell’8.5% nei pazienti con pre-DM e dell’11% nei pazienti con DM», riferiscono gli esperti. «Nel gruppo BEMP, il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre sia l’end-point primario che secondario nei pazienti con DM, con una riduzione del rischio assoluto (ARR) rispettivamente del 2.4% (p = 0.0063) e del 2.1% (p = 0.01)».
«Operando una distinzione tra pazienti con DM in prevenzione primaria e secondaria è emerso che: in prevenzione primaria, nei pazienti in terapia con BEMP riduzione del 30% dell’end-point primario e del 35% dell’end-point secondario; in prevenzione secondaria, nei pazienti in terapia con BEMP riduzione del 13% dell’end-point primario e del 14% dell’end-point secondario», proseguono gli specialisti.
«Nei pazienti senza DM al basale, rispetto al placebo, gli effetti di BEMP sono stati neutri su HbA1c, glicemia a digiuno e insorgenza di DM», aggiungono. «Gli eventi avversi sono apparsi generalmente simili nei gruppi in terapia con BEMP e placebo».
«Riguardo al profilo lipidico, a 6 mesi nel gruppo BEMP si è osservata una riduzione dei livelli di LDL-C del 24-26% e dei livelli di non-HDL-C del 19-21%, senza differenze significative tra i pazienti con o senza DM», riferiscono Lodi, Carpenito e colleghi. «Tutti i risultati riportati hanno mostrato valori di significatività statistica (p < 0.001 in ciascun gruppo)».
«Non ci sono ormai dubbi sul fatto che i pazienti affetti da DM siano ad elevato rischio CV e l’incidenza di MACE nel gruppo placebo di questo studio ne è la conferma», commentano Lodi, Carpenito e colleghi. «Le statine rappresentano ad oggi il cardine della terapia ipolipemizzante, tuttavia gli eventi avversi muscolo scheletrici impediscono di assumerle o di raggiungere la dose raccomandata in una parte non trascurabile di pazienti (7-29%) (Zhang H, et al. Ann Int Med 2017)».
«Nei pazienti intolleranti alle statine il BEMP in mono-terapia si è dimostrato efficace sia nella riduzione dei livelli di LDL-C che nella riduzione del rischio CV», proseguono Lodi, Carpenito e colleghi. «Il beneficio assoluto è risultato maggiore nei pazienti con DM rispetto ai normoglicemici, senza associarsi a incremento di HbA1c o di insorgenza di DM».
«Il ruolo centrale della terapia con statine non viene messo in discussione», commentano gli specialisti. «Ma se si considera che la Global Burden of Disease stima che entro il 2050 ci saranno nel mondo circa 1.3 miliardi di persone affette da DM (Watkins DA, et al. Lancet 2023), con conseguente notevole incremento delle patologie CV su base aterosclerotica, è tempo di iniziare a valutare delle alternative, anche alla luce del continuo ridursi dell’obiettivo di LDL-C».
«Quello proposto dalle linee guida nel paziente ad alto rischio CV, come quello con DM, è infatti difficilmente raggiungibile in mono-terapia», concludono gli esperti. «Per quanto riguarda i pazienti intolleranti alle statine, l’obiettivo può essere difficilmente ottenibile anche nei soggetti eleggibili a inibitori di PCSK9 o inclisiran». (Zhang H, et al. Ann Int Med 2017; Watkins DA, et al. Lancet 2023).
Acido bempedoico e marcatori di infiammazione cronica
«Analisi secondarie dei risultati degli studi su BEMP hanno approfondito la valutazione dei suoi effetti su PCR, interleuchina-6 (IL-6) e fibrinogeno, con qualche dato anche sulla lipoproteina (a) [LP(a)]», osservano Lodi, Carpenito e colleghi.
«Una sotto-analisi dello studio CLEAR HARMONY (Ridker PM, et al. J Clin Lipidol 2023) [2] – studio che aveva arruolato pazienti con malattia CV aterosclerotica e/o con ipercolesterolemia familiare eterozigote che assumevano la dose massima di statina tollerata, randomizzati 2:1 a BEMP (1 cp/die) o placebo (Ray KK, et al; CLEAR Harmony Trial. N Engl J Med 2019) – ha esaminato i pazienti con rischio infiammatorio residuo, identificati da livelli di PCR ad alta sensibilità (hsCRP) ≥ 2 mg/L», riferiscono gli esperti. «In tutti erano stati valutati LDL-C, colesterolo totale, apolipoproteina B, HDL-C, non HDL-C, trigliceridi e hsCRP al basale e dopo 12 mesi».
«In presenza di hsCRP al basale ≥ 2 mg/L, i campioni di plasma raccolti al basale e a 12 settimane sono stati ulteriormente analizzati per fibrinogeno, IL-6 e Lp(a)», proseguono gli specialisti. «I livelli di Lp(a) sono stati valutati perché è noto che il locus IL-6 riduce la produzione di apolipoproteina(a) [apo(a)] e un nuovo inibitore del ligando di IL-6 ha dimostrato di ridurre Lp(a) in modo dose-dipendente (Ridker PM, et al. Lancet 2021)».
«Sono stati arruolati 817 pazienti con valori di hsCRP ≥ 2 mg/L, di cui 542 trattati con BEMP e 275 con placebo», commentano gli esperti. «Le restanti caratteristiche cliniche dei due gruppi erano simili a quelle della popolazione complessiva dello studio».
«A 12 settimane la terapia con BEMP era significativamente correlata con riduzioni dei valori di LDL-C, non HDL-C, apo-B, trigliceridi», riferiscono Lodi, Carpenito e colleghi. «Si riduceva anche hsCRP di una mediana di 1.66 mg/L, con una differenza percentuale mediana rispetto al placebo di -26.5% (IC 95% da -34.8 a -18.4, P < 0.0001)».
«Non era correlata invece con diminuzioni significative di IL-6 e fibrinogeno e non aveva impatto clinicamente importante su Lp(a)», osservano gli specialisti. «In conclusione, BEMP appare imitare l’azione delle statine nel ridurre i valori di LDL-C e hsCRP».
«I dati suggeriscono che le variazioni dei livelli di hsCRP associati alla terapia con BEMP sono indipendenti dai suoi effetti sui livelli dei lipidi», affermano gli esperti.
Un’ulteriore sotto-analisi basata sui dati dello studio CLEAR OUTCOMES (Ridker PM, et al. Circulation 2024) [3] ha inteso indagare il ruolo di infiammazione e colesterolo come predittori di eventi CV fra i 13970 partecipanti allo studio, tutti ad alto rischio e statino-intolleranti, e valutare l’efficacia di BEMP in diversi gruppi. «La coorte è stata divisa in 4 gruppi, sulla base dei valori basali mediani (hsCRP 2.3 mg/L e LDL-C 135 mg/dL), ma per facilità di interpretazione clinica e generalizzazione, le analisi degli effetti congiunti sono state ripetute utilizzando queste soglie cliniche basali: • hsCRP < 2 mg/L e LDL-C < 130 mg/dL (gruppo di riferimento, n = 2813); • hsCRP < 2 mg/L e LDL-C ≥ 130 mg/dL (n = 3328); • hsCRP ≥ 2 mg/L e LDL-C < 130 mg/dL (n = 3288); • hsCRP ≥ 2 mg/L e LDL-C ≥ 130 mg/dL (n = 4399). Il beneficio relativo di BEMP rispetto al placebo per l’esito CV primario a 4 componenti è stato valutato nei 4 gruppi di rischio definiti sopra» riferiscono Lodi, Carpenito e colleghi.
«In questi pazienti intolleranti alle statine, rispetto al placebo, BEMP ha ridotto a 6 mesi il livello mediano di hsCRP del 21.6% e i livelli medi di LDL-C del 21.1%», proseguono gli esperti. Il livello basale di hsCRP risultava significativamente associato: a) all’end-point composito primario di IMA, ictus, rivascolarizzazione coronarica e morte CV: fra il quartile più alto rispetto a quello più basso, Hazard Ratio aggiustato (HR) 1.43 (IC 95% 1.24-1.65, P < 0.0001); b) agli end-point di mortalità CV (HR 2.00, IC 95% 1.53-2.61, P < 0.0001) e mortalità per tutte le cause (HR 2.21, IC 95% 1.79–2.73, P < 0.0001). Al contrario, il rapporto tra il quartile basale di LDL-C (il più alto rispetto al più basso) e gli eventi CV futuri era: a) di entità minore per l’end-point composito primario (HR 1.19, IC 95% 1.04-1.37, P = 0.01); b) neutro per mortalità CV (HR 0.90, IC 95% 0.70–1.17, P = 0.44) e mortalità per tutte le cause (HR 0.95, IC 95% 0.78–1.16, P = 0.60)». In conclusione, «l’infiammazione definita da hsCRP predice il rischio CV futuro almeno con la stessa forza di LDL-C. L’efficacia relativa di BEMP rispetto a placebo era di entità simile in tutti i sotto-gruppi di base definiti da hsCRP o LDL-C», affermano Lodi, Carpenito e colleghi.