Veronica Liberale, il teatro “vive dal vivo”

Veronica Liberale, il teatro “vive dal vivo”

11 Aprile 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Ad oggi, teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo. In Spagna, durante la seconda e la terza ondata, non c’è mai stata una chiusura totale della cultura. Musei, teatri, cinema hanno continuato a lavorare, con le dovute misure di sicurezza. E la Spagna ha comunque contenuto il virus meglio dell’Italia. Contenere il contagio combattendo duramente contro il Covid-19 e al contempo non chiudere la cultura, e quindi evitare di umiliare musei, cinema e teatri con chiusure lunghe, dannose sia per il pubblico, sia per i lavoratori, sia per gli istituti. Il caso della Spagna dimostra che si può fare: la Spagna è infatti l’unico dei grandi paesi europei che durante la seconda e la terza ondata non ha imposto chiusure indiscriminate dei luoghi della cultura ma, anzi, ha lasciato tutto aperto il più possibile, lasciando alle Comunità Autonome (omologhe delle nostre regioni) la possibilità di intervenire chirurgicamente laddove necessario, se le cose si fossero messe male. Questo approccio ha contemperato le esigenze di contenere il contagio da coronavirus, e di evitare di imporre una serrata totale sulla cultura: e i risultati sono stati ottimi, con i dati della Spagna che non si discostano da quelli dei principali paesi europei e, anzi, rispetto ad alcuni stanno anche andando molto meglio. Segno che, evidentemente, la chiusura dei luoghi della cultura non ha avuto un impatto significativo sul contenimento del contagio e, viceversa, lasciare aperti musei, teatri e cinema non ha prodotto esplosione di focolai.

Da noi, invece, è tutto chiuso. Montano, però, rivolte: mercatali che bloccano l’autostrada del Sole all’altezza del casello di Napoli e commercianti, ristoratori e gestori delle palestre organizzano proteste davanti a Montecitorio. Gli operatori del mondo dello Spettacolo, del Teatro, in particolare, hanno protestato “silenziosamente”, con un garbo ed un’eleganza sorprendenti.

Parliamo di questo con una signora del Teatro italiano.

Veronica Liberale esordisce a teatro come attrice e autrice al Teatro Ateneo dell’Università la Sapienza di Roma, dove frequenta corsi e seminari sul teatro della spontaneità, la scrittura e l’improvvisazione diretti da Ferruccio di Cori.

Ha studiato recitazione con Nino Scardina, Stefano Viali ed Ennio Coltorti e si è diplomata come attrice all’Università dello spettacolo di Roma.

In teatro ha lavorato con Marco Simeoli, Pietro de Silva, Cristiana Vaccaro, Claudio Capecelatro, Guido d’Avino e Nicola Pistoia.

Al cinema con Ludovico di Martino, Antonio Losito, Sofia Scandurra, Yuri Santurri e Pietro de Silva.

Come autrice teatrale ha vinto per quattro anni di seguito il Roma Comic off con i seguenti spettacoli:

“Che classe” di Veronica Liberale regia di Marco Simeoli (premio

de’ Servi edizione 2016).

“Pane, latte e lacrime” di Veronica Liberale regia di Cristiana Vaccaro (Premio de’ Servi e il Premio Marconi nell’edizione

2017).

“Direzione Laurentina” di Veronica Liberale regia di Pietro De

Silva (premio De’ Servi edizione 2018).

“Questa strana voglia di vivere” di Veronica Liberale regia di

Fabrizio Catarci Premio Leone edizione 2019).

Scrive a quattro mani da dieci anni con Antonio Losito nel campo del teatro ragazzi per la compagnia teatrale “I Ridikulus”.

Sta attualmente lavorando alla stesura del suo primo romanzo.

Come ha vissuto e vive Veronica Liberale la paura della pandemia, del contagio ed il disagio per le inevitabili misure restrittive?

La paura c’è stata e c’è ancora: ci siamo trovati di fronte ad un problema mondiale che ha travolto le vite di tutti e che io personalmente non mi sarei mai immaginata di vivere. Io ho cercato di farmi forza pensando al passato, ai nostri nonni che hanno dovuto affrontare la guerra, la carestia, la segregazione vera (tra l’altro in alcune parti del mondo queste situazioni sono ancora il presente). Guardando all’Italia c’è stato chiesto di stare a casa il più possibile, rispettare le distanze e il protocollo, è sicuramente una situazione difficile, una vita a metà, ma dobbiamo farlo se vogliamo uscirne.   

Quanti danni hanno arrecato al Teatro la pandemia, i lockdown e la confusa gestione politica?  

Il Teatro vive di assembramenti, di respiri, abbracci ma soprattutto “vive dal vivo”. Nell’ottica di una pandemia mondiale il teatro diventa uno dei settori più colpiti.  Quando si tornerà a teatro sicuramente le entrate saranno contingentate, lo stato allora dovrà aiutare i piccoli, medi e grandi teatri privati o comprando una parte dei biglietti o stanziando fondi per mettere su spettacoli. I produttori (se ci saranno ancora) e i grandi teatri dovranno scommettere non solo sulle compagnie importanti e su quelli che giudicano “nomi”, anche perché tutti dovremo ridimensionarci. Più meritocrazia e qualità sarebbe un bel motto all’insegna del quale ricominciare. Il teatro aveva già tanti problemi prima, speriamo che da questa crisi rinasca migliore, più forte e giusto.

Il Teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco. Victor Hugo. Cosa rappresenta per Lei il Teatro?

Da quando ho capito che la mia più grande passione è scrivere, il teatro è diventato per me il luogo dove poter sognare, raccontare e creare personaggi di carta e inchiostro, che in palcoscenico diventano di carne e sangue e respirano e vivono davanti a una platea anch’essa viva. Ecco perché il teatro è un luogo speciale perché è vita.  Non mi ricordo chi ha detto che il teatro si può fare dappertutto, perfino in un teatro. Secondo me il senso di questa frase è che il teatro è fatto di persone, di esseri umani, è fatto di “noi”: siamo noi che facciamo il teatro. Ed è questo che lo rende speciale ed immortale. Finché ci sarà un “noi” che ha voglia di raccontare e raccontarsi e un “noi” che ha voglia di ascoltare e ascoltarsi ci sarà teatro.