Vaccini anti-Covid, Il dottore Alfaro risponde alle curiosità dei lettori

Vaccini anti-Covid, Il dottore Alfaro risponde alle curiosità dei lettori

14 Febbraio 2021 0 Di Miriam Perfetto

Dopo il successo dell’intervista sui vaccini anti-Covid al dottore Carlo Alfaro pubblicata sul numero di febbraio del mensile Sireon, pubblichiamo, in risposta alle numerose nuove domande dei nostri lettori, un aggiornamento di intervista con ulteriori informazioni forniteci dal pediatra.

Quanto tempo può passare tra le due dosi di un vaccino?

I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie negli USA hanno chiarito che la distanza massima tra la somministrazione delle due dosi dei vaccini in uso – Pfizer e Moderna – possa essere estesa dalle rispettivamente 3 e 4 settimane previste fino a 6 settimane, e che solo in situazioni eccezionali si può somministrare un diverso vaccino anti Covid per la seconda dose, se il primo vaccino risulta non essere più disponibile, ma deve essere sempre un vaccino della stessa tipologia, basata sulla tecnologia mRNA.  L’estensione dell’intervallo fra prima dose e richiamo dei vaccino anti Covid, decisa temporaneamente dal Regno Unito per ovviare alla disponibilità limitata di forniture da parte delle case farmaceutiche, secondo dati preliminari pare rivelarsi persino più efficace rispetto al dosaggio suggerito nei trial, in quanto la protezione immunitaria (dopo la prima dose) sembra continuare a crescere, invece di calare, anche nelle settimane successive. Tuttavia, il rischio di una immunità meno che ottimale è quello di selezionare nuove mutazioni. 

Bisogna vaccinare anche chi ha già avuto il Covid?

Sebbene ci sia accordo che chi è guarito dal Covid non abbia priorità a vaccinarsi, in realtà non sappiamo quanti guariti abbiano sviluppato adeguate risposte immunitarie. Dunque ancora non è chiaro quanto tempo dopo sia giusto fare il vaccino a chi è guarito dal Covid. Un altro aspetto riguarda chi si contagiasse dopo la prima dose di vaccino: in questo caso, l’Aifa sostiene che l’infezione stessa rappresenta un potente stimolo per il sistema immunitario che si somma a quello fornito dalla prima dose di vaccino, che conferisce già una protezione parziale, dopo circa 2-3 settimane. Alla luce di questo, non è indicato somministrare a queste persone la seconda dose vaccinale. La vaccinazione parziale e la successiva infezione non precludono poi un eventuale richiamo della vaccinazione anti Covid-19 nel futuro, se i dati sulla durata della protezione immunitaria indicheranno questa necessità.

I vaccini finora sono stati efficaci?

La buona notizia, che viene dal Bambin Gesù, è che a 21 giorni dalla somministrazione della prima dose del vaccino anti-Sars-CoV-2, il 99% dei vaccinati ha sviluppato anticorpi, mentre 7 giorni dopo la seconda dose gli anticorpi sono stati sviluppati dal 100% dei vaccinati con un titolo anticorpale di circa 1.000 volte superiore alla soglia di negatività, indice di elevato tasso di potenziale protezione. Risultati che sembrano supportare pienamente i dati epidemiologici: a partire dal 14° giorno dalla prima dose, cioè successivamente alla comparsa degli anticorpi protettivi e della memoria immunitaria, finora non è stato infatti registrato alcun caso di infezione tra gli operatori sanitari vaccinati.

Che cosa si sa sull’efficacia dei vaccini sulle varianti?

I dati finora disponibili suggeriscono che entrambi i vaccini mRNA, Pfizer e Moderna, forniscono elevati livelli di protezione sulle varianti del Covid-19. La Moderna sta sviluppando anche un vaccino di richiamo ad hoc contro la variante sudafricana per aumentare ulteriormente i titoli neutralizzanti.

È vero che c’è il dubbio che i primi vaccini Pfizer somministrati non erano validi?

Si è riscontrata inizialmente una differenza nei primissimi lotti del vaccino Pfizer/BioNTech allestiti per la commercializzazione rispetto a quelli utilizzati negli studi clinici: la quantità di RNA messaggero integro nel vaccino era inferiore rispetto a quella contenuta nei lotti utilizzati nella sperimentazione clinica. Il problema è stato rapidamente risolto con i lotti successivi. Comunque ulteriori test hanno dimostrato che anche una quantità inferiore di mRNA riesce a garantire l’efficacia, non inficiando la risposta immunitaria al vaccino.

I vaccini somministrati finora hanno mostrato di essere sicuri?

Il primo report di farmacovigilanza dell’Ema sulla sicurezza del vaccino Comirnaty della Pfizer-BioNTech dopo l’avvio delle vaccinazioni in Europa, aggiornato al 29 gennaio, conclude che il vaccino è sicuro. I decessi di 23 anziani in Norvegia dopo il vaccino risultano non avere un’associazione causale. Per quanto le reazioni allergiche severe, il rapporto non ha ancora effettuato una stima della frequenza in Europa. Negli USA si stima una incidenza di circa 11 casi per milione dosi di Comirnaty somministrate. In Italia, il primo rapporto Aifa di farmacovigilanza sugli eventi avversi riporta circa 7mila segnalazioni su oltre 1,5 milioni di somministrazioni. Nel 92,4% dei casi si è trattato di eventi non gravi quali dolore in sede di iniezione, febbre (con maggior frequenza dopo la seconda dose rispetto alla prima), astenia, dolori muscolari e articolari diffusi. Con Comirnaty (Pfizer) sono state osservate anche cefalea, parestesie, vertigini, sonnolenza e disturbi del gusto mentre con il vaccino Moderna nausea e dolori addominali. Gli eventi segnalati insorgono prevalentemente lo stesso giorno della vaccinazione o il giorno successivo. Nessun decesso avvenuto è risultato correlato alla vaccinazione.

Come si segnalano gli effetti collaterali al vaccino?

L’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, ha comunicato che le eventuali reazioni avverse al vaccino anti-Covid possono essere segnalate al medico di famiglia, al centro vaccinale, al farmacista o alla Asl di appartenenza, oltre che direttamente sul sito Vigifarmaco dell’Aifa.

Cosa si sa del vaccino AstraZeneca?

L’EMA (Agenzia europea del medicinali) ha concesso l’autorizzazione condizionata per l’immissione in commercio del vaccino AstraZeneca-Università di Oxford, per tutte le fasce di età over 18 anni, ma precisando che l’azienda ha presentato dati limitati per quanto riguarda la popolazione oltre i 55 anni. In base ai risultati degli studi di fase 3 su un totale di 24.000 persone, il vaccino ha dimostrato un’efficacia di circa il 60%. Risulta però più maneggevole di quelli a RNAm: il vaccino Pfizer Biontech deve essere conservato a -70-80 gradi, il Moderna a -20 gradi, questo semplicemente in frigorifero. E anche molto più economico. Il vaccino viene somministrato in due dosi, la seconda tra 4 e 12 settimane dopo la prima. Gli effetti indesiderati sono stati generalmente lievi o moderati e durano pochi giorni. In Italia, l’Aifa lo ha approvato con la raccomandazione però di riservarlo alla popolazione 18-55 anni, preferendo per i più anziani e le persone fragili i vaccini a RNA. A febbraio in Italia si svolgerà contemporaneamente la vaccinazione degli over 80 e i pazienti con comorbilità con i vaccini Pfizer e Moderna e quella con Astrazeneca di under 55 di determinate categorie: militari e forze dell’Ordine, personale scolastico, lavoratori di servizi essenziali e luoghi di comunità, detenuti e operatori nelle carceri, persone con comorbidità moderata.

Come valuta Il vaccino di Johnson & Johnson?

Nello studio di fase 3 ENSEMBLE condotto su quasi 44.000 persone, il livello di protezione contro l’infezione dopo 28 giorni dalla somministrazione della monodose è stato complessivamente del 66%, che sale però all’85% nei confronti delle forme gravi della malattia. Il vaccino ha dimostrato una protezione completa rispetto a morte e ospedalizzazione. L’efficacia è emersa anche nei confronti di ceppi di nuove varianti. Il vantaggio di questo vaccino è che viene somministrato in un’unica dose ed è maneggevole da consegnare e conservare, oltre a una buona tollerabilità e nessuna anafilassi.  Ma è in corso uno studio su un possibile richiamo, che potrebbe portare l’efficacia dall’attuale 66% a circa l’80%.

I bambini saranno vaccinati?

Per il momento no. In Israele però, in preda a un’epidemia furiosa, vaccinando a un ritmo da record mondiale, intendono somministrare entro metà marzo la prima o entrambe le dosi di vaccino anti Covid-19 a 5 milioni dei suoi 9 milioni di cittadini, compresi i bambini dai 12 anni.

Dato che il Covid-19 è una pandemia, è possibile immaginare una vaccinazione per tutti?

Sebbene sia difficilissimo immaginare una vaccinazione planetaria, questo dovrebbe essere l’obiettivo. Il direttore generale dell’Oms ha ricordato che l’equità dei vaccini non è solo un imperativo morale, è un imperativo strategico ed economico. Contro il problema delle diseguaglianze nell’acceso ai vaccini, sarà importante per i Paesi a basso reddito disporre di vaccini monodose che non richiedono la catena del freddo, prodotti su larga scala. La pandemia avrà fine solo quando tutti nel mondo avranno accesso ai vaccini. Purtroppo al momento le aziende non hanno la capacità produttiva necessaria per una vaccinazione mondiale.

C’è il pericolo che non ci saranno vaccini per tutti in Italia?

Dall’8 febbraio anche Moderna taglierà del 20% il numero di dosi di vaccino inviate; considerando anche i ritardi e tagli di consegne di Pfizer e AstraZeneca l’ammanco totale è di 300 mila dosi. La carenza di dosi sarebbe ancora maggiore se non fosse per il fatto che anche dal vaccino Moderna come dal Pfizer è possibile estrarre una dose aggiuntiva da ogni fiala (11 dosi da ogni fiala per Moderna e 6 o addirittura 7 per Pfizer). Comunque questi ritardi hanno costretto alcune Regioni a conservare i lotti disponibili per somministrare la seconda dose a chi già vaccinato, per il pericolo di vanificare l’effetto della prima dose, per cui i nuovi cicli di immunizzazione hanno subito una battuta di arresto e si ritiene slitteranno di circa 1 mese o più. La francese Sanofi, che ha ritardato il lancio del vaccino col suo partner britannico GlaxoSmithKline alla fine del 2021, ha annunciato che produrrà più di 100 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, da luglio, presso lo stabilimento di Francoforte in Germania. E anche Novartis ha firmato un accordo per supportare la produzione dello stesso vaccino. E’ questa delle cooperazioni tra aziende produttrici l’unica via che possa dare sostanziali incrementi di produzione.

Cosa si sa del vaccino a RNA messaggero italiano, ReiThera?

Finanziato dallo Stato italiano, da giugno potrebbe essere pronto per passare alle procedure di approvazione da parte dell’Ema. Dopo i buoni risultati della fase 1, è in corso la fase 2 delle sperimentazioni. Sarà possibile somministrarlo non prima di settembre. Il vaccino italiano ha diversi vantaggi: non ha bisogno di richiamo, si conserva a temperatura di frigo (2-8 gradi) e, se necessario, potrà essere adeguato alle varianti in 2-3 mesi.

Ci sono nuovi vaccini in pole position?

Sì. Sono 237 i vaccini in sperimentazione nel mondo di cui 67 già nella fase sull’uomo. L’EMA ha avviato la rolling review per il vaccino Novavax, basato su minuscole particelle ottenute da una versione prodotta in laboratorio della proteina spike (S) con un adiuvante per rafforzare la risposta immunitaria. Invece l’azienda Curevac si è accordata con GlaxoSmithKline (Gsk) per potenziare la produzione del proprio vaccino e lo sviluppo di un nuovi vaccini anti-varianti. L’EMA sta iniziando a esaminare anche il vaccino russo Sputnik V e quello cinese della Sinovac Biotech. Uno studio ad interim (preliminare) sui dati della sperimentazione di fase 3 del vaccino Sputnik V su quasi 20.000 partecipanti suggerisce che il protocollo di somministrazione a due dosi offre un’efficacia del 91,6% contro la malattia sintomatica. Questo mese di febbraio dovrebbe partire inoltre la sperimentazione del vaccino anti Covid-19 che combina il prodotto russo Sputnik V con quello sviluppato da AstraZeneca. Entrambi i vaccini si basano sull’adenovirus come vettore. Si conta di arruolare circa 100 partecipanti che riceveranno prima il vaccino di AstraZeneca e lo Sputnik V 29 giorni dopo. Moderna sta studiando la possibilità di somministrare una terza dose per aumentare ulteriormente la risposta immunitaria contro le nuove varianti del virus Sars CoV2.