Suicidalità in adolescenza

Suicidalità in adolescenza

28 Luglio 2020 0 Di Teresina Moschese*

È necessario promuovere la conoscenza e la riflessione sul fenomeno, avere un occhio attento ai disagi psicologici espressi dai nostri figli, allievi, amici, ponendosi in ascolto.    

 

Teresina Moschese

Il suicidio in adolescenza è un problema cruciale per la Sanità Pubblica in tutti i paesi occidentali, ed è la seconda causa di morte nel mondo tra persone di età inferiore ai 29 anni. I tentativi di suicidio sono fenomeni anche più diffusi, con tassi di prevalenza dell’8-10% su scala mondiale. In Italia, secondo i dati riportati dall’Istat, sono circa 4.000 i suicidi ogni anno registrati tra gli adolescenti. La percentuale più alta di tentativi di suicidio è tra persone di età compresa tra i 15 e i 20 anni e il rapporto tra tentativi di suicidio e suicidi portati a termine si stima tra 50:1 e 100:1.

Secondo il DSM-5, la manifestazione essenziale del disturbo da comportamento suicidario è il tentativo di suicidio, definito come comportamento intrapreso con l’aspettativa di morire. Il comportamento suicidario si osserva in una varietà di disturbi mentali: più comunemente: disturbi bipolari, disturbo depressivo maggiore, schizofrenia, disturbi d’ansia, disturbo post -traumatico da stress, disturbi da uso di sostanze, disturbo antisociale, disturbo borderline, disturbo dell’alimentazione e disturbo dell’adattamento. La diagnosi di disturbo da comportamento suicidario “corrente” può essere fatta se il tentativo di suicidio si è verificato negli ultimi 12 mesi.

Gli studi condotti da molteplici prospettive (psicologica, psichiatrica, sociologica) rilevano che i fattori di rischio includono:

  • lo stato mentale dell’individuo al momento dell’atto e il grado di pianificazione, che comporta la scelta del luogo e dei tempi adatti a ridurre la possibilità di soccorso o interruzione;
  • la presenza di un primo tentativo suicidario;
  • una profonda sofferenza psichica individuale e relazionale, associata alla sensazione di essere in una situazione senza via d’uscita;
  • verbalizzazioni ripetute di morte;
  • riacutizzazione di un quadro psicopatologico presente

Nei racconti di adolescenti che hanno tentato il suicidio, raccolti da Lachal, Orri, Sibeoni et al., nel 2015, emergono caratteristiche comuni che aiutano a definire le tematiche prevalenti e orientare la prevenzione.

Dal punto di vista individuale, emergono tre aspetti significativi: tristezza, emozioni negative relative a se stessi, bisogno di avere un certo controllo sulla propria vita. Essi descrivono, infatti, tristezza, rimpianto, dolore mentale, disperazione, distacco, rabbia e irritabilità. Mostrano un senso di sé svalutato, caratterizzato dall’esperienza di fallimento: ridotta autostima, associata a sentimenti di inutilità, incompetenza e indegnità. In alcuni casi parlano di odio verso sé stessi. Molti hanno l’impressione di avere perso il controllo della propria esistenza e di non essere più in grado di affrontare i problemi e di prendere decisioni che li riguardano. L’esperienza interna è connotata da un sentimento di perdita di significato della vita e dalla sensazione di essere intrappolati in un presente di sofferenze senza alcuna speranza per un futuro migliore.

In questo quadro di disperazione, il gesto suicidario sembra una via d’uscita da una condizione di vita opprimente e ingestibile, vissuta come un ostacolo insormontabile ed è pertanto associato ad emozioni positive perché offre loro quella sensazione di padronanza di sé e delle proprie vite che sentono di aver perduto. I gesti autolesivi, spesso associati ai tentativi di suicidio, possono esprimere lo stesso sforzo di riconquistare il controllo.

Dal punto di vista relazionale, una problematica comune è rappresentata da comunicazioni familiari disfunzionali.  Le dinamiche familiari, infatti, spesso sono da loro percepite come rigide e opprimenti, senza fiducia e accettazione reciproca. La situazione familiare è vissuta come insostenibile e sono le difficoltà relazionali, le separazioni o i sentimenti di insicurezza a causare l’ideazione suicidaria. Le altre relazioni con amici e fidanzati, spesso caratterizzate da aspetti di dipendenza, non riescono a compensare le difficoltà familiari, accentuando, di conseguenza i sentimenti di solitudine e la sensazione di non essere capiti. L’esperienza di non essere ascoltati e presi sul serio, infatti, è una delle determinanti nel processo suicidario.

Un’altra sensazione pervasiva è quella di sentirsi diversi e rifiutati. Gli adolescenti che tentano il suicidio si ritrovano ad essere emarginati, isolati e respinti, sulla base di elementi di realtà (scuola, sessualità, religione, origini) e la paura di essere giudicati dagli altri amplifica i sentimenti di dolorosa solitudine.

Infine, dal punto di vista socioculturale, l’esperienza del tentato suicidio negli adolescenti è influenzata dai modi in cui il gruppo di coetanei e la società reagiscono al loro disagio. Essi raccontano quanto sia difficile far parte di un gruppo di coetanei, sia un gruppo culturale, o sociale. Inoltre l’incapacità di soddisfare gli standard e i valori trasmessi dalla famiglia, dalla religione e dalla cultura di appartenenza (ad esempio lavorare sodo, riuscire bene a scuola, la bellezza, l’integrità, e altri ideali) induce un senso di vergogna e stigma sociale, senso di colpa o rabbia verso gli altri. Essi tentano continuamente di condividere con glia altri i propri stati affettivi di sofferenza, impotenza, solitudine, cercando un contatto emotivo.

In quest’ottica, il gesto suicidario va letto come un messaggio comunicativo, un atto interpersonale rivolto non solo verso sé stessi, ma anche verso il contesto delle persone significative, un modo per esprimere a questi il proprio disagio o di vendicarsi di uno o più familiari o amici, associati all’intenzione di far sentire gli altri colpevoli e finalmente consapevoli della sofferenza dell’adolescente (Orri, Paduanello, Lachal et al., 2014), o ancora di ricomporre la famiglia con la propria morte. L’ultima opportunità quando qualsiasi altro tentativo di comunicazione è fallito. Il comportamento suicidario rappresenta quindi un modo per stabilire attraverso l’atto stesso, un legame tra il proprio disagio personale e le altre persone. Quando questo legame fallisce, nel caso del mancato suicidio, permane il vissuto di inettitudine e ciò rinforzando la rappresentazione negativa che l’adolescente ha di sé, aumenta il rischio di recidiva, in una spirale pericolosa.

Come prevenire?

Innanzi tutto è necessario promuovere la conoscenza e la riflessione sul fenomeno, avere un occhio attento ai disagi psicologici espressi dai nostri figli, allievi, amici, ponendosi in ascolto attivo e in atteggiamento di sostegno vigile ma rispettoso, richiedere un aiuto psicologico competente tempestivo anche al loro posto, se necessario e quando osserviamo senso di isolamento, difficoltà relazionali tra pari caratterizzate da emarginazione e stigma sociale, associate a difficoltà comunicative nel sistema familiare

Un’iniziativa importante, a mio avviso, per la prevenzione del disagio giovanile è offerta dall’Ospedale Bambino Gesù e l’associazione Fiorenzo Fratini onlus, attraverso l’AppToYoung, un’applicazione per tablet e smartphone che permette ai ragazzi che ne hanno bisogno di chiedere il supporto di uno specialista. È uno strumento utile anche per genitori e insegnanti perché, grazie ad una particolare funzione, consente di chiedere consiglio anche per un amico, per un figlio o per uno studente che magari non ha la forza o la possibilità di cercare aiuto.

*Psicologa- Psicodiagnosta- Psicoterapeuta sistemico-relazionale