Questioni di… “cuore” nell’intervista con Arturo Cesaro

Questioni di… “cuore” nell’intervista con Arturo Cesaro

9 Marzo 2022 0 Di Antonio Magliulo

Arturo Cesaro si è laureato in Medicina con il massimo dei voti e la lode alla “Federico II” e specializzato (anche qui con il massimo dei voti) in Cardiologia all’Università “Vanvitelli”. Da poco più di un anno è all’Azienda ospedaliera di Caserta nel reparto di Cardiologia retto da Paolo Calabrò, insieme al quale ed a tutta l’equipe stanno puntando a rinverdire i fasti della scuola cardiologica casertana che fu di Correale e Tritto.

Nel mondo occidentale, anche in Italia e nella Campania, le malattie cardiovascolari sono al primo posto per diffusione e, purtroppo, per numero di decessi. Al di la delle predisposizioni genetiche, incidono, evidentemente alimentazione e stili di vita. Quale approccio è possibile per provare ad affrontare la grave problematica?

Com’è stato detto, la manifestazione di un problema cardiovascolare è il risultato dell’interazione tra fattori di rischio (fumo, stile di vita non corretto, sovrappeso, ecc) e una predisposizione genetica. Nella cultura comune, la predisposizione genetica viene concepita come qualcosa per cui il paziente (e a volte il medico) si rassegna, e per tale motivo finisce per essere dimenticata e sottovalutata. Al contrario, la predisposizione genetica, la familiarità per malattie cardiovascolari, rappresentano dei fattori fondamentali nello sviluppo della malattia aterosclerotica e cardiovascolare. Proprio perché questi sono dei fattori su cui possiamo agire poco o in alcuni casi sono fattori di rischio “non modificabili”, si deve porre maggior attenzione sugli interventi che è possibile mettere in atto per ridurre il rischio cardiovascolare. A proposito di questo, la predisposizione genetica ad avere valori di colesterolo alti, ed in particolare di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) è più che sottovalutata. Il colesterolo LDL è un fattore causale di malattia ed è coinvolto in tutte le fasi dello sviluppo della placca aterosclerotica, dalla sua formazione fino alla sua rottura, con conseguente manifestazione di un evento acuto come l’infarto o l’ictus. Utilizzare un approccio che modifichi lo stile di vita appare quindi fondamentale, ma non solo, è il primo step raccomandato da tutte le linee guida internazionali. L’alimentazione e lo stile di vita incidono in modo decisivo sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, mettere in pratica consigli anche semplici risulta di difficile attuazione. Questo comporta più fatica da parte del medico che dovrà insistere e spiegare al paziente che con alcune modifiche di alimentazione ed attività fisica potrà evitare (o ritardare) l’uso dei farmaci; più fatica da parte del paziente che molto spesso è più disposto a prendere una compressa piuttosto che modificare le sue abitudini. In quest’ottica, è da sottolineare il ruolo fondamentale dei medici di medicina generale che fanno della prevenzione il cardine della loro attività, e che nell’ultimo periodo stanno raccogliendo i risultati di uno sforzo quotidiano non sempre semplice. Ridurre l’introito di alte quantità di carboidrati, di grassi saturi, di alimenti ricchi di colesterolo, di elevate quantità di sale è utile per ridurre il rischio di diabete, ridurre l’ipertensione e ridurre i valori di LDL. Se a questo si associa l’attività fisica i benefici sono ancora maggiori. L’integrazione dei medici di medicina generale con il cardiologo possono essere la carta vincente in questa battaglia. Anche se la vita frenetica del mondo di oggi, nel contesto anche della pandemia COVID-19, rende complesso modificare le proprie abitudini ed uscire dalla propria “comfort zone”, i medici ed i pazienti si devono alleare facendo ognuno la propria parte nel controllare i fattori di rischio e così ridurre il rischio di eventi cardiovascolari.

Ipercolesterolemia genetica. I suoi riflessi sulle patologie cardiache sono abbastanza noti. Su questo la sua struttura nell’ospedale di Caserta sta conducendo una ricerca. Ce nel vuole illustrare contenuti ed obiettivi?

Le alterazioni genetiche che caratterizzano elevati livelli di

LDL, sono identificate con il nome di ipercolesterolemia familiare. Questa è una malattia per cui un difetto genetico, fa in modo che il colesterolo cattivo non venga metabolizzato, rimanendo per più tempo in circolo e accumulandosi nei vasi con la conseguente formazione di placche aterosclerotiche. Esistono diverse mutazioni genetiche che possono causare questa malattia, le principali riguardano il gene del recettore LDL (LDL-R), ApoB e PCSK9. La manifestazione clinica è simile, ossia la presenza di valori di LDL molto alti nella forma eterozigote e addirittura oltre i 300 mg/dl per la forma omozigote che risulta più rara. In questi pazienti vi è l’accumulo di colesterolo fin dall’infanzia con la presenza di accumuli a livello dei tendini (in particolare del tendine di Achille), nelle coronarie con eventi cardiovascolari come l’infarto anche in età adolescenziale. La forma eterozigote, che invece è molto frequente nella popolazione generale, con incidenza di 1/500 o addirittura in alcune statistiche di 1/250-300 è sottovalutata e sotto-diagnosticata. Grazie ai progressi fatti in ambito farmacologico negli ultimi decenni, è possibile trattare in modo efficace e sicuro questi pazienti, riducendo il loro rischio di eventi. L’AORN S. Anna e S. Sebastiano di Caserta su questo aspetto risulta essere all’avanguardia, occupandosi della diagnosi e terapia di questi pazienti. In particolare, presso l’ospedale, è stato istituito l’Ambulatorio di Malattie Genetiche e Metaboliche Rare, di cui mi occupo, con la direzione del Prof. Paolo Calabrò, che si dedica da tempo della gestione di pazienti affetti da dislipidemie genetiche. Presso l’ambulatorio, i pazienti (ed i loro familiari), vengono sottoposti a screening cardiologico completo e screening genetico, ove opportuno. Negli anni, abbiamo indentificato centinaia di pazienti, iniziando trattamenti innovativi con la somministrazione di farmaci che si possono somministrare anche ogni 2 settimane con una piccola iniezione. In altri casi, abbiamo pazienti in trattamento pazienti con farmaci innovativi che hanno evitato anche procedure invasive come l’aferesi delle lipoproteine. Sull’utilizzo delle più recenti strategie terapeutiche abbiamo focalizzato anche la nostra attività di ricerca. Infatti, oltre ai riconosciuti effetti in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari di questi farmaci, abbiamo realizzato diversi studi che hanno mostrato come questi trattamenti aumentino l’aderenza del paziente e migliorino la qualità di vita. Attualmente, continuiamo la nostra attività clinica e di ricerca e molti studi sono in corso, anche per approfondire il ruolo di alcuni markers meno conosciuti, come la lipoproteina(a), per cui stiamo conducendo uno studio che coinvolge centri a livello nazionale.

In definitiva, quali sono i consigli che si sente di dare ai pazienti con valori di colesterolo elevati?

Su questo mi sento di dare pochi consigli ma chiari:

  1. Innanzitutto fare un prelievo per conoscere il proprio profilo lipidico completo (colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL e trigliceridi);
  2. Non sottovalutare il fatto che l’ipercolesterolemia possa essere legata alla familiarità, al contrario, questo può nascondere un rischio intrinsecamente più alto;
  3. Migliorare lo stile di vita, fare attività fisica e controllare anche gli altri fattori di rischio come ipertensione arteriosa, fumo, diabete, ecc;
  4. Rivolgersi al proprio medico e discutere dell’opportunità di effettuare un controllo cardiologico completo, elettrocardiogramma, ecocardiogramma ed ecocolordoppler dei tronchi sovraortici;
  5. Rivolgersi a centri di alta specializzazione, come il nostro, e a specialisti che possano disegnare un percorso diagnostico e terapeutico al passo con le innovazioni disponibili.

Cambiando argomento della discussione, parliamo di pericarditi e vaccini anticovid. C’è stato e c’è molto allarme fra la gente. Un allarme accresciuto da notizie incontrollate che appaiono sul Web. Vogliamo provare a fare un po’ di chiarezza?

Fare chiarezza su temi che riguardano la salute è fondamentale. Purtroppo, con l’utilizzo sempre maggiore dei social network come fonte di informazione, vi è un aumento della possibilità di andare incontro a notizie false o a distorsioni e rielaborazioni della realtà. La miocardite è un’infiammazione del muscolo cardiaco e la pericardite è un’infiammazione dello strato esterno che riveste il cuore. In entrambi i casi, il sistema immunitario può causare l’infiammazione in risposta a un’infezione o a qualche altro fattore scatenante. Sono stati riportati casi molto rari di miocardite e pericardite, soprattutto in adolescenti e giovani maschi, alcuni giorni dopo la vaccinazione COVID-19 con vaccini a mRNA. La maggior parte dei pazienti con miocardite o pericardite hanno avuto sintomi lievi, hanno risposto bene al trattamento farmacologico e al riposo e la condizione è migliorata rapidamente. Sia la miocardite che la pericardite potrebbero causare i seguenti sintomi: dolore al petto, respiro corto, palpitazioni. Questo significa che non dobbiamo vaccinarci? Assolutamente no! I vaccini a mRNA si sono mostrati sicuri: sono state somministrate centinaia di milioni di dosi e la manifestazione di reazioni avverse è avvenuta solo in una piccolissima parte dei pazienti. I rischi noti del COVID-19 e le possibili gravi complicanze legate alla malattia, come problemi di salute a lungo termine, ricoveri in ospedale e la morte, superano i rischi potenziali di avere qualche rara reazione avversa in seguito alla vaccinazione, come il possibile rischio di miocardite o pericardite. I dati inoltre mostrano che, andare incontro a miocardite o pericardite durante l’infezione da COVID-19 potrebbe essere più frequente rispetto alle reazioni avverse al vaccino. Se si hanno dubbi o domande sulla vaccinazione COVID-19, il consiglio è quello di parlarne col il proprio medico piuttosto che fidarsi di notizie sul web poco attendibili (e questo è un consiglio che vale per tutto, non solo per il COVID).

Come ha vissuto, e come sta vivendo, il suo reparto l’ondata pandemica?

La Cardiologia dell’AORN S. Anna e S. Sebastiano di Caserta diretta dal Prof. Paolo Calabrò ha dato un contributo eccezionale durante la pandemia. La direzione strategica dell’ospedale, in accordo con l’unità di crisi regionale, ha riorganizzato le attività riuscendo a dedicare 14 posti letto a pazienti COVID positivi con patologie di interesse cardiologico, unica realtà specialistica nella provincia di Caserta. Questo ha consentito di poter assistere pazienti con problematiche cardiologiche che, in maggior misura, risultavano poco sintomatiche per COVID. Tuttavia, bisogna ammettere che non è stato semplice e non lo è tuttora. Questi pazienti hanno bisogno di un’intensità di cura maggiore; grazie allo sforzo di tutto il personale, degli infermieri e dei colleghi medici stiamo offrendo un’assistenza specialistica di livello seppur durante un’emergenza che mette a dura prova il fisico e la mente di tutti gli operatori. La cosa che più mi ha colpito e continua a colpirmi durante i turni di lavoro in Cardiologia COVID è la solitudine dei pazienti. Questi sono isolati dai loro affetti, dai familiari, non vogliono altro che andare a casa. Stare lì ad ascoltarli e magari aiutare le persone anziane per una videochiamata con i familiari sono quelle carezze che fanno parte del processo di cura, allo stesso modo dei farmaci prescritti o gli interventi chirurgici. Io mi permetto di descrivere lo sforzo della Cardiologia nell’affrontare l’ondata pandemica, ma devo sottolineare l’impegno di tutto l’ospedale, la direzione strategica, gli altri reparti nel dare risposte concrete ed immediate a condizioni in continua evoluzione. D’altro canto, bisogna evidenziare come l’aver dedicato forze ed energie a sostegno dei pazienti COVID, ha comunque sottratto risorse nel trattamento e nella gestione dei pazienti acuti e cronici. Ad esempio, la riduzione dei posti letto di degenza ordinaria per i pazienti negativi, ha avuto ripercussioni sul turn over dei pazienti in Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC), senza tuttavia andare ad inficiare sulla qualità dell’assistenza erogata. Infatti l’UTIC accoglie pazienti con problematiche cardiologiche acute (es. infarto, aritmie, scompenso acuto, ecc) che accedono mediante il pronto soccorso e la rete dell’infarto e, nonostante alcune difficoltà, grazie all’impegno costante del personale del comparto e della dirigenza medica tutta, ad ognuno dei pazienti è stata assicurata la cura più utile e tempestiva possibile. Infatti come motto di lavoro, su spinta della Direzione Strategica, abbiamo sempre avuto: Curare si i pazienti COVID, ma attenzione a non lasciare indietro pazienti con altre patologie acute e/o croniche.