Qual è il miglior vaccino anti-Covid?

Qual è il miglior vaccino anti-Covid?

22 Febbraio 2021 0 Di Carlo Alfaro*

Tutti i vaccini anti-Covid mirano, con diversi meccanismi, ad ottenere una risposta del sistema immunitario contro la proteina Spike del Sars-CoV-2.

 

Al momento, secondo l’Oms, i candidati vaccini contro il Sars-CoV-2 sono in totale 300, di cui 78 in fase clinica. Di solito la messa a punto di un vaccino richiede almeno dai 5 ai 10 anni; per il Covid-19 invece in meno di 1 anno si è passati dalla scoperta di un patogeno prima sconosciuto all’inizio delle vaccinazioni. Questo risultato è stato possibile grazie all’enorme impegno della ricerca in tutto il mondo, ai grandi progressi della biotecnologia, alla accelerazione delle procedure sperimentali e dell’analisi dei dati da parte delle agenzie regolatorie, ma soprattutto ai grandi investimenti economici da parte dei governi e di istituzioni pubbliche e private. Una delle motivazioni per cui è stato possibile avere in breve tempo vaccini efficaci risiede però nel meccanismo con cui agisce questo virus: l’attacco della proteina Spike sulle cellule umane. Tutti i vaccini anti-Covid mirano, con diversi meccanismi, ad ottenere una risposta del sistema immunitario contro la proteina Spike del Sars-CoV-2.

I tre vaccini attualmente disponibili per la vaccinazione anti-Covid sono il Pfizer-BioNTech e il Moderna, entrambi a RNA messagero, e l’Astrazeneca-Università di Oxford, che è di tipo invece vettoriale.

Il documento “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19”, a cura del Ministero della Salute, in collaborazione con il Commissariato Straordinario per l’emergenza Covid, l’Aifa, l’Iss e l’Agenas, definisce in ordine di priorità le categorie dei soggetti a cui va garantita la vaccinazione nell’ambito della seconda fase del Piano strategico dell’Italia per la vaccinazione anti-Covid-19, dopo la fase 1 (su operatori sanitari e sociosanitari, personale e ospiti dei presidi residenziali per anziani, anziani over 80 anni). Il documento indica:

  1. Massima priorità per le persone estremamente vulnerabili, intese come affette da condizioni che per danno d’organo pre-esistente (malattie respiratorie, cardiocircolatorie, condizioni neurologiche e disabilità, diabete ed endocrinopatie severe, fibrosi cistica, patologia renale, malattie autoimmuni, malattie epatiche e cerebrovascolari, patologia oncologica, sindrome di Down, trapianto di organo solido, grave obesità) o in ragione di una compromissione della risposta immunitaria, hanno un rischio particolarmente elevato di sviluppare forme gravi o letali di Covid-19, indipendentemente dall’età, a partire dai 16 anni.
  2. Seguono le persone di età compresa tra 75 e 79 anni.
  3. Terza priorità sono le persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni.
  4. Quarta categoria, le persone con aumentato rischio clinico se infettate da Sars-CoV-2, a partire dai 16 anni di età fino ai 69 anni di età (connotate però da una minore gravità rispetto alla categoria 1).
  5. Quinta categoria, le persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni che aumentino il rischio clinico.
  6. Ultima categoria, le persone di età compresa tra i 18 e 54 anni, senza condizioni che aumentino il rischio clinico. In quest’ultima categoria, hanno priorità: il personale scolastico e universitario docente e non docente, le forze dell’ordine (Polizia di Stato, Forze armate, Guardia di finanza, Capitaneria di porto, Vigili del fuoco, Polizia municipale), la polizia penitenziaria, il personale carcerario e i detenuti, il personale dei luoghi di comunità, come gli assistenti sociali e i religiosi, e a seguire il resto della popolazione.

Il gruppo di lavoro permanente su Sars-CoV-2 del Consiglio Superiore di Sanità ha ritenuto largamente condivisibile l’impostazione adottata nel documento, giudicandola ispirata a principi di equità, protezione, promozione della salute e del benessere.

Sul tipo di vaccini da utilizzare, si è valutato che i vaccini cui, sulla scorta delle informazioni attualmente disponibili, si attribuiscono maggiori capacità protettive da malattia (Pfizer e Moderna) vengano riservati alle prime cinque categorie di soggetti, mentre AstraZeneca sia offerto alla sesta categoria. I due percorsi saranno paralleli: per gli anziani e le persone a rischio per malattia o età il vaccino RNA, per i lavoratori under 55 anni senza fattori di rischio e il resto della popolazione quello di AstraZeneca.

Questa scelta ha destato qualche polemica, come se il vaccino AstraZeneca fosse considerato in qualche modo un prodotto “di serie B”. Ma non è così e cerchiamo di capire perché.

Negli studi clinici, AstraZeneca offre dati limitati per i soggetti oltre i 55 anni; l’efficacia è stimata intorno al 60% e la protezione si sviluppa nei confronti della malattia sintomatica piuttosto che contro l’infezione: dunque preserva dalle forme gravi, evitando l’ospedalizzazione e i decessi, ma meno dal contrarre il virus (secondo i dati dell’azienda, il vaccino inibisce la trasmissibilità del virus al 67%). Il vaccino Pfizer invece ha efficacia del 95% e neutralizzerebbe anche l’infezione; quello Moderna del 94,1%. Quello che tuttavia è importante del vaccino Astrazeneca è l’efficacia del 100% nell’evitare l’ospedalizzazione, come risulta da un preprint consegnato a The Lancet di uno studio su 10.290 persone in Inghilterra e 10.300 in Brasile con età dai 18 anni in su e quindi comprensiva degli anziani, anche con patologie gravi come diabete, obesità, insufficienza respiratoria e problemi cardiovascolari. L’agenzia regolatoria europea (EMA) ne ha approvato l’utilizzo senza limitazioni di età e patologie mentre quella italiana (Aifa) lo ha approvato solo per la popolazione 18-55 anni e lo raccomanda a persone senza comorbidità. Risulta comunque più maneggevole dei vaccini a RNAm, potendo essere conservato e trasportato a 2/8 gradi come il vaccino antinfluenzale e quindi nei normali frigoriferi mentre il Pfizer richiede -70-80 gradi, il Moderna -20 gradi, oltre che molto più economico e meno gravato da effetti collaterali. Già 4 settimane dopo la prima dose si raggiunge un livello di protezione efficace che si mantiene fino alla 12esima settimana, quando si richiama la seconda dose. Gli studi dicono che aumentando le settimane tra la prima e la seconda dose, può aumentare anche l’efficacia che arriva all’82%. Diversi Paesi europei, fra cui la Germania, hanno innalzato il limite di età cui si può somministrare il vaccino Astrazeneca fino ai 65 anni: questo per evitare il paradosso che in alcune categorie come gli insegnanti e le forze dell’ordine le persone tra i 55 e i 65 anni verrebbero vaccinate nei mesi estivi mentre i colleghi più giovani, sotto i 55 anni, e quindi a minor rischio, vengono vaccinati ora.

Medici e odontoiatri libero professionisti e altre professioni sanitarie, esclusi dal Piano strategico, che tra le categorie prioritarie include i soli dipendenti del pubblico e del privato convenzionato, sono stati ora indirizzati al vaccino AstraZeneca, ma le categorie sono scettiche della scelta non considerandolo adatto al livello di rischio in cui operano i professionisti sanitari fuori dal Ssn, se non altro per la lunghezza dei tempi di immunizzazione, quattro mesi e per i limiti di età che lasciano fuori una fetta di professionisti abbastanza elevata.

Poi c’è il nodo delle varianti. Sebbene appaia totalmente attivo sulla variante inglese, Astrazeneca sarebbe purtroppo efficace, secondo un piccolo studio preliminare in vitro in attesa di validazione, condotto in Sudafrica, solo al 10% contro forme lievi e moderate della variante sudafricana di Covid-19, considerata più contagiosa e largamente responsabile della seconda ondata dell’epidemia in Sud Africa. Per questo motivo il Paese ha deciso di sospenderne la somministrazione (utilizzerà solo quello della Johnson & Johnson) e vuole rivendere o scambiare le dosi acquistate. Nel Regno Unito, per combattere la variante inglese, è stato disposto uno studio randomizzato che prevede di somministrare una prima dose di AstraZeneca e una seconda di Pfizer: infatti i vaccini vettoriali sono maggiormente efficaci nello stimolare la risposta cellulo-mediata, quelli a RNAm la produzione di anticorpi. AstraZeneca sta già studiando come modificare il suo vaccino per adattarlo alle varianti. In Europa, il gruppo consultivo di esperti sull’immunizzazione (Sage) dell’Oms ha emesso nuove raccomandazioni provvisorie sul vaccino, che in parte contraddicono la decisione sudafricana: lo raccomandano anche per gli over 65 e contro le varianti di Sars-CoV-2.

Il vaccino AstraZeneca sarà testato in uno studio anche nei bambini e adolescenti dai 6 ai 17 anni.

* Dirigente medico Asl Napoli 3 Sud