Pandemia, forte impatto sulla mortalità per infarto

Pandemia, forte impatto sulla mortalità per infarto

15 Maggio 2020 0 Di ma. ma.

Il ritardo di un intervento di sostituzione della valvola aortica, che può interessare sino a 10 mila persone in Campania, può portare a una mortalità in lista d’attesa del 14 per cento.

 

L’epidemia di Sars-Cov2 in Italia ha lasciato dietro di sé importanti ripercussioni sulla salute cardiovascolare e sulla sopravvivenza della popolazione, non solo per effetto diretto del virus, ma anche perché la paura di contrarre la malattia ha tenuto molte persone lontano dagli ospedali, anche in caso di emergenza. “Si tratta di una situazione che ha riguardato tutto il Paese, purtroppo indipendente dal grado di diffusione del coronavirus e che si è manifestata sia nelle Regioni che più hanno sofferto il Covid-19, sia in quelle come la nostra, che fortunatamente hanno subito un impatto dell’epidemia significativamente inferiore – spiega Paolo Golino, professore ordinario di Cardiologia all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”*. Mi riferisco, in particolare all’aumento della mortalità per infarto, che secondo i dati della Società italiana di cardiologia è triplicata in questo periodo, proprio a causa della paura del contagio che ha portato a una riduzione dei ricoveri – registrata in modo omogeneo in tutto il Paese: Nord e Sud 52,1 per cento e 59,3 per cento al Centro – e al ritardo nelle cure, tanto in caso di emergenza, come un infarto che deve essere affrontato entro tempi che si misurano in minuti, quanto per ciò che riguarda gli interventi programmati come quelli per risolvere le malattie valvolari cardiache con la sostituzione di una valvola”.

Proprio per discutere tutto ciò e proporre soluzioni si svolgerà oggi la videoconferenza “Impatto del Covid-19 sulle procedure elettive di Tavi in Italia: possibili danni collaterali della pandemia?“, organizzata dalla Sic – Società italiana di cardiologia, che vedrà coinvolti i cardiologi della Campania, insieme a esperti nazionali per analizzare come far fronte a questo problema, in particolare a quello degli interventi programmati per la stenosi aortica, una delle malattie valvolari cardiache più diffuse e più pericolose se non adeguatamente curate, tra l’altro condizione fortemente aggravante l’infezione da Sars-Cov2 .

“Secondo i nostri dati – dice Ciro Indolfi, Presidente Sic e ordinario di Cardiologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro – su un’indagine che ha coinvolto oltre 50 centri ospedalieri italiani su tutto il territorio nazionale, nella Unità di terapia intensiva cardiologica c’è stata una riduzione di accessi del 50 per cento per gli infarti, del 40 per cento per lo scompenso cardiaco, del 30 per cento per le fibrillazioni atriali. In particolare, in Campania, gli accessi si sono ridotti del 62 per cento per cento per gli infarti in genere e del 53,8 per cento per gli infarti del miocardio con sopraslivellamento del segmento ST (STEMI), e del 41 per cento per lo scompenso». Sempre secondo i dati della SIC, i pazienti non si presentavano in ospedale neanche per verificare i malfunzionamenti di pacemaker e defibrillatori (-35 per cento) o per i cosiddetti interventi elettivi, come ad esempio la sostituzione della valvola aortica in caso di stenosi della valvola.

“La questione è seria – prosegue Golino – infatti la stenosi aortica è una malattia cronica evolutiva, che può portare progressivamente e rapidamente allo sviluppo di insufficienza cardiaca: dalla comparsa dei sintomi, la prognosi è mediamente di 2-3 anni. In Italia, ne soffrono circa 200 mila persone oltre i 75 anni, quasi 20 mila delle quali in Campania, mentre sono più di 100 mila nel Paese, e circa 10 mila in Regione, quelle colpite in forma grave per le quali un intervento di sostituzione valvolare potrebbe essere risolutivo. In questa situazione, soprattutto per chi è stato già identificato come candidato a un intervento, il ritardo potrebbe dimostrarsi fatale. Un’analisi degli studi clinici internazionali, dimostra infatti che la mortalità in lista d’attesa per un intervento di sostituzione della valvola aortica può arrivare al 14 per cento, cioè una probabilità su sei”.

Per evitare che ciò accada e soprattutto per curare questi malati, durante la pandemia e in tutta sicurezza, sono state suggerite diverse strategie che verranno discusse nel corso della videoconferenza. “La strategia cardine – riassume *Golino* – è il dialogo con il paziente. Ad esempio, nella nostra unità abbiamo spiegato a tutti coloro che dovevano essere ricoverati, nel corso di un colloquio personale, i pro e i contro e, nel 90 per cento dei casi il ricovero è avvenuto. Poi ci sono gli aspetti organizzativi, ovviamente i reparti e i percorsi di accesso sono separati, e a chiunque dovesse essere ricoverato per un intervento elettivo eseguiamo un pre-ricovero con tampone 3 giorni prima, per verificare un’eventuale positività al Covid-19. Infine, la scelta della tipologia di intervento, ricorrendo alla sostituzione per via transcatetere, la Tavi – come peraltro raccomandato anche dall’Esc, la società europea di cardiologia. Si tratta infatti di una procedura meno invasiva del corrispondente intervento cardiochirurgico, che riduce drasticamente la durata del ricovero in ospedale durante e dopo l’intervento e quindi abbassa ogni rischio di contagio”.